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    13.12.2018

    “Bussate e vi sarà aperto” (?), ovvero del pilotaggio portuale alla prova della concorrenza, tra scelta del concessionario, autoproduzione e tariffe


    Procediamo con il nostro approfondimento sul servizio di pilotaggio che, come noto, si inquadra tra i cd. servizi tecnico-nautici disciplinati dall’art. 14 della l. n. 84/94, che li individua come servizi di inte-resse generale.

     

    Secondo l’AGCM (nota 5415/1997) anche se il servizio di pilotaggio contribuisce direttamente al con-seguimento di livelli elevati di sicurezza nella navigazione, tale funzione non può giustificare “una aprioristica limitazione del numero degli operatori”. Occorre quindi giungere ad un soddisfacente equilibrio tra grado di apertura del servizio alla concorrenza ed esigenze di safety della navigazione.

     

    A tale scopo, i profili sui quali si potrebbe intervenire parrebbero essere innanzitutto i seguenti: (i) le procedure di scelta del concessionario; (ii) l’implementazione del diritto all’autoproduzione; (iii) i meccanismi di formazione delle tariffe.

     

    (i) Per quanto riguarda la scelta del concessionario, l’osservazione del contesto attuale eviden-zia una singolare – ma non casuale – stabilizzazione delle concessioni, di talché, nei porti principali, il concessionario, in buona sostanza, “eredita” la concessione da sé medesimo, con il risultato che le imprese di pilotaggio parrebbero non conoscere alcun turn-over. L’assenza di turn-over incide non so-lo sulla competizione per il mercato, ma anche sulla determinazione dei costi secondo le normali di-namiche di un contesto competitivo.

     

    La cristallizzazione dell’operatore in un determinato contesto appiattisce il livello dei servizi su quelli tradizionalmente offerti dallo stesso operatore e non innesca alcun processo di competizione sul prezzo, andando quindi a incidere, in maniera automatica e tralatizia, sull’utenza portuale cagionan-do gravi ripercussioni sul costo del trasporto.

     

    Inoltre, un costo ingiustificatamente elevato dei servizi portuali, favorito da un assetto monopolistico, potrebbe favorire uno spostamento del traffico dal trasporto marittimo verso altre modalità, carat-terizzate da esternalità negative in termini ambientali e di sicurezza.

     

    Sul punto sarà interessante verificare gli esiti della prossima indagine promossa dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) in merito alle condizioni di resa del servizio di pilotaggio nei porti nazionali, per capire se vi siano tendenze evolutive in atto.

     

    (ii) Con riferimento all’autoproduzione del servizio, l’Italia e la Grecia sono rimaste le ultime na-zioni europee di una certa importanza per il mercato dei trasporti marittimi a non aver ancora adot-tato il cosiddetto Pilotage Exemption Certificates (PEC). Il PEC abilita la manovra di entrata e/o uscita dal porto senza il ricorso del pilota a bordo, qualora il comandante della nave abbia effettuato un cer-to numero di accosti in quel porto con il pilota a bordo, circostanza che ne presuppone quindi una fa-miliarità tale da rendere possibile la manovra senza il diretto ausilio del pilota; a tal fine viene pertan-to rilasciato un certificato al comandante che rende possibile la riduzione dei costi per tale servizio.

     

    L’ipotesi alternativa – pur con risultati inferiori per l’utenza in termini di riduzione effettiva dei costi – è rappresentata dal ricorso al servizio di pilotaggio a mezzo VHF. A tale riguardo si sono registrate finora delle resistenze da parte delle corporazioni dei piloti verso l’implementare del servizio a mez-zo del VHF, motivate con la pretesa assenza di un’adeguata visibilità del teatro operativo da parte del pilota; da ciò deriverebbe l’impossibilità del ricorso al servizio a mezzo del VHF.

     

    Nel merito occorre distinguere le ipotesi in cui la mancanza di visibilità sia determinata da ragioni og-gettive ed insuperabili (ad esempio avverse condizioni meteo) dalla situazione in cui la lamentata ca-renza sia il risultato di una inefficienza costituita dalla mancanza di una postazione di osservazione su di un punto elevato in prossimità del porto. Sulla questione è stata prospettata un’indagine da parte del Ministero competente sul servizio di pilotaggio dei vari porti nazionali, onde poter considerare – caso per caso – la fattibilità operativa del servizio di pilotaggio a mezzo del VHF, auspicando che ciò possa dare quegli spunti necessari per una significativa estensione di tale modalità di resa del servi-zio, così da soddisfare l’esigenza dell’oggettiva riduzione dei costi e del mantenimento dei necessari standard di sicurezza operativa.

     

    Al contempo, non si può prescindere dal considerare che l’autoproduzione dei servizi tecnico-nautici potrebbe comportare problemi per l’equilibrio economico dei soggetti che svolgono tale attività in via principale e sostengono oneri di servizio universale: in effetti, qualora un’impresa armatoriale o terminalista decidesse di produrre per conto proprio uno o più di tali servizi, di fatto sottrarrebbe reddito all'impresa esercente il servizio universale, senza tuttavia sopportare i costi fissi relativi all’obbligo di una presenza costante. Occorre quindi ponderare con attenzione le diverse posizioni in gioco.

     

    (iii) Rispetto poi al fondamentale tema della formazione della tariffa per il servizio di pilotaggio, la Legge (art. 14, comma 1 bis della l. n. 84/94) prevede che per Decreto del MIT vengano stabiliti (a) l’obbligatorietà del servizio di pilotaggio, nonché (b) i criteri ed i meccanismi di formazione delle tariffe dei servizi di pilotaggio, rimorchio, ormeggio e battellaggio, sulla base di una istruttoria con-dotta congiuntamente dal Comando generale del Corpo delle Capitanerie di Porto e dalle rappresen-tanze unitarie delle Autorità di Sistema Portuale, dei soggetti erogatori dei servizi e dell’utenza por-tuale; d’altra parte, la concertazione tra i fornitori dei servizi e l’utenza armatoriale, riuniti nella stessa associazione di categoria ha di fatto rallentato il dibattito sui temi evidenziati oltre vent’anni fa dalla AGCM e sinora mai risolti.

     

    Sul tema l’AGCM ha avuto modo di affermare che la concertazione delle associazioni imprenditoriali degli utenti del servizio appare, oltre che inefficace, quantomeno discutibile sotto il profilo concor-renziale: fino ad oggi, infatti, non è stata assicurata la rappresentanza di tutte le imprese potenziali utilizzatrici del servizio con una violazione del principio della rappresentatività.

     

    In merito, da oltre 25 anni, la Corte Europea – già con sentenza del 1995 – ha espressamente stabili-to che le tariffe relative ai servizi tecnico nautici debbono essere strutturate in modo tale da consen-tire agli utenti la possibilità di verificare l’incidenza delle singole voci di costo e, quindi, dei singoli ser-vizi resi, sul prezzo complessivo della prestazione.

     

    I criteri tariffari per il prossimo biennio dovrebbero pertanto essere definiti nel rispetto dei ricordati principi per una corretta, leale e trasparente determinazione della tariffa, che disincentivi le ineffi-cienze e consenta il mantenimento della sicurezza della navigazione e dei ragionevoli margini di pro-fitto che spettano alla concessionaria.

     

    Si tratta di problematiche molto rilevanti, che impattano sull’efficienza del servizio e sull’economicità dello stesso. Sotto questo ultimo aspetto, poi, la frammentarietà della presenza delle corporazioni sul territorio nazionale costituisce di per sé fonte di diseconomie che aggravano le condizioni di forni-tura del servizio al mercato.

     

    Infatti, in alcuni contesti locali, connotati dalla scarsità di traffico marittimo regolare, la locale corpo-razione (o, in assenza della stessa, il pratico di porto) non ha oggettivamente la possibilità di compen-sare i costi per il mantenimento del servizio con quanto ricava dalle imprese di navigazione che frui-scono del servizio. Queste realtà sono spesso contigue ad altre dove, al contrario, la locale corpora-zione può contare sulla presenza di traffici regolari che consentono ampiamente la copertura dei co-sti del servizio. Pertanto, l’accorpamento, in casi come quelli sopra ricordati, delle realtà contigue ma tuttavia caratterizzate da ben distinte condizioni di esercizio, consentirebbe agevolmente di spalmare i costi del servizio universale in modo più equo ed utile per comprimere il costo del traspor-to a beneficio non solo delle imprese di navigazioni ma di tutta l’utenza portuale.

     

    Sarà quindi interessante verificare le conclusioni alle quali perverrà la prossima indagine promossa dal MIT, anche per giungere all’accorpamento di realtà locali e, più in generale, per continuare sulla strada dell’incremento di efficienza del servizio all’insegna della concorrenza, considerato che “il mercato non aspetta”.

     

     

     

     

     

     

     

    Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parere professionale.

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