Robot e proprietà intellettuale, ora servono le leggi
articolo tratto da L’Economia – Corriere della Sera
Robot che scrivono articoli al posto di giornalisti o che incidono album pop come fossero rockstar. Opere d’arte generate da network neuronali o software che compongono poesie. I nuovi sistemi basati su cognitive computing ed intelligenza artificiale (IA), alla base anche dell’industria 4.0, considerano un umanoide una persona elettronica a tutti gli effetti in grado di creare opere d’ingegno. Ma, in quanto tali, che status giuridico devono avere?
Gli androidi vanno immatricolati, assicurati, ma cosa importante chi ne tutela la proprietà intellettuale, e per quanto tempo? «Il nostro ordinamento, che prevede per la tutela del diritto d’autore una legge del 1941 che fa molta fatica a stare al passo di queste continue trasformazioni tecnologiche, non ne fa minimamente cenno», riflette Lorenzo Attolico, partner e responsabile del Dipartimento Proprietà intellettuale dello studio legale Nctm. Anche nell’industria 4.0 quindi c’è un vuoto normativo, che auspicabilmente verrà colmato dopo le recenti raccomandazioni del parlamento europeo.
Lo scorso febbraio, il Parlamento Ue ha votato per chiedere nuove regole per l’automazione, in particolare in materia di occupazione, politiche fiscali, previdenza e tutela dell’ingegno. In pratica, alla commissione si chiede di applicare norme di diritto d’autore al mondo della IA. «Tra i paesi che per ora hanno affrontato giuridicamente la questione ci sono: Stati Uniti, Inghilterra e Giappone. I primi due di fatto escludono che un robot possa creare opere d’ingegno protette dalla legge sul diritto d’autore, mentre in Giappone (molto avanti come anche Corea del Sud e Cina, ndr ) chi è titolare del brevetto di una macchina è anche titolare di tutto quello che la macchina crea» aggiunge il legale.
Quello che invece, per l’avvocato, è importante è chi percepisce i proventi derivanti dall’opera. «Nella futura regolamentazione italiana, allo scopo di determinare chi è il titolare dei diritti su di un’opera creata da un’intelligenza artificiale e nel contempo responsabile nei confronti dei terzi, a mio avviso, non si dovrà tener conto di chi ha creato l’opera stessa, ma solo di chi beneficia dei proventi derivanti dallo sfruttamento».
Esempio. Se uso un robot per creare un libro e incasso soldi, devo essere io il titolare di quei diritti e se qualcosa va storto ne rispondo in prima persona. «In altre parole – secondo Attolico – colui che è il titolare dei diritti di utilizzazione economica di un’opera creata da una intelligenza artificiale sarà, però, anche il responsabile per eventuali danni recati a terzi (come il plagio). Su queste opere, peraltro, non sarà possibile riconoscere un diritto morale».