Quando si prescrive il diritto di un’Autorità di Sistema Portuale italiana al pagamento del canone demaniale?
L’operatività quotidiana del concessionario portuale deve fare i conti con la questione relativa al canone demaniale: alla sua misura, alla sua rideterminazione in caso di aggiornamento e, in particolare, al suo pagamento.
Il canone demaniale è un corrispettivo che il soggetto privato concessionario ha l’obbligo di corrispondere secondo uno schema negoziale tipicamente privatistico, ma è anche, quanto alla sua quantificazione, il risultato di una determinazione autoritativa dell’ente concedente – nel caso dei compendi portuali, l’Autorità di Sistema Portuale (AdSP) – direttamente collegata all’aspetto pubblicistico del sottostante rapporto di concessione, concernente il potere della stessa Amministrazione di esigere quel determinato corrispettivo per l’uso speciale o per lo sfruttamento commerciale del bene pubblico.
Pertanto, il canone di una concessione demaniale costituisce non solo il corrispettivo per il godimento e l’uso di un bene pubblico, attribuito in concessione ad un privato, ma rappresenta anche un elemento capace di incidere significativamente sul calcolo della convenienza economica che l’operazione può avere per il concessionario (Cons. Stato, Sez. VI, 23 novembre 2017, n. 5469).
Ai sensi dell’art. 39 del Codice della Navigazione, la misura del canone è determinata dall’atto di concessione e, qualora l’utilizzazione di beni del demanio marittimo da parte del concessionario venga ad essere ristretta per effetto di preesistenti diritti di terzi, al concessionario non è dovuto alcun indennizzo, ma si fa luogo a un’adeguata riduzione del canone (art. 40 cod. nav.).
L’importanza del canone demaniale nel sinallagma concessorio emerge chiaramente dal fatto che il legislatore ricollega al suo mancato pagamento la più rilevante delle sanzioni, ovvero la decadenza dalla concessione demaniale. L’art. 47, co. 1, lett. d) cod. nav. prevede infatti la decadenza dalla concessione demaniale per omesso pagamento del canone per un numero di rate fissato, a questo effetto, dall’atto di concessione. Il mancato pagamento del canone concessorio include anche i casi di inesatto o parziale adempimento dello stesso.
Sul punto, la norma prevede un meccanismo di protezione contro situazioni ed ipotesi in cui la sanzione potrebbe concretamente essere sproporzionata, posto che l’art. 47, co. 1, lett. d), cod. nav. non disciplina un numero fisso di canoni il cui mancato pagamento determina la decadenza della concessione, ma rimette tale valutazione in ordine alla gravità dell’inadempimento all’Amministrazione e alla sua discrezionalità, in sede di provvedimento di concessione (come stabilito dal citato art. 39 cod. nav.): ne deriva che è in questa sede che l’Amministrazione può, mediante l’esercizio concreto della propria discrezionalità, adattare il paradigma normativo alla concreta struttura del rapporto (TAR Liguria, Sez. II, 17 luglio 2015, n. 686).
Ma quando si prescrive il diritto dell’AdSP al pagamento dei canoni demaniali arretrati e mai rivendicati? Detto altrimenti, qual è il limite temporale entro il quale l’Amministrazione può validamente esigere il pagamento del canone, eventualmente ricollegandovi la sanzione della decadenza dalla concessione?
Considerato che né il Codice della navigazione né la Legge n. 84 del 1994 (cd. Legge portuale) disciplinano la prescrizione da applicarsi alla riscossione dei canoni, si deve pertanto, in conformità all’art. 1 cod. nav., fare riferimento al codice civile.
A tale riguardo, la regola generale dettata dall’art. 2946 cod. civ. prevede la prescrizione ordinaria in dieci anni, che trova applicazione a fronte di concessioni annuali di demanio marittimo, rinnovate di anno in anno, poiché rispetto alle stesse non è dato ravvisare il carattere della periodicità dei canoni. “Il pagamento annuale, invero, va riferito a ciascuna specifica concessione, e queste si rilevano, nel contempo, pienamente autonome tra di loro, il che evidenzia che non risultano applicabili le regole sulla maturazione della prescrizione di cui all’art. 2948 c.c., assumendo rilevanza, più correttamente, le regole sulla prescrizione ordinaria di cui all’art. 2946 c.c.” (TAR Abruzzo, Sez. II, 25 febbraio 1999, n. 346).
D’altra parte, l’art. 2948 cod. civ. prevede alcune ipotesi di prescrizione breve. In particolare al punto 4) del citato articolo, si prevede la prescrizione in cinque anni per “gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”.
Al riguardo, la giurisprudenza di merito ha ritenuto applicabile “la prescrizione breve di cui all’art. 2948 n. 4 c.c., (…) nel caso in cui da un unico rapporto giuridico derivino obbligazioni con scadenza periodica non superiore ad un anno, e non riguarda, pertanto, il caso di autonomi atti di concessione amministrativa aventi durata annuale e ciascuno con un apposito canone da pagarsi in unica soluzione” (Corte appello Roma, Sez. I, 7 marzo 2011, n. 949).
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3162/2011, resa in un giudizio riguardante la concessione di acque pubbliche, ha chiarito che, trattandosi di una “prestazione periodica, il diritto al relativo pagamento è soggetto a prescrizione quinquennale ai sensi dell’art. 2948, n. 4 c.c., decorrente singolarmente da ogni scadenza del periodo di commisurazione del canone stesso”.
La stessa Suprema Corte ha infine escluso l’applicabilità alla riscossione del canone di concessione per l’uso di un bene demaniale della prescrizione triennale prevista per le tasse di concessione governativa (Cass. Civ., Sez. I, 16 dicembre 1981, n. 6651).
La risposta alla domanda che ci siamo posti è quindi la seguente: se la concessione ha validità pluriennale, il pagamento del canone demaniale relativo a ciascuna annualità si prescrive in cinque anni.
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