News ESG | Lotta al cambiamento climatico: revisione ETS e nuovi obblighi CBAM per le imprese e per il trasporto marittimo
Uno degli strumenti più noti per la lotta al cambiamento climatico nell’ordinamento europeo è il sistema “Emission Trading” (ETS). A valle dell’adozione del Green Deal europeo e della strategia “Fit for 55”, l’Unione Europea ha proceduto ad una revisione del sistema ETS (ad esempio includendo tra le attività soggette il trasporto marittimo) e ha altresì adottato recentemente un ulteriore strumento che va a completare il sistema ETS, il c.d. CBAM (ossia il meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera), che prevede una serie di nuovi obblighi di reporting per le imprese (UE, ma non solo) già a partire dal prossimo 1 ottobre 2023. Tali obblighi sono stati specificati nel Regolamento di implementazione del 17 agosto 2023 e nella relativa guida.
L’impatto sulle imprese in transizione interessate è notevole: oltre alla possibile irrogazione delle sanzioni, si pensi alla necessità di gestire il rischio di transizione connesso all’implementazione delle modifiche normative, per cui nuove imprese entrano oggi nel sistema ETS, mentre quelle già soggette a ETS si vedranno ridurre nel tempo il numero delle quote (in particolare, come si vedrà, quelle assegnate a titolo gratuito); nonché alle possibili ricadute sul prezzo dei prodotti (ad esempio nel settore di acciaio e cemento).
Scopo del presente contributo è quello di fornire una illustrazione di massima delle tematiche e di offrire una sintesi dei possibili impatti.
Il sistema ETS: inquadramento normativo
Come anticipato, il sistema ETS funziona secondo il principio “cap and trade”. Viene fissato un massimale per la quantità totale di determinati gas a effetto serra che possono essere emessi dagli operatori interessati dal sistema. Il limite viene ridotto nel tempo in modo da ridurre le emissioni totali. All’interno del massimale, gli operatori acquistano o ricevono quote di emissioni, che possono scambiare tra loro secondo necessità. Il limite al numero totale di quote disponibili garantisce che le stesse abbiano un valore. Lo scopo è quello di incentivare la riduzione delle emissioni e promuovere l’utilizzo di tecnologie innovative a basse emissioni di carbonio.
Dopo ogni anno, un operatore deve restituire quote sufficienti a coprire interamente le sue emissioni; se un impianto riduce le sue emissioni, può mantenere le quote di riserva per coprire le sue esigenze future oppure venderle a un altro operatore a corto di quote.
Nel 2019 l’elenco dei settori ritenuti a rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio[1] è stato aggiornato per il periodo 2021-2030 con la Decisione delegata (UE) 2019/708 della Commissione, del 15 febbraio 2019 (tra questi: fabbricazione di carta; attività siderurgiche; produzione di cemento; fabbricazione di materie plastiche in forme primarie). Per i settori a più alto rischio di rilocalizzazione della produzione al di fuori dell’UE, è prevista l’assegnazione di quote gratuita (fatto salvo quanto verrà detto nel proseguo).
La normativa di base ETS è costituita dalla Direttiva 2003/87/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell’Unione e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (“Direttiva ETS“). Essa è attualmente recepita in Italia con il Decreto Legislativo 9 giugno 2020, n. 47 (“D.Lgs. 47/20“).
La Direttiva ETS è stata recentemente modificata: a tale riguardo, sulla Gazzetta ufficiale dell’UE del 16 maggio 2023 è stata pubblicata la “Direttiva (UE) 2023/959 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 maggio 2023, che modifica la direttiva 2003/87/CE che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell’Unione e la decisione (UE) 2015/1814 sull’istituzione e il funzionamento di una riserva stabilizzatrice del mercato per il sistema di scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra dell’Unione” (“Direttiva 2023/959”). Tale direttiva dovrà essere recepita dagli Stati membri.
Il sistema ETS si applica solo a determinate attività e gas a effetto serra, elencati nella Direttiva ETS, Allegati I e II e nel D.Lgs. 47/20 (Allegato I quali ad esempio la produzione di coke, raffinazione di petrolio, la fabbricazione di carta e cartoni, la produzione di cemento, di alluminio, ghisa, acciaio, il trasporto aereo).
Tra questi:
Il D.Lgs. 47/20 prescrive alcuni obblighi che devono essere adempiuti dagli operatori economici che svolgono le attività elencate. In primo luogo, si prevede che nessun impianto può esercitare le attività elencate nell’Allegato I che comportino emissioni di gas ad effetto serra specificati nell’Allegato II (ovvero biossido di carbonio (CO₂), metano (CH₄), protossido di azoto (N₂O), idrofluorocarburi (HFC), perfluorocarburi (PFC) e esafluoro di zolfo (SF₆)) in relazione a tali attività, a meno che il relativo gestore non sia munito dell’autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra (artt. 15 ss. del D.Lgs. 47/20). La richiesta di autorizzazione (insieme al Piano di Monitoraggio) deve essere presentata all’autorità competente (“Comitato ETS“) almeno 90 giorni prima della data di inizio delle operazioni. Inoltre, ciascun gestore di un impianto controlla e comunica all’autorità competente le emissioni di tale impianto nel corso di ogni anno civile. La comunicazione deve essere depositata presso il Comitato ETS entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello cui si riferisce il monitoraggio. Si noti infine che, sulla base della Direttiva 2023/959, gli Stati membri dovranno fare in modo che le condizioni e la procedura per il rilascio di un’autorizzazione ad emettere gas a effetto serra siano coordinate con quelle relative al rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (di cui agli articoli 20-bis e seguenti del D.Lgs. 152/2006), con possibilità di integrare le prime nella seconda (art. 8).
La Direttiva 2023/959: novità per il trasporto marittimo
Una delle novità più rilevanti introdotte con la Direttiva 2023/959 è la modifica della lista delle attività soggette a ETS di cui all’Allegato I. Tra i nuovi settori, si segnala l’inserimento del trasporto marittimo (con esclusione, al momento, in particolare delle navi da carico di stazza lorda inferiore a 5.000 tonnellate)[2].
Al fine di integrare progressivamente le emissioni del trasporto marittimo nella politica dell’Unione volta a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, l’Unione ha istituito, nell’ambito del Regolamento (UE) 2015/757 del Parlamento europeo e del Consiglio (“Regolamento 2015/757”)[3], un sistema per monitorare, comunicare e verificare le emissioni generate dal trasporto marittimo. Le società di navigazione devono infatti monitorare e comunicare i propri dati sulle emissioni generate dalle attività di trasporto marittimo, aggregati a livello di società, conformemente alle norme stabilite nel Regolamento 2015/757.
L’estensione del sistema ETS al trasporto marittimo rappresenta un ulteriore passo in questa direzione.
Infatti, a tal riguardo il Considerando 17 della Direttiva 2023/959 afferma: «Il trasporto marittimo internazionale, consistente in tratte tra porti sotto la giurisdizione di due diversi Stati membri o tra un porto sotto la giurisdizione di uno Stato membro e un porto al di fuori della giurisdizione di uno Stato membro, è ad oggi l’unico mezzo di trasporto non incluso negli impegni assunti in passato dall’Unione per ridurre le emissioni di gas a effetto serra…» Il medesimo Considerando offre un’interessante prospettiva dell’impatto delle emissioni da combustibile nel settore e della necessità di un intervento legislativo che abbia l’obiettivo di limitare significativamente le emissioni nel trasporto marittimo al fine di non pregiudicare gli sforzi fatti per la riduzione delle emissioni in altri settori in transizione: «Dal 1990 le emissioni dei combustibili venduti nell’Unione per tratte che iniziano in uno Stato membro e terminano in un altro Stato membro o in un paese terzo sono aumentate di circa il 36 %. Queste emissioni rappresentano quasi il 90 % di tutte le emissioni dell’Unione generate dalla navigazione, in quanto le emissioni prodotte dai combustibili venduti nell’Unione per tratte in partenza e in arrivo nello stesso Stato membro sono diminuite del 26 % dal 1990. In uno scenario immutato, si prevede che le emissioni prodotte dalle attività di trasporto marittimo internazionale aumenteranno di circa il 14 % tra il 2015 e il 2030 e del 34 % tra il 2015 e il 2050. Se l’impatto delle attività di trasporto marittimo sui cambiamenti climatici aumentasse come previsto, ciò comprometterebbe seriamente le riduzioni realizzate da altri settori per lottare contro i cambiamenti climatici e quindi per raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra a livello economico per il 2030, l’obiettivo della neutralità climatica dell’Unione al più tardi entro il 2050 e l’obiettivo di conseguire successivamente emissioni negative, come stabilito dal regolamento (UE) 2021/1119, nonché dagli obiettivi dell’accordo di Parigi».
Il Considerando 20 in proposito afferma che «le emissioni di biossido di carbonio (CO2) generate dal trasporto marittimo rappresentano tra il 3 e il 4 % circa delle emissioni dell’Unione. Nel Green Deal europeo la Commissione ha espresso l’intenzione di adottare misure aggiuntive per lottare contro le emissioni di gas a effetto serra generate dal trasporto marittimo mediante un pacchetto di misure che consentano all’Unione di raggiungere i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni. In tale contesto, è opportuno modificare la direttiva 2003/87/CE per includere il trasporto marittimo nell’EU ETS al fine di garantire che tale settore dia il giusto contributo agli obiettivi climatici più ambiziosi dell’Unione nonché agli obiettivi dell’accordo di Parigi».
Gli articoli da 3 octies bis a 3 octies octies della Direttiva ETS, come modificata dalla Direttiva 2023/959, si applicano quindi alle attività di trasporto marittimo elencate nell’Allegato I.
In particolare, si prevede (art. 3 octies bis, par. 1 della Direttiva ETS, come modificata) che l’estensione dell’ETS al trasporto marittimo includa:
(i) il 50% delle emissioni delle navi che effettuano tratte in partenza da un porto di scalo[4] sotto la giurisdizione di uno Stato membro e in arrivo in un porto di scalo al di fuori della giurisdizione di uno Stato membro;
(ii) il 50% delle emissioni delle navi che effettuano tratte in partenza da un porto di scalo al di fuori della giurisdizione di uno Stato membro e in arrivo in un porto di scalo sotto la giurisdizione di uno Stato membro;
(iii) il 50% delle emissioni delle navi che effettuano tratte in partenza da un porto di scalo sotto la giurisdizione di uno Stato membro e in arrivo in un porto di scalo sotto la giurisdizione di uno Stato membro;
(iv) il 100% delle emissioni delle navi all’interno di un porto di scalo sotto la giurisdizione di uno Stato membro.
Si prevede però che vi sia una introduzione graduale degli obblighi di restituzione delle quote (art. 3 octies ter).
Il Considerando 21 esprime la consapevolezza che l’ampliamento dell’ambito di applicazione dell’ETS al trasporto marittimo comporterà cambiamenti nei costi di tale tipo di trasporto e che tutta l’Unione risentirà di tale estensione, ma anche che gli Stati membri con un settore marittimo grande rispetto alle loro dimensioni relative risentiranno maggiormente dell’ampliamento. Si prevede quindi un’assistenza supplementare, limitata nel tempo, a tali Stati membri sotto forma di quote aggiuntive per sostenere la decarbonizzazione delle attività marittime e far fronte ai costi amministrativi sostenuti. L’assistenza dovrebbe essere introdotta in modo graduale parallelamente all’introduzione degli obblighi di restituzione e quindi al maggiore effetto su tali Stati membri.
Inoltre, il Considerando 24 afferma che «le isole prive di collegamenti stradali o ferroviari con la terraferma dipendono in maggiore misura dal trasporto marittimo rispetto alle altre regioni e dipendono dai collegamenti marittimi per la connettività. Al fine di aiutare le isole con una popolazione ridotta a rimanere collegate in seguito all’inclusione delle attività di trasporto marittimo nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87/CE, è opportuno prevedere la possibilità per uno Stato membro di richiedere una deroga temporanea all’obbligo di restituzione ai sensi di tale direttiva per alcune attività di trasporto marittimo con isole di meno di 200 000 residenti permanenti».
Sulla base della definizione di «società» di cui all’articolo 3, lettera d), del Regolamento 2015/757, la persona o l’organizzazione responsabile della conformità all’ETS (e quindi della restituzione delle quote) è la “società di navigazione”, definita all’art. 3 della Direttiva ETS (come modificata) «l’armatore o qualsiasi altra organizzazione o persona, come il gestore o il noleggiatore a scafo nudo, che ha assunto la responsabilità dell’esercizio della nave dall’armatore e che, così facendo, ha accettato di assumere tutti i compiti e le responsabilità imposti dal Codice internazionale di gestione della sicurezza delle navi e della prevenzione dell’inquinamento di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 336/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio».
Le emissioni di una nave dipendono, tra l’altro, dalle misure di efficienza energetica della nave stessa adottate dall’armatore, e dal combustibile, dal carico trasportato e dalla rotta e dalla velocità della nave, che possono essere sotto il controllo di un soggetto diverso dall’armatore. Tuttavia, le responsabilità per l’acquisto di carburante o per l’adozione di decisioni operative che incidono sulle emissioni di gas a effetto serra della nave possono essere assunte da un soggetto diverso dalla società di navigazione nell’ambito di un accordo contrattuale: in tal caso, conformemente al principio «chi inquina paga» e al fine di incoraggiare l’adozione di misure di efficienza e di combustibili più puliti, la società di navigazione dovrebbe pertanto avere il diritto di chiedere, ai sensi del diritto nazionale, il rimborso dei costi derivanti dalla restituzione delle quote da parte del soggetto direttamente responsabile delle decisioni che incidono sulle emissioni di gas a effetto serra della nave. Tale diritto al rimborso dovrebbe essere previsto per legge dagli Stati membri (Considerando 32 e art. 3 octies quater).
La Commissione dovrà pubblicare un elenco iniziale delle società di navigazione che hanno svolto un’attività di trasporto marittimo che rientra nell’ambito di applicazione dell’ETS, in cui si indichi specificatamente l’autorità di riferimento nei confronti di una società di navigazione (Considerando 33 e art. 3 octies septies, par. 2).
Il meccanismo CBAM
Il CBAM è stato istituito con il “Regolamento (UE) 2023/956 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 maggio 2023, che istituisce un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera“, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’UE del 16 maggio 2023[5].
Per i settori più a rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, detto rischio è attualmente gestito attraverso la concessione di quote gratuite e compensazioni per l’aumento dei costi dell’energia elettrica ai sensi delle norme sugli aiuti di Stato.
Il CBAM è destinato a sostituire l’attuale protezione antirilocalizzazione delle emissioni di carbonio nell’ambito dell’ETS. L’introduzione graduale del CBAM è infatti in linea con l’eliminazione graduale dell’assegnazione di quote gratuite nell’ambito del sistema ETS per sostenere la decarbonizzazione dell’industria. Il CBAM dovrebbe infatti garantire che il prezzo del carbonio delle importazioni sia equivalente al prezzo del carbonio della produzione interna e che gli obiettivi climatici dell’UE non siano compromessi.
Il CBAM si applicherà inizialmente alle importazioni di determinati beni e precursori selezionati la cui produzione è ad alta intensità di carbonio e presenta il rischio più significativo di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio: cemento, ferro e acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno. Il CBAM entrerà in vigore nella sua fase transitoria a partire dal 1° ottobre 2023 (“Fase Transitoria“) e successivamente la fase permanente entrerà in vigore il 1° gennaio 2026 (“Fase Permanente“).
Durante la Fase Transitoria, in particolare, gli importatori[6] dovranno comunicare le emissioni di gas a effetto serra (GES) “incorporate” nelle loro importazioni (emissioni dirette e indirette), senza effettuare pagamenti o adeguamenti finanziari. I produttori di paesi terzi dovranno pertanto essere in grado di fornire tali dati sulle emissioni.
Durante la Fase Permanente, gli importatori dovranno invece: 1) essere preventivamente autorizzati dall’autorità competente; e 2) dichiarare ogni anno la quantità di merci importate nell’UE nell’anno precedente e i loro gas serra incorporati. Consegneranno quindi il numero corrispondente di certificati CBAM.
Il prezzo dei certificati sarà calcolato in funzione del prezzo d’asta medio settimanale delle quote ETS UE, espresso in €/tonnellata di CO2 emessa.
La Fase Transitoria, quindi a differenza della Fase Permanente, è di mera dichiarazione delle GES incorporate e non ha un impatto sui costi di produzione e/o operativi.
Con la Fase Permanente nel periodo 2026-2034 si assisterà invece a due impatti importanti sui costi di produzione e/o operativi delle imprese: 1) da una parte gli importatori dovranno consegnare certificati CBAM corrispondenti alle GES importate nell’anno precedente e quindi assumersi il costo di tali certificati che avrà un impatto sulle importazioni, e parallelamente 2) per i soggetti produttori l’eliminazione graduale delle quote assegnate a titolo gratuito nell’ambito del sistema ETS .
Più specificamente, come indicato dalla Direttiva 2023/959, è necessaria una graduale eliminazione transitoria delle quote gratuite per consentire ai produttori, agli importatori e agli operatori commerciali di adeguarsi al nuovo regime. La riduzione delle quote assegnate a titolo gratuito dovrebbe essere attuata applicando un fattore all’assegnazione gratuita per i settori CBAM, mentre l’adattamento delle emissioni di categoria è introdotto gradualmente. Il fattore CBAM è pari al 100 % per il periodo compreso tra l’entrata in vigore di tale regolamento e la fine del 2025 e, fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 36, paragrafo 2, lettera b), di tale regolamento, pari al 97,5 % nel 2026, al 95 % nel 2027, al 90 % nel 2028, al 77,5 % nel 2029, 51,5 % nel 2030, 39 % nel 2031, 26,5 % nel 2032 e 14 % nel 2033. A partire dal 2034 non dovrebbe applicarsi alcun fattore CBAM (art. 10 octies).
Inoltre, al fine di rispecchiare meglio il progresso tecnologico, garantendo nel contempo incentivi alla riduzione delle emissioni e premiando adeguatamente l’innovazione, l’adeguamento minimo dei valori dei parametri di riferimento dovrebbe essere aumentato dallo 0,2 % allo 0,3 % all’anno e l’adeguamento massimo dovrebbe essere aumentato dall’1,6 % al 2,5 % all’anno. Per il periodo dal 2026 al 2030, i valori dei parametri di riferimento dovrebbero pertanto essere adeguati in un intervallo compreso tra il 6 % e il 50 % rispetto al valore applicabile nel periodo dal 2013 al 2020. Al fine di garantire la prevedibilità degli impianti, la Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione che stabiliscano i valori riveduti dei parametri di riferimento per l’assegnazione gratuita quanto prima dell’inizio del periodo dal 2026 al 2030 (Considerando 48).
Gli obblighi di comunicazione e le informazioni richieste agli importatori UE di beni CBAM, nonché la metodologia provvisoria per il calcolo delle emissioni incorporate rilasciate durante il processo di produzione dei beni CBAM, sono stati ulteriormente specificati nel Regolamento di implementazione del 17 agosto 2023[7] e nella relativa guida[8].
Il Regolamento prevede una certa flessibilità per quanto riguarda i valori utilizzati per calcolare le emissioni incorporate nelle importazioni durante la Fase di Transizione. Durante il primo anno di attuazione, le imprese potranno scegliere tra tre modalità di rendicontazione: (a) rendicontazione completa secondo la nuova metodologia (metodo UE); (b) rendicontazione basata su sistemi nazionali equivalenti di Paesi terzi; (c) rendicontazione basata su valori di riferimento. A partire dal 1° gennaio 2025, sarà accettato solo il metodo UE (art. 4).
Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto. Per ulteriori informazioni si prega di contattare Riccardo Sallustio o Valentina Cavanna.
[1] La rilocalizzazione delle emissioni di carbonio si verifica quando le imprese con sede nell’UE trasferiscono la produzione ad alta intensità di carbonio all’estero in paesi in cui sono in vigore politiche climatiche meno rigorose rispetto all’UE o quando i prodotti dell’UE vengono sostituiti da importazioni ad alta intensità di carbonio.
[2] Letteralmente: «Attività di trasporto marittimo disciplinate dal regolamento (UE) 2015/757 ad eccezione delle attività di trasporto marittimo di cui all’articolo 2, paragrafo 1 bis, e, fino al 31 dicembre 2026, all’articolo 2, paragrafo 1 ter, di tale regolamento».
[3] Come gas serra, vengono indicati il biossido di carbonio e, dal 1 gennaio 2026, metano e protossido di azoto.
[4] “Porto di scalo” è definito come «il porto dove la nave si ferma per caricare o scaricare merci o imbarcare o sbarcare i passeggeri, o il porto in cui una nave offshore si ferma per dare il cambio all’equipaggio; sono esclusi: le soste per il solo scopo di rifornirsi di carburante o viveri, il cambio di equipaggio di una nave che non sia una nave offshore, le soste in bacino di carenaggio, le riparazioni alla nave, alle sue attrezzature o ad entrambe, le soste in porto perché la nave necessita assistenza o è in situazione di pericolo, i trasferimenti da nave a nave effettuati al di fuori dei porti, le soste per il solo scopo di trovare un riparo da condizioni meteorologiche avverse o rese necessarie da attività di ricerca e salvataggio e le soste delle navi portacontainer in un porto di trasbordo di container limitrofo elencato nell’atto di esecuzione adottato ai sensi dell’articolo 3 octies bis, paragrafo 2» (art. 3, lett. z).
[5] In argomento, si veda il documento COMMISSION STAFF WORKING DOCUMENT IMPACT ASSESSMENT REPORT. Accompanying the document Proposal for a regulation of the European Parliament and of the Council establishing a carbon border adjustment mechanism, SWD/2021/643 final.
[6] “Importatore” è «la persona che presenta una dichiarazione doganale di immissione in libera pratica di merci a proprio nome e per proprio conto o, se la dichiarazione doganale è presentata da un rappresentante doganale indiretto in conformità dell’articolo 18 del regolamento (UE) n. 952/2013, la persona per conto della quale tale dichiarazione è presentata« (art. 3, par. 1, n. 15).
[7] COMMISSION IMPLEMENTING REGULATION (EU) of 17.8.2023 laying down the rules for the application of Regulation (EU) 2023/956 of the European Parliament and of the Council as regards reporting obligations for the purposes of the carbon border adjustment mechanism during the transitional period – C(2023) 5512 final .
[8] Consultabile all’indirizzo https://taxation-customs.ec.europa.eu/system/files/2023-08/CBAM%20Guidance_EU%20importers_0.pdf.