Oic e derivazione rafforzata,il comportamento deve essere coerente
Tratto da il Quotidiano del Fisco – il Sole 24 Ore
Nel conteggio delle imposte relative al 2017 le società Oic adopter, che già dal 2016 applicano il principio di derivazione rafforzata, dovrebbero ora tener conto anche delle indicazioni contenute nel Dm 3 agosto 2017. Con riferimento al 2016, invece, comportamenti fiscali non coerenti con le previsioni contenute nel Dm, grazie alla clausola di salvaguardia potrebbero non avere conseguenze per il contribuente.
La decorrenza delle previsioni contenute nel decreto
Secondo quanto stabilito dal combinato disposto degli articoli 1 e 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 («Statuto dei diritti del contribuente»), le norme del Dm in esame non pare possano avere altra decorrenza se non quella del «periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore» del medesimo provvedimento in cui sono contenute ovvero il 2018 per i soggetti aventi la durata dell’esercizio coincidente con l’anno solare, quantomeno, per le norme che recano un aggravio impositivo per il contribuente.
Tuttavia, secondo la ricostruzione contenuta nel recente documento del Cndcec «La fiscalità delle imprese Oic adopter», ferma restando la fondatezza giuridica della tesi «decorrenza 2018», la «Clausola di salvaguardia per comportamenti non coerenti» contenuta nel Dm svelerebbe l’intenzione del ministero dell’Economia e delle finanze di ipotizzare una qualche efficacia delle varie disposizioni in esso contenute anche nell’anno di entrata in vigore del Dm stesso (2017) e, in taluni casi, anche in quelli precedenti.
La clausola di salvaguardia
L’articolo 3 del Dm 3 agosto 2017, prevede, infatti, che con riferimento ai periodi di imposta precedenti al 2017, per i quali i termini per il versamento a saldo delle imposte dirette sono scaduti prima dell’11 agosto 2017, sono fatti salvi gli effetti sulla determinazione della base imponibile generati dall’applicazione delle norme fiscali, ai fini Ires e Irap, anche non coerenti con le disposizioni del medesimo Dm.
Comportamenti non coerenti
Premesso che con riferimento alla decorrenza del Dm del 3 agosto 2017 valgono le considerazioni sopra riportate, vediamo come opera la clausola di salvaguardia in relazione ai comportamenti non conformi con riferimento al caso di un contribuente che, in applicazione del principio di derivazione rafforzata, nel periodo d’imposta 2016 abbia dedotto gli interessi passivi figurativi contabilizzati a seguito della stipula di un finanziamento infruttifero con la società controllante salvo poi verificare che il Dm ne ha invece sancito l’irrilevanza (mediante l’introduzione nell’articolo 5 del decreto ministeriale 8 giugno 2011, del comma 4-bis).
Nel caso in esame, l’ambito oggettivo della clausola di salvaguardia sembra consentire di far salvo da contestazioni il contribuente che ha adottato un comportamento non coerente con il Dm (ma coerente con le norme precedentemente in vigore), anche se in forza di tale comportamento si è determinata una base imponibile inferiore e la clausola è stata attivata solo con riferimento a una previsione del Dm (ma non a tutte).
La coerenza di comportamento
Secondo le indicazioni contenute nel documento del Cndcec, per una corretta attivazione della clausola di salvaguardia, una certa coerenza di comportamento nell’applicazione (o nella disapplicazione) di una specifica previsione del Dm deve essere rispettata. Tornando all’esempio del contribuente che, avendo concesso un finanziamento infruttifero ad una propria controllata non abbia tassato gli interessi attivi figurativi derivanti dall’applicazione del costo ammortizzato, si ritiene che lo stesso non possa al contempo invocare la clausola di salvaguardia per non applicare la medesima previsione agli interessi passivi figurativi derivanti dall’applicazione del costo ammortizzato al finanziamento infruttifero infragruppo ricevuto dal medesimo.