Rassegna Stampa
07/05/2021
Il Sole 24 Ore

Cina, screening sicurezza per gli investimenti stranieri

La Cina replica alla decisione europea di sospendere l’Accordo sugli investimenti. Wang Wenbin, portavoce degli Esteri, chiede all’Ue di «ridurre le barriere commerciali e non aggiungerne nuove».

Amaro epilogo di mesi di frizioni politiche, la Cina, in nome della difesa della sicurezza nazionale, abbandona sine die il dialogo economico con l’Australia. Congelati i reciproci piani di investimento, il cambiamento di rotta con Canberra diventa uno scomodo precedente sul fronte delle dinamiche bilaterali tra Pechino e resto del mondo.

Il 15esimo piano quinquennale enfatizza il ruolo degli investimenti esteri considerati di vitale importanza per il rinnovamento dell’economia.

Nel 2020 la Cina ha incentivato l’arrivo di risorse straniere riuscendo a sorpassare gli Usa con ben 163 miliardi di dollari (859 il totale mondo, dimezzato rispetto all’anno precedente), in cinque anni i programmi pilota della sola capitale ne hanno calamitati 86,6. Nel 2021, si replica: siamo già a 44,86 miliardi nel primo trimestre (+43,8%).

Il quadro globale, tuttavia, come dimostrano le sempre più turbolente relazioni tra Cina e Unione europea, si complica.

Che succederebbe se la seconda potenza economica mondiale per ripicca stringesse i controlli su questi enormi flussi diretti oltre la Muraglia?

Da gennaio Pechino ha un nuovo strumento rimasto, finora, in stand by: lo screening di tutti gli investimenti su tutto il territorio nazionale che devono passare al vaglio dei criteri sul loro impatto, attuale ma anche solo potenziale, sulla sicurezza nazionale. Se ne occupa un ufficio di verifica della sicurezza rispetto agli investimenti esteri istituito all’interno della Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme. La verifica, che ha tempi piuttosto rapidi, una volta conclusa, è definitiva. L’investimento incriminato può essere ammesso con riserva o bloccato, annullato o, addirittura, ceduto.

Il campo d’azione è allargato, in precedenza rientravano nello screening solo le ipotesi di Merger & Acquisition rivolte a target cinesi da parte di investitori esteri, oggi è ricompresa tutta la gamma degli investimenti esteri all’interno del territorio cinese, compresi gli investimenti greenfield, l’acquisizione di azioni o beni di una parte cinese e altre forme di investimento.

Cosa vuol dire, però, altre forme di investimento?

La formula è piuttosto vaga. «La legge non fornisce dettagli sulle “altre forme di investimento” – dicono Laura Formichella ed Enrico Toti dello studio Nctm -; se in particolare ci riferiamo alle zone pilota di libero scambio, la possibilità di operare un’analisi in funzione della sicurezza si estende a molteplici forme di investimento, incluse le operazioni che puntano a realizzare forme di controllo su target cinesi attraverso costruzioni di tipo contrattuale, trust, investimenti su più livelli, transazioni extraterritoriali. Qualsiasi acquisto di partecipazioni in imprese nazionali da parte di investitori esteri realizzato attraverso la borsa o altre piattaforme di scambio di titoli approvate dal Consiglio degli Affari di Stato può determinare l’applicazione della nuova disciplina, laddove l’acquisto abbia o possa avere un impatto sulla sicurezza nazionale».

Altra novità è che non si fa più differenza tra aziende a titolarità straniera e tutte le altre e che l’acquisizione potrebbe essere sia diretta sia indiretta. Perchè si concretizzi il pericolo per l’economia, è necessaria una partecipazione del 50 per cento. In caso di pericolo per la difesa si procede in maniera diretta indipendentemente dall’elemento societario. Inoltre i servizi rientrano a pieno titolo, dalla cultura, all’IT, a quelli finanziari, all’energia.

Man mano che la Cina ha aperto le porte a nuove opportunità di investimento nel settore dei servizi, per il Governo centrale sono aumentati anche i pericoli .

L’esistenza di un meccanismo ad hoc, infine, spiega come mai il negoziato sulla difesa dei reciproci investimenti sia stato comunque tenuto al di fuori dell’accordo di principio sul Comprehensive agreement on investment con l’Europa finito nella bufera.

 

Tratto da Il Sole 24 Ore

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