Cantiere aperto nelle banche per creare l’armonia europea “La sfida è non causare danni”
articolo tratto da La Repubblica – Affari & Finanza
PARLA ALESSANDRA STABILINI, RESPONSABILE DI SETTORE IN Nctm: “IRRINUNCIABILE UNIFORMARE LE NORMATIVE TRA GLI STATI MEMBRI MA SPESSO UN APPROCCIO UNICO A SITUAZIONI MOLTO DIVERSE PUÒ CREARE GROSSI PROBLEMI”
Milano Il cartello “lavori in corso” è affisso senza scadenza nel cantiere della normativa bancaria. Perché se è vero che negli ultimi anni sono stati fatti importanti passi in avanti per armonizzare a livello comunitario gli strumenti di risoluzione delle crisi, va comunque considerato che ogni situazione è diversa dalle altre. Un caso emblematico si è visto a proposito di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, situazione affrontata con una lettura flessibile delle norme europee per evitare che un eccessivo formalismo potesse provocare una crisi sistemica sul settore finanziario italiano. «In ambito europeo è partita la discussione sulle possibili modifiche alla direttiva Brrd, quella nota soprattutto per l’introduzione del bail-in come meccanismo di soluzione dei dissesti bancari, per evitare che a pagare siano sempre gli Stati e quindi in ultima analisi i contribuenti», racconta Alessandra Stabilini, responsabile dipartimento mercati finanziari di Nctm.
L’avvocato, che ha seguito numerosi dossier in questo settore nell’ambito degli ultimi mesi, indica l’ostacolo principale: «L’armonizzazione delle normative tra gli Stati membri dell’Ue è un obiettivo irrinunciabile, ma spesso un approccio univoco a situazioni molto diverse tra loro può risultare dannoso».
Da qui la necessità di cercare una chiave di volta diversa ogni volta, ma con il rischio di creare disparità all’interno della cornice comunitaria. L’esperta segnala poi un altro aspetto fin qui poco analizzato: «Molte crisi vengono risolte con l’acquisizione della banca in difficoltà da parte di un concorrente che ha i conti in ordine. Una situazione assolutamente normale, di mercato, che però produce una maggiore concentrazione dell’offerta, con il risultato di creare sempre più banche “troppo grandi per fallire”, con la conseguenza che, in caso di difficoltà, rischia di essere inevitabile una presa in carico, in un modo o nell’altro, da parte del soggetto pubblico». Intanto, nell’ultima riunione dell’Ecofin si è aperto alla possibilità di dar vita a bad bank a livello nazionale, in grado di intervenire in maniera meno penalizzante per le banche di quanto accade quando i crediti deteriorati vengono ceduti a prezzi di mercato. «Il ritorno a soluzioni di sistema consentirebbe di affrontare con minori ansie il problema della valorizzazione dei crediti deteriorati. Se infatti è pacifico che i bilanci debbano essere ripuliti, è altrettanto vero che la cessione ai prezzi che il mercato attualmente esprime rischiano di creare nuove, forti svalutazioni che imporrebbero nuovi interventi sul capitale».
Tornare a chiedere soldi ai soci, dopo i numerosi aumenti degli ultimi anni, è proibitivo, tranne nei casi più drammatici: «Una bad bank nazionale potrebbe consentire di vendere i crediti difficili da recuperare a valori superiori rispetto alla media di mercato, potendo attendere tempi più lunghi per rientrare dall’investimento». Il cantiere della normativa bancaria è sempre aperto anche nel contesto nazionale. Alcune riforme sono già state realizzate negli ultimi due anni, ma per vederne gli effetti concreti c’è bisogno di tempo. «Penso ad esempio alle nuove normative per velocizzare le tempistiche relative alle esecuzioni forzate – sottolinea l’avvocato – Ancora oggi in Italia chi ha la certezza del proprio diritto non può essere così sicuro di vedere soddisfatte le proprie ragioni di credito in tempi ragionevoli». La conseguenza è che il Paese perde competitività e fatica ad attirare investimenti dall’estero.