L’art. 577 del codice della navigazione italiano ha generato interesse e critiche in dottrina e giurisprudenza a causa della sua scarna formulazione: “i diritti derivanti dalla concessione di ipoteca si prescrivono con il decorso di due anni dalla scadenza dell’obbligazione”. Cerchiamo di fare chiarezza in relazione ai problemi interpretativi generati da tale formulazione.
Prima di analizzare tali questioni giova far notare la differenza tra la disciplina dell’art.577 Cod. Nav. in relazione all’ipoteca navale e la disciplina generale italiana in materia di ipoteche. Infatti, la disciplina generale contenuta nel nostro codice civile in relazione alla prescrizione dell’ipoteca stabilisce, agli artt. 2847 e 2878 c.c., che “l’iscrizione conserva il suo effetto per venti anni dalla sua data” e “l’ipoteca si estingue con la mancata rinnovazione dell’iscrizione entro i 20 anni”.
Emerge subito la differenza di disciplina tra quella generale, che parla di effetto ventennale dell’iscrizione, rispetto alla disciplina nel codice della navigazione che si riferisce invece alla prescri-zione biennale dei diritti derivanti dalla concessione di ipoteca.
Passando poi ad analizzare i problemi interpretativi della disciplina dell’art. 577 Cod. Nav., la regola che si ricava da tale articolo è la seguente: nel momento in cui scade l’obbligazione, decorrono i due anni entro i quali i diritti derivanti dall’ipoteca devono essere fatti valere, in particolare il diritto di prelazione sul ricavato della vendita della nave. Quindi il creditore deve far valere tali diritti entro due anni dalla scadenza dell’obbligazione.
La prima questione che si trova ad affrontare l’interprete concerne il motivo per cui il legislatore ab-bia usato l’espressione “diritti derivanti dalla concessione di ipoteca”, che è terminologicamente di-versa dall’espressione usata nel codice civile per la disciplina generale, la quale parla di prescrizione dell’ipoteca e non dei diritti derivanti. La spiegazione di tale inciso, come il motivo per cui è stato pre-visto questo breve lasso di tempo di due anni, è da rintracciarsi nel fatto che la nave è un bene mobile registrato soggetto a rapido deterioramento e svalutazione. Inoltre la sua circolazione (intesa an-che come facilità di vendita della nave sul mercato) richiede sempre certezza dei rapporti giuridici nel momento in cui la nave viene venduta.
Tuttavia tale norma pone un altro problema interpretativo in relazione al momento in cui decorre la prescrizione, cioè quando deve considerarsi scaduta l’obbligazione principale. La scadenza dovrebbe coincidere con il momento in cui il diritto può essere fatto valere.
Così, in operazioni di finanziamento navale, come nelle altre operazioni di finanziamento in generale, la scadenza dell’obbligazione viene solitamente considerata come la scadenza finale del rimborso del finanziamento. A tal riguardo giova far notare che il piano di rimborso del finanziamento viene repli-cato nell’atto di concessione di ipoteca sulla nave o nella dichiarazione di erogazione e quietanza e poi trascritto/annotato nel registro presso cui la nave è iscritta unitamente all’atto in cui è contenuto il piano di rimborso (come detto prima, atto di ipoteca o dichiarazione di erogazione e quietanza). Es-sendo però la scadenza del finanziamento suscettibile di essere anticipata per eventuali inadempi-menti del debitore, ci si è chiesti se tale scadenza debba intendersi come quella originaria e finale prevista nel piano di rimborso e trascritta nel registro navale, oppure anche una scadenza anticipata in virtù, ad esempio, della scadenza delle singole rate del finanziamento o della risoluzione anticipata del contratto di finanziamento, che non siano state trascritte nel registro navale. La dottrina al ri-guardo è divisa, mentre la giurisprudenza ha sempre optato per la scadenza finale dell’obbligazione riportata nel registro.
Per esempio, ci risulta che in una recente vicenda [1], una società di navigazione, poi fallita, avesse stipulato - prima del fallimento - un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis della legge fal-limentare, poi omologato dal tribunale competente come previsto dallo stesso art. 182-bis e trascrit-to nel registro con riferimento alle singole ipoteche sulle navi. Tale accordo di ristrutturazione avrebbe previsto pertanto un termine finale, ma lo stesso accordo sarebbe stato successivamente risolto dalle banche creditrici a seguito di inadempimenti della società fallita che avrebbero poi porta-to al suo fallimento.
Nell’ambito della procedura fallimentare ed in particolare durante l’esame dello stato passivo, il cu-ratore avrebbe eccepito che, avendo la società stipulato un accordo di ristrutturazione dei debiti ex 182-bis, le banche coinvolte in tale accordo e titolari di ipoteca sulle navi della società avevano risolto l’accordo stesso determinando l’esigibilità del credito e, quindi, la scadenza dell’obbligazione. Per-tanto il curatore avrebbe sostenuto che, quando i diritti derivanti dalle ipoteche erano stati fatti vale-re nell’ambito della procedura fallimentare, i due anni dalla scadenza dell’obbligazione così considerata erano già decorsi.
Il giudice delegato si sarebbe quindi trovato a decidere se riconoscere in capo alle banche creditrici ipotecarie il diritto di prelazione (a giudizio del curatore i diritti ipotecari erano scaduti) oppure am-mettere tutti i crediti al passivo senza prelazione, ossia come creditori chirografari, con conseguenze molto rilevanti in tema di distribuzione del ricavato della vendita delle navi. Qualora infatti il giudice avesse optato per la seconda soluzione, le banche - nella distribuzione del ricavato - si sarebbero trovate a partecipare con lo stesso grado di qualsiasi altro creditore.
Il giudice avrebbe però deciso che la scadenza dell’obbligazione doveva essere invero riferita non alla data di risoluzione dell’accordo di ristrutturazione, ma alla scadenza originaria, quella cioè riportata nel registro navale.
La pronuncia del giudice delegato nella summenzionata procedura fallimentare parrebbe aver risolto la questione, ma i problemi interpretativi rimangono in quanto la formulazione dell’art. 577 è mol-to vaga e si presta quindi a possibili dubbi ed interrogativi
In questo senso, un ulteriore punto da menzionare riguarda gli atti interruttivi della prescrizione, che dovrebbero portare il termine biennale suddetto a decorrere ex novo. A questo riguardo, la dottrina ritiene che non sia sufficiente una semplice messa in mora del debitore, ma occorra un atto di ricono-scimento del debitore stesso in relazione all’ipoteca da stipulare per atto pubblico o scrittura privata autenticata da trascrivere nel registro navale.
Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parere professionale.
Per ulteriori informazioni contattare Emanuele Caretti.
[1]Conclusasi con una sentenza che, allo stato, parrebbe non essere ancora stata pubblicata.