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Shipping & Transport Bulletin Settembre – Ottobre 2019
La possibile politica commerciale della nuova Commissione Europea
Il nuovo Presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, ha tenuto più interventi sia prima che immediatamente dopo la sua elezione da parte del Parlamento Europeo a metà luglio. In queste occasioni è emerso che l’Unione Europea adotterà misure più decise nelle politiche di importazione, in compliance con gli standard europei, nelle politiche di implementazione degli accordi commerciali e nell’imposizione fiscale alle frontiere, in modo che le costose misure ambientali europee non vengano minate dalle importazioni.
Il primo e più probabile intervento riguarderà una tassa sul carbonio alle frontiere. Il Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’UE (ETS UE) sta aumentando le limitazioni sui permessi di emissioni, facendo lievitare i costi. Pochi produttori di paesi terzi che esportano nell’Unione Europea sostengono gli stessi costi. Una tassa sul carbonio alle frontiere (proprio come l’IVA, che viene imposta alle frontiere) eliminerebbe questo vantaggio nei costi. L’intervento relativo alla tassa sul carbonio potrebbe essere ammesso dalle norme WTO se non operasse una discriminazione tra produttori domestici e stranieri. La sfida per l’Unione Europea sarà quindi quella di stabilire la tassa in modo tale che non risulti discriminatoria.
La Cina è un’Economia di Mercato?
Alla fine del 2016 la Cina ha convenuto l’Unione Europea davanti all’Organo di Conciliazione del WTO, sostenendo l’illegittimità delle norme europee che non riconoscevano la Cina quale economia di mercato. La Cina aveva basato le proprie argomentazioni sulla scadenza di una parte delle disposizioni contenute nel protocollo di adesione della Cina al WTO. La controversia dinanzi al WTO ha suscitato molta attenzione ed i paesi “commercialmente” più importanti sono intervenuti nel procedimento. La questione sottesa alla lite era in pratica il diritto dei membri del WTO di non considerare costi e prezzi cinesi nelle valutazioni relative al dumping dalla Cina in quanto tali costi e prezzi risulterebbero distorti dall’intervento e dal controllo dello stato sul mercato.
Il collegio giudicante ha inviato alle parti una bozza delle proprie conclusioni due mesi prima della loro pubblicazione. Questa prassi è volta a consentire alle parti della controversia di correggere eventuali errori nella rappresentazione dei propri argomenti e di dar loro il tempo necessario per comprendere il provvedimento prima della sua ampia diffusione. Le conclusioni del collegio sono circolate nel marzo 2019. A maggio la Cina ha deciso di ritirare il proprio reclamo. Il ritiro del reclamo ha l’effetto di congelare una controversia, qualunque sia lo stato in cui questa si trovi. Avendo rinunciato al proprio reclamo, la Cina ha bloccato la procedura prima che le conclusioni del collegio venissero rese pubbliche.
Un osservatore esterno non può sapere perché la Cina abbia rinunciato alla propria azione. La Commissione, che rappresenta l’UE, non ha fornito chiarimenti. La Cina non ha reso pubbliche le proprie ragioni. La bozza delle conclusioni del collegio non è stata consegnata ai Paesi che sono intervenuti, quindi anche questi ultimi non possono dare spiegazioni. Ciò consente però di avanzare un’ipotesi. E l’ipotesi è che il collegio si fosse espresso in maniera non favorevole alla Cina. In altre parole, la Cina non sarebbe stata in grado di dimostrare il proprio diritto ad essere considerata un’economia di mercato. Questa (non) decisione potrebbe avere un impatto significativo sui sistemi di difesa commerciale in futuro.
Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parere professionale.
Per ulteriori informazioni contattare Bernard O’Connor.