Cessione di partecipazioni societarie sottoposte a condizione: gli obblighi di comportamento delle parti in pendenza di condizione potestativa mista
Con sentenza del 25 maggio 2017, il Tribunale di Milano ha deciso in ordine al mancato avveramento della condizione potestativa mista cui era subordinata la cessione delle quote della società Beta, stabilendo che l’omissione da parte della società acquirente Alfa delle proprie iniziative necessarie al fine dell’avveramento di tale condizione costituisce presupposto rilevante per la fictio di avveramento della condizione ai sensi dell’art. 1359 c.c.
Premessa. Lo svolgimento dei fatti.
La sentenza in commento affronta il caso di una controversia contrattuale relativa alla possibile attivazione del rimedio previsto dall’art. 1359 c.c. (la c.d. fictio di avveramento della condizione) con riferimento ad una condizione potestativa mista che, a detta delle parti convenute, non si sarebbe realizzata a causa del comportamento omissivo della parte attrice, determinando così la risoluzione del contratto in questione.
In particolare, la società Alfa – quale acquirente – e i soci della società Beta – quali venditori – avevano sottoscritto un contratto di cessione di quote rappresentanti l’intero capitale sociale di Beta. Tale contratto prevedeva due condizioni, entrambe stipulate espressamente a favore di Alfa: (i) l’ottenimento da parte di una società terza, Gamma, della c.d. “autorizzazione unica” per la realizzazione di una centrale a biomassa vegetale e (ii) la sottoscrizione di un contratto di appalto tra Alfa e Gamma per la realizzazione di tale centrale.
Il mancato avveramento di anche solo una di tali condizioni avrebbe comportato, in primo luogo, l’obbligo di retrocessione delle quote dall’acquirente ai venditori e, di conseguenza, l’obbligo dei venditori di restituire all’acquirente la tranche di prezzo già incassata.
Già prima del termine ultimo previsto per l’avveramento delle due condizioni, Alfa aveva richiesto ai soci di Beta di procedere alla restituzione della tranche di prezzo pagata (e, contestualmente, alla retrocessione delle quote di Beta da Alfa ai venditori) in considerazione del fatto che, ancorché la prima condizione si fosse avverata, sarebbe stata invece sostanzialmente certa l’impossibilità di realizzazione della seconda, in seguito effettivamente non avveratasi.
Alfa ha dunque citato in giudizio i soci di Beta dinanzi al Tribunale di Milano, chiedendo l’accertamento del mancato avveramento della condizione e, conseguentemente, la risoluzione del contratto e la condanna dei venditori alla restituzione della prima tranche di prezzo.
Dal canto loro, i soci di Beta hanno eccepito l’imputabilità del mancato avveramento della condizione alla stessa Alfa S.r.l., la cui condotta omissiva avrebbe di fatto portato alla risoluzione del contratto.
La condizione contrattuale controversa e la condotta di Alfa
La condizione oggetto della disputa tra Alfa e i soci di Beta (cioè, la sottoscrizione del contratto di appalto tra Alfa e Gamma per la realizzazione di una determinata centrale a biomassa vegetale) è stata qualificata dal Tribunale di Milano come condizione potestativa mista.
Tale condizione è infatti costituita da una combinazione di componenti casuali e potestative:
- una componente casuale, dipendente dall’operato di una società terza, cioè Gamma;
- una componente (non meramente) potestativa, dipendente invece dalla condotta del soggetto nel cui interesse la condizione è posta, cioè Alfa.
Nelle condizioni potestative miste assume dunque particolare rilievo la condotta della parte nel cui interesse la medesima condizione è prevista, considerato che tale soggetto viene a trovarsi nella posizione di potere determinare l’effettivo verificarsi o meno della condizione stessa, con il conseguente rischio di strumentalizzazioni da parte di tale soggetto nel caso in cui, in pendenza della condizione, venga a maturare un interesse contrario al realizzarsi della stessa.
Nella narrativa della sentenza del Tribunale di Milano in commento, si rinviene come, in pendenza della condizione, Alfa abbia omesso di porre in essere qualsiasi condotta adeguata per addivenire alla conclusione del contratto di appalto con Gamma e, pertanto, all’avveramento della condizione. In particolare:
- Alfa non aveva mai formalizzato alcuna offerta a Gamma per la stipulazione del contratto di appalto;
- solo successivamente a numerosi incontri tra le parti coinvolte, era emersa l’incapacità di Alfa ad offrire le garanzie finanziarie richieste per l’esecuzione dell’appalto;
- Alfa non aveva poi mai dato concretamente seguito alla propria proposta di sopperire ai mancanti requisiti finanziari tramite la costituzione di una ATI con una società terza, mai realizzata;
- a fronte della proposta di estendere il termine per l’avveramento della condizione, Alfa aveva dapprima espresso parere favorevole, salvo poi chiedere la risoluzione del contratto con i soci di Beta ancora prima della scadenza del termine originario.
A fronte delle possibili condotte strumentali delle parti di un contratto sottoposto a condizione, il codice civile prevede due correttivi.
L’art. 1358 c.c. dispone che “colui che si è obbligato o che ha alienato un diritto sotto condizione sospensiva, ovvero lo ha acquistato sotto condizione risolutiva, deve, in pendenza di tale condizione, comportarsi secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell’altra parte”.
Il codice introduce quindi un obbligo di buona fede, volto specificamente a tutelare gli interessi dell’altra parte. Quale rimedio sanzionatorio per la violazione di tale obbligo di buona fede, l’art. 1359 c.c. stabilisce la c.d. fictio di avveramento della condizione: “la condizione di considera come avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento di essa”.
I presupposti della fictio di avveramento ex art. 1359 c.c.
Come indicato poc’anzi, l’art. 1359 c.c. richiede la sussistenza di due presupposti affinché possa operare la c.d. fictio di avveramento della condizione:
- l’interesse contrario all’avveramento della condizione; e
- il mancato avveramento della condizione per causa imputabile a tale parte.
Quanto al primo presupposto, a nulla varrebbe la circostanza che la condizione era stata originariamente prevista nel solo interesse di Alfa: il Tribunale di Milano, infatti, si allinea alla più recente giurisprudenza di legittimità [1], secondo cui la fictio ex art. 1359 c.c. ben può applicarsi nel caso in cui l’interesse di una parte muti al punto da divenire contrario all’avveramento della condizione.
Diversamente, nel caso di condizione potestativa o di condizione potestativa mista, la parte nel cui tale condizione sia stipulata e dalla quale dipenda il suo avveramento gioverebbe di un originale ius poenitendi, potendo cioè imporre un proprio “ripensamento” all’altra parte determinando con la propria condotta il mancato avveramento della condizione.
Il Tribunale di Milano chiarisce inoltre che, in pendenza di condizione potestativa mista, entrambi i contraenti sarebbero obbligati ex lege a tenere una condotta di buona fede ai sensi dell’art. 1358 c.c. e, in particolare, addirittura “ad attivarsi per quanto di loro competenza al fine di innescare il comportamento del terzo dedotto in condizione”.
L’inadempimento a tale obbligo di buona fede renderebbe di conseguenza imputabile alla parte inadempiente il mancato avveramento della condizione, integrando così il secondo presupposto richiesto dall’art. 1359 c.c.
Conclusioni
In considerazione di quanto precede, il Tribunale di Milano ha rigettato le domande attoree, ritenendo invece avverata la condizione in questione ai sensi dell’art. 1359 c.c.
In particolare, il Tribunale di Milano ha ritenuto sufficientemente provata la sussistenza dei due presupposti della fictio di avveramento della condizione in ragione delle seguenti circostanze:
- la complessiva e protratta inerzia di Alfa nella predisposizione della documentazione e dei materiali necessari per la presentazione di una offerta a Gamma e alla stipulazione del relativo contratto di appalto;
- il riconoscimento da parte della stessa Alfa della propria inidoneità tecnica e finanziaria ad eseguire l’appalto.
Alla luce di quanto precede, risulta che l’apposizione di una condizione potestativa mista non possa anche sconfinare in una sorta di riserva del soggetto, dal quale dipenda l’avveramento della medesima condizione, a sottrarsi alla stabilizzazione degli effetti condizionati qualora questo dovesse mutare il proprio interesse alla conclusione dell’affare.
Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parere professionale.
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[1]Si vedano Cass. n. 23014/2012, Cass. n. 7405/2014, Cass. n. 16501/2014.