Uomini e macchine, la via italiana all’industria 4.0
Una ricerca e un volume raccontano come si può cavalcare la rivoluzione tecnologica senza sacrificare posti di lavoro. Ci siamo fatti dire di più da Michele Bignami, partner di Nctm, studio legale che ha supportato il progetto.
L’industria 4.0 è realtà anche in Italia. Da Nord a Sud, nelle imprese del Belpaese le macchine stanno trasformando profondamente processi produttivi e modalità lavoro, con un impatto a volte dirompente sui lavoratori. Un rapporto delicato tra uomini e macchine che, nonostante le stime più pessimistiche descrivano un futuro dove le macchine lasceranno sul terreno milioni di disoccupati, oggi assistiamo allo sviluppo di una “via italiana” all’industria 4.0. Un fenomeno fotografato da una recente ricerca del Politecnico di Torino, i cui risultati sono confluiti nel volume “Il lavoro che serve”, di Annalisa Magone e Tatiana Mazali. Quale sia il lavoro di cui c’è ancora bisogno, lo svela il libro già nel sottotitolo: il lavoro dove è essenziale l’apporto umano, quello che le macchine potranno trasformare e non eliminare.
«Il fattore umano non potrà scomparire. La visione di un futuro regolato e scandito solo da algoritmi capaci di gestire ogni situazione appartiene più al regno della fantascienza che a quanto si realizzerà nel prossimo futuro. E dopotutto anche gli algoritmi, in fondo, sono opere dell’uomo», commenta a caldo Michele Bignami, partner e responsabile del Dipartimento di Diritto del lavoro e delle Relazioni Industriali di Nctm Studio Legale, tra coloro che hanno sostenuto la ricerca.