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13/11/2017
Corporate and Commercial

La responsabilità degli amministratori non operativi

Il caso

Il curatore di una società per azioni dichiarata fallita conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, gli amministratori della stessa, per vedere accertata la loro responsabilità, ai sensi dell’art. 146 l.fall..

Più precisamente, la causa del fallimento veniva individuata in una operazione di investimento ritenuta particolarmente gravosa rispetto al capitale sociale dell’acquirente e ingiustificata in relazione al valore economico del pacchetto azionario acquisito.

Gli amministratori si difendevano sostenendo che l’intera gestione della società era demandata al Presidente del Consiglio di Amministrazione e che, dunque, nonostante i controlli posti in essere, essi, in quanto amministratori privi di deleghe, non avrebbero potuto in alcun modo impedire la suddetta operazione.

Sia il giudice di prime che di seconde cure si pronunciavano in favore del Fallimento e, in particolare, la Corte di Appello si limitava a ridurre il quantum del risarcimento danni previsto in solido a carico degli amministratori, ritenendo la loro difesa una sorta di ammissione di colpa e di tacita complicità con il Presidente.

 

La decisione della Corte di Cassazione

Con sentenza n. 17441 del 31 agosto 2016, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la decisione emessa al termine del giudizio di secondo grado, accogliendo i motivi di ricorso proposti dagli amministratori.

In particolare, la Corte ha affermato che la responsabilità degli amministratori privi di delega non può, ad oggi, fondarsi su una generale omissione di vigilanza, a tal punto da tramutarsi, fattivamente, in una sorta di responsabilità oggettiva, dovendo, al contrario, essere collegata a una violazione del loro dovere di agire informati.

Alla base della decisione, l’organo giudicante ha richiamato gli articoli 2932, comma secondo, e 2381, comma sesto, c.c., in virtù dei quali gli amministratori non operativi sarebbero chiamati a rispondere delle conseguenze dannose della condotta di altri amministratori (ossia gli amministratori che abbiano operato) soltanto laddove siano a conoscenza di dati di fatto che avrebbero richiesto il loro intervento, ovvero abbiano omesso di attivarsi al fine di ottenere gli elementi necessari ad agire informati.

In sintesi, la Corte ha interpretato le predette norme nel senso che gli amministratori privi di deleghe possano essere responsabili per il mancato impedimento di fatti pregiudizievoli per la società, nel caso in cui siano a conoscenza dei medesimi, ovvero qualora possano venirne a conoscenza, esercitando il proprio potere/dovere di richiesta di informazioni; e ciò, in relazione alla “diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze”.

Argomentando diversamente, si addiverrebbe a un generale obbligo di vigilanza che la riforma del 2003 ha, al contrario, eliminato.

Nel caso concreto, la Corte di Appello non avrebbe, dunque, correttamente operato (i) nell’esame del materiale probatorio a sue mani, vale a dire nella valutazione delle informazioni a disposizione degli amministratori con particolare riferimento alla loro plausibilità, (ii) nello stabilire se, sulla base di ciò, la condotta di inerzia dei medesimi fosse o meno ascrivibile a colpa, nonché (iii) nel verificare la sussistenza del nesso eziologico tra la predetta condotta e il pregiudizio arrecato alla società, tenuto conto del fatto che l’ingresso degli amministratori era avvenuto successivamente rispetto alla conclusione del contratto di acquisizione.

 

La responsabilità degli amministratori non operativi pre e post riforma

La sentenza in commento consente di chiarire una questione sorta in occasione della riforma del diritto societario del 2003.

Difatti, mentre ante riforma, l’articolo 2392, comma secondo, c.c. stabiliva in capo a tutti gli amministratori, anche quelli privi di delega, un obbligo di vigilanza generale (tale per cui anch’essi erano chiamati a rispondere solidalmente dei danni cagionati alla società per omessa vigilanza), successivamente al 2003, per detti amministratori è residuato esclusivamente l’obbligo di agire in modo informato, ai sensi dell’articolo 2381, comma sesto, c.c.

Sebbene dal tenore letterale della norma sembrerebbe esservi stata un’attenuazione di responsabilità degli amministratori non operativi, è opportuno evidenziare che la nuova formulazione dell’articolo 2381, comma sesto, c.c. può essere interpretata nel senso che l’amministratore non deve semplicemente essere informato da altri, ma deve egli stesso attivarsi per ottenere informazioni.

Pertanto, ciò che viene oggi richiesto agli amministratori privi di deleghe è di tenere una condotta non meramente passiva, ma, al contrario, attiva, sì che la nuova forma di responsabilità introdotta possa identificarsi con l’omissione di attività informativa che diventa oggetto di un dovere attivo di comportamento.

 

 

 

 

 

 

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