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03/12/2020

Funzioni caratterizzanti e funzioni ammesse nei Piani Regolatori Portuali: istruzioni per l’uso

Una recente sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria (“TAR Liguria”) [1] fornisce un’interessante chiave di lettura per l’interpretazione delle previsioni dei Piani Regolatori Portuali (“PRP”), in particolare quelle concernenti le funzioni caratterizzanti dei diversi ambiti funzionali in cui sono divisi i porti italiani.

Come noto, i PRP hanno la finalità di declinare gli obiettivi, le previsioni, gli elementi, i contenuti e le strategie di ciascun scalo marittimo, delineando anche l’assetto complessivo delle opere di grande infrastrutturazione. Il PRP rappresenta quindi «più che uno strumento di pianificazione, un atto generale di programmazione col quale l’Amministrazione stabilisce regole, criteri e modalità di utilizzazione delle aree portuali» [2]. Il PRP ha, infatti, lo scopo precipuo di assegnare specifiche funzioni logistiche alle aree e alle infrastrutture portuali per specializzare le stesse in funzione delle tipologie merceologiche e di traffico. Ciò all’evidente fine di ottimizzare lo svolgimento delle attività portuali, “funzionalizzando” i vari ambiti del porto per valorizzare le potenzialità dello stesso.

Solitamente un ambito funzionale può avere, oltre alla propria funzione caratterizzante, anche una o più funzioni ammesse. Ci si chiede allora: ai fini del PRP, che proporzione ci deve essere tra le attività concernenti la funzione caratterizzante e quelle concernenti la funzione ammessa?

Il TAR Liguria ha analizzato il caso di un operatore attivo nel porto di Genova nell’ambito con funzione caratterizzante “traffici multipurpose”, che svolgeva anche – tra gli altri – traffici full container (traffici che, va detto, rientravano tra le funzioni ammesse dell’ambito funzionale de qua).

Un altro operatore concorrente nel porto di Genova – specializzato nel traffico full container – ha deciso di adire il TAR Liguria per denunciare la violazione, da parte del primo operatore, delle previsioni del PRP. Ad avviso del ricorrente, infatti, il proprio competitor avrebbe svolto, in via prevalente, un traffico full container all’interno di un ambito con funzione caratterizzante di traffici multipurpose.

Il TAR Liguria ha respinto il ricorso, ritenendo che «il rispetto della “destinazione funzionale caratterizzante” non deve essere verificato, in conseguenza, relativamente alla singola porzione o compendio assentiti in concessione, bensì all’intero ambito nel quale essi sono inclusi. Ne consegue che, anche volendo ammettere la prevalente movimentazione di containers da parte [..omissis… del primo operatore n.d.r.] in forza del titolo concessorio, tale circostanza non sarebbe di per sé sufficiente a dimostrare l’intervenuta violazione delle previsioni del piano regolatore portuale, laddove il complesso delle attività insediate nello specifico ambito si caratterizzano per la prevalente movimentazione di merci convenzionali».

In altri termini, secondo il giudice amministrativo, al fine di valutare il rispetto della “destinazione funzionale caratterizzante” di un determinato ambito portuale non dovrebbe considerarsi l’attività svolta all’interno di una specifica concessione, bensì l’attività svolta in quell’ambito nel suo complesso e quindi dalla pluralità dei concessionari che vi operano.

Il TAR Liguria ha inoltre sostenuto che “in ogni caso, la nozione di destinazione caratterizzante pare riferibile, non alle quantità di merci movimentate, ma all’estensione dell’area destinata alla specifica funzione”.

Nel caso esaminato dal TAR Liguria, nell’ambito in questione l’area destinata alla movimentazione dei container era risultata minoritaria rispetto a quella funzionalmente dedicata al traffico multipurpose e per tale motivo il ricorso è stato respinto.

Questa recente impostazione del TAR Liguria può essere letta nel senso di favorire un’interpretazione più flessibile del PRP, tale da consentire un miglior adattamento agli andamenti dei traffici, che – come noto – sono soggetti a cambiamenti (cambiamenti che non è sempre possibile riflettere “tempestivamente” nei PRP).

Peraltro, questa impostazione parrebbe trovare riscontro anche nei principi dettati in un recente parere emanato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici – Seconda Sezione (“CSLLPP”) [3]. Il CSLLPP afferma infatti che «le impetuose, spesso imprevedibili, dinamiche di un porto non possono essere governate da uno strumento di pianificazione “rigido” […] ma, piuttosto, da una pianificazione per “obiettivi”, che porta con sé un intrinseco carattere di ragionata flessibilità negli assetti stessi. Un piano strutturato per obiettivi, peraltro, si pone in stretta coerenza concettuale con il “performance based approach” della moderna pianificazione portuale a livello internazionale».

Il CSLLPP ha inoltre colto l’occasione per ribadire ancora una volta il fatto che l’art. 5 della l. n. 84/1994 “prescrive che i piani regolatori portuali (PRP) devono essere redatti in attuazione del Piano strategico nazionale della portualità e della logistica e del documento di pianificazione strategica e di sistema (DPSS), nonché in conformità alle Linee Guida emanate dal Consiglio superiore dei lavori pubblici e approvate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”, confermando altresì che la finalità precipua dei piani regolatori portuali è quella di “declinare gli obiettivi, le previsioni, gli elementi, i contenuti e le strategie di ciascun scalo marittimo, delineando anche l’assetto complessivo delle opere di grande infrastrutturazione”.

Tutto quanto sopra parrebbe indirizzato a rendere più “flessibili” i PRP – nel rispetto comunque delle loro limitazioni – al fine di agevolare l’adattamento dei porti e dei loro singoli ambiti alle vicissitudini che interessano i traffici. La precisazione che i singoli PRP debbano essere redatti in attuazione di piani pianificatori nazionali quali ad es. il Piano strategico nazionale della portualità e della logistica parrebbe evidenziare maggiormente la circostanza per la quale i PRP dovrebbero favorire – attraverso la promozione dei singoli scali – lo sviluppo dei traffici del Sistema Paese. Si ricorda peraltro che, a seguito della c.d. riforma Delrio [4] devono ancora essere addottati i Piani Regolatori dei Sistemi Portuali. Parrebbe auspicabile che, nel redigere tali piani, le Autorità di Sistema Portuale tengano conto anche di quanto detto sopra, posto che una certa flessibilità nella definizione degli obiettivi – a condizione che venga comunque sempre garantito il rispetto delle limitazioni fissate dai PRP – parrebbe essere diventata cruciale per rimanere competitivi nella contesa con gli altri scali europei.

 

Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto. Per ulteriori informazioni si prega di contattare il vostro professionista di riferimento.

 

 

[1] Cfr. sentenza TAR Liguria 12 agosto 2020, n. 584.
[2] Cfr. sentenza TAR Toscana, 8 novembre 2016, n. 1620.
[3] Cfr. parare CSLLPP prot. n. 21/2020 del 25 settembre 2020.
[4] Decreto legislativo del 04/08/2016 – N. 169.

 

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