ARTE | Stato di emergenza sanitaria: le opportunità (ancora) inespresse dell’e-commerce e, in generale, delle vendite a distanza per il mercato dell’arte e segnatamente per le case d’asta
1. Il mercato dell’arte e i canali di vendita a distanza
L’emergenza COVID-19 ha inevitabilmente inciso in maniera significativa[1] anche sull’attività delle case d’asta, obbligando la “chiusura” degli uffici e la conseguente cancellazione delle vendite in sede organizzate per le sessioni primaverili. La criticità dello scenario nazionale ha reso incompatibile con le esigenze di contenimento del virus il contatto con il pubblico, rendendo necessario rimodulare – e non solo nel breve periodo[2] – le modalità di interazione con la propria clientela a favore di canali di vendita a distanza.
In generale, il mercato sembra resistere riscontrando anche buoni risultati sia sul piano internazionale – come nel caso della vendita online battuta da Sotheby’s di un bracciale Cartier “Tutti Frutti” per oltre US$ 1,3 milioni[3] – sia nazionale, con l’ultima asta di fotografia organizzata da Finarte che non solo ha sfiorato i 400.000 euro di fatturato, ma ha persino visto crescere, e non di poco, la partecipazione di acquirenti stranieri rispetto all’asta autunnale[4]. Un segnale incoraggiante per gli operatori di mercato che avevano ravvisato il forte potenziale derivante dal ricorso all’online e, più in generale, ai metodi di vendita a distanza nell’affrontare le difficoltà emerse con il lockdown[5]. Trend confermato, sempre sul piano nazionale, in occasione dell’asta di multipli sempre di Finarte[6]. Il lockdown forse ha dimostrato che il processo di digitalizzazione di parte dell’attività commerciale degli operatori del mercato dell’arte e, in generale, di commercializzazione a distanza, costituisce una strategia potenzialmente utile a colmare le attuali restrizioni[7].
Il ricorso ai canali di vendita a distanza – primo fra tutti l’e-commerce – presenta notevoli vantaggi circa (i) la possibilità di vendere o acquistare opere in qualunque momento, (ii) la riduzione dei costi di organizzazione di mostre ed esposizioni, (iii) la maggiore facilità di incontro tra domanda e offerta – elementi che permettono, sia a collezionisti che a semplici estimatori, di sopperire alla momentanea impossibilità di accesso diretto e materiale alle opere d’arte.
Nonostante il crescente interesse e gli evidenti vantaggi della contrattazione online, persistono tuttavia alcuni limiti: tra di essi, come facilmente intuibile, sicuramente l’impossibilità di verificare dal vivo gli acquisti “a distanza” assume particolare rilevanza nel mercato dell’arte più che in altri settori.
2. Squilibro contrattuale nei contratti a distanza e rimedi giuridici
Quando i potenziali acquirenti presentano la qualifica di “consumatori” e il venditore la qualifica di “professionista” (rapporto cd. business-to-consumer o “B2C”), le eventuali carenze informative trovano rimedio nelle norme contenute nel Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (“Codice del Consumo”) che, agli articoli da 49 a 59, detta disposizioni imperative rivolte ai “contratti a distanza”[8], le quali includono anche significative sanzioni amministrative.
Con la definizione di “contratti a distanza” il Codice del Consumo ricomprende modalità di conclusione del contratto il cui perfezionamento avviene interamente in mancanza della presenza fisica e simultanea delle parti contraenti. Il tramite esclusivo[9] di tecniche di comunicazione a distanza ha, infatti, l’effetto di privare il consumatore del rapporto diretto con il bene oggetto del contratto, con conseguenti gap percettivi che incidono negativamente sulla prestazione di un consenso libero e consapevole. Quanto alle tecniche di comunicazione a distanza[10], non rilevano né la struttura della relazione comunicativa né la determinabilità dei destinatari della comunicazione; vi rientrano, quindi, le comunicazioni telefoniche, tramite e-mail, telefono e web, tutti canali di vendita frequentemente utilizzati da case d‘asta.
Può dunque la disciplina dei contratti a distanza essere applicata all’acquisto delle opere d’arte (anche in asta)? La definizione di consumatore dettata dal Codice del Consumo[11] porta a ritenere inclusi solo ed unicamente gli acquirenti di opere d’arte che non ne facciano una professione o comunque un’attività imprenditoriale[12]. Dunque, gran parte degli operatori del settore dell’arte (quali gallerie e musei, in primis) non ne sono ricompresi. Sono inoltre sottratti alla definizione in esame non solo i soggetti che acquistino un’opera d’arte ai fini di (ri)vendita della stessa, bensì anche professionisti e imprenditori i quali – benché la loro attività non consista nella rivendita delle opere d’arte – acquistino l’opera per ragioni comunque collegate alla propria attività (ad esempio per impreziosire i locali dei propri uffici)[13].
Limitatamente al commercio elettronico, l’impossibilità di ricondurre alla nozione di consumatore molti operatori del mercato dell’arte, è, in parte, contemperata dalle tutele previste dal Decreto Legislativo 9 aprile 2003, n. 70 in materia di e-commerce (“Decreto 70/2003”), al quale il Codice del Consumo stesso rinvia per gli aspetti non disciplinati dallo stesso.
Lo stesso codice civile offre, in realtà, già alcuni strumenti atti a tutelare soggetti che si trovano in una posizione contrattuale di “svantaggio”, quali – come detto – i soggetti che si trovano a concludere contratti a distanza, a prescindere dalla qualifica soggettiva dei contraenti; ne è esempio la disciplina delle clausole vessatorie di cui agli articoli 1341 e 1342 del codice civile[14]. Vale tuttavia la pena approfondire alcuni dei principali aspetti da tenere specificamente in caso di compravendita a distanza di opere d’arte.
2.1. Obblighi informativi precontrattuali: caratteristiche del bene, garanzia di conformità, prezzo del bene e diritto di recesso.
L’art. 49 del Codice del Consumo prevede un elenco di aspetti oggetto di specifica comunicazione al consumatore prima della conclusione del contratto a distanza. Tali informazioni formano parte integrante del contratto e non possono essere modificate se non mediante accordo espresso dalle parti. In particolare, il professionista deve fornire, prima della conclusione del contratto, le informazioni relative: (i) all’oggetto offerto, in termini di caratteristiche essenziali del bene, modalità di pagamento e di consegna; (ii) all’esistenza della garanzia legale di conformità di cui agli artt. 128 e seguenti del Codice del Consumo; (iii) al prezzo del bene e alle eventuali spese; (iv) al diritto di recesso e alla sua eventuale esclusione.
Si può facilmente intuire che le descrizioni contenute in cataloghi, i condition report, le condizioni generali e, in generale, in qualsiasi dichiarazione rivolta al consumatore stesso o indistintamente al pubblico dei potenziali acquirenti dovranno essere il più possibile chiare, precise e dettagliate, in quanto idonee a ingenerare, in capo al consumatore, un affidamento sulle caratteristiche del bene in virtù del quale verrà valutata la responsabilità per difetto di conformità ai sensi degli articoli che precedono. L’obbligo di fornire un’informativa in merito alle caratteristiche essenziali del bene di cui al punto (i) assume particolare rilevanza nell’ambito dei beni artistici proprio alla luce della garanzia di conformità di cui agli articoli 128 e ss., in ragione del fatto che, ai sensi degli stessi, grava in capo al professionista un obbligo di consegnare beni “conformi al contratto”. A tal fine la legge prevede anche dei criteri presuntivi, all’articolo 129, tra cui:
(a) la conformità alla descrizione fatta dal venditore, da intendersi come qualsivoglia dichiarazione afferente alle qualità del bene rivolta al consumatore dal venditore o da chi agisce in suo nome e/o per suo conto (come tipicamente le case d’asta), in forma scritta o orale; e
(b) la presenza delle qualità che il consumatore possa ragionevolmente aspettarsi tenuto conto della natura e delle dichiarazioni pubbliche del venditore o di chi agisce in suo nome e/o per suo conto.
La garanzia di conformità di cui al punto (ii) deve intendersi come un’informativa che, in maniera chiara e comprensibile, chiarisca i contenuti essenziali dei diritti riconosciuti al consumatore in materia di garanzia di conformità[15]. Ciò vale anche per i beni usati, in quanto il legislatore, agli art. 128 e ss., non ha esercitato la possibilità – prevista dall’articolo 1, comma 3, della direttiva 1999/44/CE – di escludere gli stessi dall’ambito dei “beni di consumo”.
Per quanto concerne il punto (iii), il prezzo dei beni deve essere comprensivo delle imposte (prima fra tutte l’IVA) e delle spese e dei costi aggiuntivi; qualora tali spese non possano essere ragionevolmente calcolate in anticipo, si dovrà indicare che saranno addebitate al consumatore. Infine, per quanto riguarda l’obbligo informativo di cui al punto (iv), il professionista è tenuto a informare il cliente circa il diritto di recesso di cui all’articolo 52 del Codice del Consumo a meno che esso non sia previsto ai sensi di legge (come nel caso delle aste pubbliche sotto descritte).
2.2. Obblighi informativi previsti in materia di e-commerce
Come anticipato, il Decreto 70/2003 si rivolge al commercio elettronico.
Innanzitutto, occorre chiarire che non costituiscono “e-commerce” le mere “vetrine” online, intese come spazi espositivi virtuali attraverso i quali le case d’aste presentano le proprie opere. Molte case d’asta – oltre ad avvalersi di piattaforme e-commerce terze come Artsy, Artspace e Invaluable[16] – ormai da tempo hanno implementato dei propri portali e-commerce per gestire direttamente gli acquisti. Il Decreto 70/2003 impone a carico del prestatore di servizi una serie di stringenti obblighi informativi suddivisibili in due categorie: (i) le informazioni generali obbligatorie[17]; e (ii) le informazioni dirette alla conclusione del contratto[18]. Gli obblighi informativi in questione, più che concernere le qualità e le caratteristiche del bene o del servizio, afferiscono all’affidabilità del fornitore[19], questione di rilevanza cruciale nell’ambito del commercio sul web.
2.3. Diritto di recesso; l’esclusione delle aste pubbliche, ma non se tutte online
Lo strumento di tutela con maggior impatto concesso al consumatore in caso di conclusione di contratti con il professionista a distanza o fuori dai locali commerciali è sicuramente il diritto di recesso: ai sensi dell’articolo 52 del Codice del Consumo il consumatore dispone infatti di un periodo di quattordici giorni per recedere da un contratto a distanza senza dover fornire alcuna motivazione e senza dover sostenere costi (diversi da quelli previsti all’articolo 56, comma 2, e all’articolo 57)[20]. Tuttavia, l’articolo 59 del Codice del Consumo prevede una serie di esclusioni dal diritto di recesso nei contratti a distanza, tra le quali rientrano i contratti conclusi in occasione di un’asta pubblica[21]. La ratio di tale esclusione risiede nel fatto che, in generale, le modalità di partecipazione all’asta escludono “l’effetto sorpresa”, l’impreparazione e la scarsa ponderazione delle decisioni.
Quanto precede vale a condizione che l’asta sia aperta al pubblico nella sua generalità e organizzata in modo da consentire la partecipazione fisica dei potenziali acquirenti, indipendentemente dal fatto che, poi, l’aggiudicazione avvenga tramite l’utilizzo di mezzi di comunicazione a distanza. Finché, quindi, le aste sono tenute fisicamente e anche con modalità a distanza non troverebbe applicazione il diritto di recesso ai sensi del combinato degli artt. 59, comma 1, e 45, comma 1, lettera (o), del Codice del Consumo[22]. Rimangono, invece, escluse le aste tenute esclusivamente a distanza, comprese le aste online.
3. Altre normative da tenere in considerazione in caso di vendite a distanza: GDPR – Legge sul Diritto d’Autore
Il ricorso a canali di vendita a distanza e online determina, inevitabilmente, il trattamento di dati personali identificativi dei potenziali acquirenti e, conseguentemente, la qualifica in capo alle società di gestione delle case d’asta di “titolare del trattamento”, ovvero soggetto che stabilisce le finalità e le modalità di trattamento dei dati. Da tale qualifica deriva un novero di obblighi, anche in fase precontrattuale, primo fra tutti quello di fornire agli interessati, in modo facilmente accessibile, tutte le informazioni su come vengono trattati i dati personali, con un linguaggio semplice, chiaro e comprensibile.
Non solo, anche in considerazione di quanto illustrato relativamente alla responsabilità per la conformità del bene al paragrafo 2.2 che precede, al fine di consentire una più corretta e puntuale informazione dei potenziali acquirenti in merito alle caratteristiche delle opere e al loro status di conservazione è indispensabile – il più delle volte – descrivere le opere anche attraverso la loro raffigurazione fotografica. Tale aspetto impone il rispetto delle prescrizioni di cui Legge n. 633/1941 (cd “Legge sul diritto d’autore”)[23].
Quando precede vale a esempio di come il ricorso a canali di vendita a distanza soggiace a uno svariato catalogo di tutele normative da tenere nella debita considerazione da parte degli operatori.
4. Commercio Internazionale
Come dimostrano i dati afferenti alle recenti aste[24], il ricorso a modalità di commercializzazione dei beni artistici online agevola le interazioni con clienti stranieri, valorizzando appieno la tendenza internazionale insita del mercato dell’arte. Le vendite internazionali, tuttavia, implicano problematiche connesse all’operatività di normative estere che, nella maggior parte dei casi, includono specifiche tutele per i soggetti consumatori. Posto che, in via prudenziale, occorre avvalersi di consulenti legali al fine di identificare con certezza la normativa di volta in volta applicabile, le parti possono gestire tali profili di internazionalità già in sede contrattuale, di modo da mitigare incertezze nei propri rapporti giuridici.
La soluzione più efficiente, in particolare, consiste nella predeterminazione della legge applicabile al contratto. In questo senso, naturalmente, la scelta più agevole e, spesso, più tutelante per la casa d’asta consiste nell’optare per la legge applicabile nel luogo in cui è collocata la propria sede legale e/o operativa. Tuttavia, al fine contemperare le diverse istanze e facilitare lo svolgimento delle trattative, gli operatori commerciali frequentemente identificano quale normativa applicabile, una legge “neutra” (quale, ad esempio, la legge svizzera) che non comporti particolari gravosità per nessuna delle parti interessate. Nel caso, poi, di condizioni generali, nella prassi possono riscontrarsi casi di operatori che predispongono condizioni generali differenti per singoli Paesi, in base alla affinità e alle specificità delle rispettive normative. In ogni caso, occorre chiarire che, limitatamente agli stati membri dell’Unione Europea, le relative discipline consumeristiche derivano da corrispondenti direttive comunitarie e quindi, almeno da questo punto di vista, non sussistono particolari divergenze.
5. Riflessioni finali
Alla luce della situazione di emergenza sanitaria che ci accompagnerà (purtroppo) ancora per mesi e di quanto sopra sommariamente descritto, è evidente che la vendita a distanza e l’e-commerce siano certamente un’opportunità da approfondire ed indagare da parte di case d’asta (oltre che di gallerie e antiquari) anche per anticipare e cogliere a pieno quella che gli esperti chiamano revenge spending (che peraltro in Cina è già in atto)[25] e seguire l’evoluzione culturale che predilige canali di vendita più agili rispetto a quelli convenzionali.
Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto. Per ulteriori informazioni si prega di contattare il vostro professionista di riferimento ovvero di scrivere al seguente arteam@advant-nctm.com o ai seguenti professionisti: Alessandra Donati, Filippo Federici e Matilde Maffeis.
[1] Per una panoramica in merito agli interventi implementati a livello nazionale a sostegno della cultura si rimanda alla nota del dipartimento di Corporate & Commercial “ARTE | During the Exhibition the Gallery Will Be Closed: l’ArTeam di Nctm in soccorso di artisti e galleristi”.
[2] Complice anche la crisi della “sala” tradizionale, il trend – come segnala efficacemente Fabio Massimo Bertolo di Finarte nell’intervista rilasciata a Cristina Masturzo di Artribune – vedeva già una transizione verso canali di vendita a distanza e modalità smart.
[3] Si veda l’articolo Un bracciale “Tutti Frutti” di Cartier vola a 1,3 milioni in asta da Sotheby’s, pubblicato il 30 aprile 2020 su Artslife.com.. Si veda anche l’iniziativa benefica organizzata da Sotheby’s e Google.
[4] I dati sono stati riportati da Maria Adelaide Marchesoni, in “Finarte, aste online per l’incanto di fotografia”, 22 marzo 2020. Si segnala che anche la successiva asta di Grafica Internazionale e Multipli d’autore organizzata da Finarte in data 27 aprile 2020 ha ottenuto un eccellente risultato con oltre l’83% di aggiudicato per lotti e il 135% per il valore per un totale di € 159.206,96.
[5] In alcuni casi gallerie e case d’asta hanno anche immaginato nuove sinergie; questo è il caso della Gallery Network ovverosia la nuova piattaforma lanciata recentemente da Sotheby’s per la vendita diretta di opere di talune gallerie. Sull’iniziativa si rinvia anche all’articolo Gallery Network. “Sotheby’s lancia una nuova piattaforma di vendita dedicata alle gallerie” di Chiara Cola pubblicato il 30 aprile 2020 su ArtsLife. Bonhams spiega letteralmente “step by step” come acquistare nelle proprie aste solo online. In altri casi opere e beni sono proposti sul web in trattativa privata come in una vetrina.
[6] Cfr. https://www.finarte.it/2020/04/ottimo-risultato-grafica-e-multipli-prima-asta-interamente-da-remoto/ e https://artslife.com/2020/04/29/dalla-sala-daste-allasta-in-sala-il-rituale-si-fa-irrituale/.
[7] Come illustrato anche da Robin Pogrebin, Scott Reyburn and Zachary Small, nell’articolo “Auction Houses Postpone Live Sales and Pivot to Online” del 19 aprile 2020; cfr. inoltre Silvia Anna Barillà, “Vendite vivaci a Frieze online nella fascia alta“, Il Sole 24 Ore, 9 maggio 2020.
[8] Definiti dall’articolo 45, lettera g) del Codice del Consumo come “qualsiasi contratto concluso tra il professionista e il consumatore nel quadro di un regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, mediante l’uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso”.
[9] Gabriele Salvi, Commento all’articolo 49, in Ernesto Capobianco, Lorenzo Mezzasoma, Giovanni Perlingieri (a cura di), Codice del Consumo, Edizioni scientifiche italiane 2018.
[10] L’elenco era originariamente contenuto nell’allegato I al d.lgs. n. 185 del 1999.
[11] Si veda articolo 3 del Codice del Consumo, ai sensi del quale per consumatore si intende “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”.
[12] Ad esempio, relativamente ai contratti conclusi per scopi “misti” da persona fisica che svolge attività imprenditoriale, la giurisprudenza maggioritaria a livello europeo (su tutte CG. 20/01/2005, Gruber vs Gruber vs Bay Wa AG – cfr. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:62001CJ0464&from=FR) adotta il criterio della cd. di prevalenza, in forza del quale sarebbe applicabile il diritto dei consumatori quando il bene oggetto del contratto risulti destinato a soddisfare in maniera prevalente esigenze di natura personale o familiare.
[13] Giovanni De Cristoforo, La tutela degli acquirenti di opere d’arte contemporanea non autentiche, in L’opera d’arte nel mercato. Principi e regole (a cura di) Giovanni Liberati Buccianti, p. 75.
[14] Ai fini della sottoscrizione delle clausole vessatorie è possibile, inoltre, sempre in un’ottica di implementazione della digitalizzazione del mercato dell’arte, il ricorso alla c.d. “firma digitale”. Risulta invece controversa, in dottrina e in giurisprudenza, l’efficacia del ricorso al meccanismo “point and click” consistente nella conferma da parte del contraente attraverso il “click” puntando il mouse o il cursore su un pulsante virtuale, la cui “pressione” implica l’accettazione della proposta contrattuale del proponente.
[15] Con specifico riferimento alla disciplina alla garanzia legale di conformità, si osserva che, in astratto, nulla osta alla qualificazione delle opere d’arte quali “beni di consumo” ai fini dell’applicazione della normativa rilevante. Invero, la definizione di bene di consumo di cui all’articolo 128 è estremamente ampia, comprendendo “qualsiasi bene mobile, anche da assemblare”, e le relative esclusioni – che sono tassativamente elencate nel prosieguo della norma – non includono gli oggetti d’arte, menzionati in altre disposizioni del Codice del Consumo (cfr. art. 14 del Codice del Consumo). Non solo, è opinione prevalente in dottrina che la qualifica di “bene di consumo” non dipenda da una qualifica oggettiva dello stesso bensì dalla estraneità del contratto all’esercizio di un’attività professionale o imprenditoriale e, quindi, in ultima analisi, dalla circostanza che il bene sia alienato da un professionista e acquistato da un consumatore (cfr. ex multis, Arturo Maniaci, Commento all’art. 128 in Vincenzo Cuffaro (a cura di), Codice del Consumo, 2019, Giuffré, p. 592, Federico Fratini, Commento all’articolo 45 e Roberta Mongillo, Daniela Iuliano, Commento all’articolo 128, in Ernesto Capobianco, Lorenzo Mezzasoma, Giovanni Perlingieri (a cura di), Codice del Consumo, Edizioni scientifiche italiane 2018, pp. 277 e 672 e ss.). Peraltro, l’applicabilità del Codice del Consumo alle opere d’arte si desume, a contrario, dall’articolo 14, comma 5 lettera c), del Codice del Consumo ai sensi del quale non si applica agli “oggetti d’arte e di antiquariato” l’obbligo di indicazione del prezzo per unità di misura di cui all’articolo in questione. Tale unica esclusione, conferma l’applicabilità della disciplina generale del Codice del Consumo agli oggetti d’arte. In questo senso si veda Francesco Fabris, L’acquisto di opere d’arte online. Caratteri e forme di tutela per il collezionista, in BusinessJus, 2013.
[16] Cfr. Sarah Hanson, “Digitalizzare le aste: istruzioni per l’uso“, in Il Giornale dell’Arte, n. 381, dicembre 2017.
[17] Cfr. articolo 7 del Decreto 70/2003.
[18] Cfr. articolo 12 del Decreto 70/2003.
[19] Per una trattazione completa si rimanda a Ettore Battelli, Contrattazione e condizioni generali del contratto nell’e-commerce, in I Contratti, n. 2 / 2012, p. 191.
[20] Sul tema si rinvia anche all’articolo di Gloria Gatti, “Hai fatto click? Puoi pentirtene“, in Il Giornale dell’Arte, n. 408, maggio 2020.
[21] Definita dall’articolo 45, lettera (o) del Codice del Consumo come “metodo di vendita in cui beni o servizi sono offerti dal professionista ai consumatori che partecipano o cui é data la possibilità di partecipare all’asta di persona, mediante una trasparente procedura competitiva di offerte gestita da una casa d’aste e in cui l’aggiudicatario é vincolato all’acquisto dei beni o servizi”.
[22] D’altro canto, lo stesso considerando n. 24 della direttiva 2011/83/UE chiarisce che le aste online non possano considerarsi aste pubbliche se non contemplano la possibile presenza fisica del cliente consumatore in quanto: “un’asta pubblica implica che professionisti e consumatori partecipano all’asta di persona o viene loro data la possibilità di parteciparvi. I beni o servizi sono offerti dal professionista al consumatore mediante una procedura di offerte autorizzata per legge in taluni Stati membri, a offrire beni o servizi in una vendita pubblica. L’aggiudicatario è tenuto all’acquisto dei beni o servizi. L’uso, a fini d’asta, di piattaforme online messe a disposizione di consumatori e professionisti non dovrebbe essere considerato un’asta pubblica ai sensi della presente direttiva.”.
[23] Per una trattazione più approfondita del tema si rimanda alla nota del dipartimento di Corporate & Commercial “ARTE | During the Exhibition the Gallery Will Be Closed. La vendita a distanza richiede la forma scritta: le regole per il gallerista” e al lungimirante -per non dire profetico- saggio di Alberto Maria Gambino, “Le trasmissioni telematiche del bene immateriale”, in AIDA, 1997, par. 3.
[24] In occasione dell’asta online di fotografia di Finarte del 17 marzo 2020, circa il 50% dei partecipanti era di nazionalità straniera, la maggior parte dagli Stati Uniti ma anche da Turchia, Hong Kong, Francia e Germania (https://www.ilsole24ore.com/art/finarte-asta-online-l-incanto-fotografia-AD7Er8E).
[25] Cfr. Francesco Tortora, “Coronavirus, Hérmes riapre a Canton, 2.5 milioni di Euro in un giorno ed è già “revenge spending”, su Corriere della Sera, 15 aprile u.s.. Maria Angela Tessa, “In Cina è partito il “revenge spending, presi d’assalto i negozi di lusso”, in Wall Street Italia del 17 aprile u.s.; Giulia Crivelli, “In Cina è già l’ora del “revenge spending” e di (ri)programmare viaggi“, su Il Sole 24 ore del 17 marzo u.s..