L’importanza della rappresentatività dell’utenza portuale nella formazione delle tariffe dei servizi tecnico nautici
L’art. 14, comma 1 bis, della Legge 84/94 stabilisce che “i criteri e i meccanismi di formazione delle tariffe dei servizi di pilotaggio, rimorchio, ormeggio e battellaggio sono stabiliti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sulla base di un’istruttoria condotta congiuntamente dal comando generale del Corpo delle Capitanerie di Porto e dalle rappresentanze unitarie delle Autorità Portuale, dei soggetti erogatori dei servizi e dell’utenza portuale”.
La norma appena richiamata impone dunque all’amministrazione di coinvolgere nel procedimento di approvazione delle tariffe le imprese che usufruiscono dei servizi in parola, mediante – di fatto – le associazioni che le rappresentano.
La partecipazione della rappresentanza degli utenti alla procedura di formazione e revisione della tariffa, in particolare, risulta ineludibile in quanto funzionale alla valutazione di congruità del rapporto tra le voci di costo ed il prezzo delle prestazioni posto di norma a base della tariffa[1], integrando il momento attuativo del principio di trasparenza che, come detto, deve regolare la procedura in parola.
Anche da qui deriva l’importanza del coinvolgimento dell’utenza portuale in sede di formazione delle tariffe dei servizi tecnico nautici. Importanza che la giurisprudenza ha provveduto a sottolineare, sancendo l’illegittimità (per violazione di legge) di una tariffa approvata senza il coinvolgimento dell’utenza portuale[2].
Posto che, in concreto, tale coinvolgimento avviene di norma attraverso la partecipazione alla procedura di formazione/revisione della tariffa da parte delle associazioni di categoria, pare legittimo ritenere che tali associazioni – affinché la legge venga debitamente rispettata – debbano essere effettivamente rappresentative dell’utenza portuale. Quanto sopra con l’ulteriore precisazione che tale effettiva rappresentatività andrà meglio valutata in concreto con riferimento allo specifico servizio ed allo specifico porto presi in esame. È chiaro, infatti, come ogni servizio ed ogni porto abbiano la propria utenza e – per rimanere nel solco tracciato dalla legge – sia quindi necessario valutare caso per caso l’effettiva rappresentatività delle associazioni coinvolte nei procedimenti di formazione/revisione delle tariffe.
In tal senso si è espresso anche il Consiglio di Stato[3], il quale ha confermato una sentenza pronunciata dal Tribunale Amministrativo Regionale della Campania[4] in merito all’individuazione dell’associazione armatoriale più rappresentativa nel porto di Napoli tra Confitarma e Fedarlinea. Il Consiglio di Stato, in particolare, ha affermato che “la misura della rappresentatività delle organizzazioni nazionali di categoria, chiamate alla designazione, deve essere comunque verificata in sede locale (cfr. al riguardo Cons. Stato, Sez. VI, 3 febbraio 2000, n. 646)”.
Il T.A.R. Napoli, del resto, aveva già chiarito che “assume rilievo assolutamente trascurabile la circostanza, asserita in gravame, della maggiore rappresentatività a livello nazionale della Confitarma rispetto alla Fedarlinea, quando quest’ultima sia in grado di essere più rappresentativa nell’ambito portuale napoletano”.
Nel caso di specie, i Giudici, sia di primo che di secondo grado, hanno ritenuto corretto l’operato dell’amministrazione, la quale aveva determinato l’associazione più rappresentativa nel porto di Napoli “analizzando non solo il mero conteggio degli associati all’una e all’altra organizzazione, ma operando un’analisi disaggregata del dato numerico che tenga conto dei volumi di traffico e delle rispettive incidenze”.
Da tutto quanto sopra risulta quindi chiaro come per dimostrare la rappresentatività di una determinata associazione non basti semplicemente fare riferimento al dato numerico degli iscritti oppure alla copertura nazionale di una determinata associazione, ma si debba indagare la sostanziale ed effettiva presenza su un determinato territorio e/o la concreta incidenza sul settore di volta in volta considerato.
Alla luce di quanto precede, la notizia dell’uscita di diverse compagnie di navigazione dalla principale associazione italiana rappresentativa di armatori e proprietari di nave potrebbe a nostro avviso indurre a riflettere sul tema dell’effettiva rappresentatività di tale associazione (e, in generale, sul grado di effettiva rappresentatività di tutte le associazioni di categoria interessate) rispetto al novero dei fruitori dei servizi tecnico nautici.
[1] Come noto, la crescita biennale della tariffa è legata alla differenza tra il fatturato del biennio precedente e quello programmato sulla base delle entrate (necessarie a coprire i costi preventivati per lo svolgimento del servizio) potrebbe nascondere aumenti non riconducibili necessariamente ad un incremento dei traffici (e quindi delle condizioni di rischio della navigazione), bensì orientati all’obiettivo di mantenere costanti le entrate della corporazione indipendentemente dall’efficienza del servizio.
[2] T.A.R. Genova (Liguria) sez. I, 11 luglio 2002 n. 824
[3] Consiglio di Stato, sez. IV, 13 maggio 2013, n. 2597
[4] T.A.R. Napoli (Campania) sez. I, 28 maggio 2010, n. 10324