I porti in Italia sono esenti dal pagamento dell’imposta sul reddito delle società (IRES). La medesima situazione si riscontra nella regione dei Paesi Baschi, in Spagna, dove i porti sono completamente esenti dal versamento delle imposte sul reddito societario. Nel resto del territorio spagnolo invece, i porti sono esenti da tassazione in relazione alle loro principali fonti di reddito – ad esempio le tasse portuali, i corrispettivi dei contratti di locazione o le concessioni. Questo sistema di esenzione selettiva dall’obbligo di effettuare pagamenti, quali il versamento dovuto a fini fiscali, può essere equipara-to in termini giuridici alla ricezione di aiuti di Stato.
La Commissione europea, organo competente rispetto al controllo delle sovvenzioni statali alle im-prese che operano nel territorio nazionale degli Stati membri, ritiene che questo regime di esenzione fiscale comporti un vantaggio competitivo per i porti qualora le attività da loro condotte possano es-sere considerate “commerciali”. Il controllo del traffico marittimo ovvero la sicurezza della navigazione o la protezione dall’inquinamento non possono ovviamente essere considerate attività di natura commerciale.
La Commissione ritiene che tale esenzione fiscale sul reddito derivante da attività commerciali sia selettiva e possa essere considerata un aiuto di Stato, ma la normativa europea in materia di aiuti di Stato non parrebbe applicabile a tale fattispecie.
Ad aprile del 2018, la Commissione ha comunicato a Italia e Spagna la propria preoccupazione circa la possibilità che queste esenzioni fiscali potessero essere considerate aiuti di Stato verso i porti ita-liani e spagnoli. In data 8 gennaio 2019, la Commissione ha annunciato di aver emesso una decisione preliminare in cui l’esenzione fiscale selettiva (in quanto non applicabile a tutte le imprese italiane e spagnole) è considerata de facto una forma di aiuto di Stato. Su tale base, i due paesi sono stati invi-tati a modificare il proprio regime fiscale entro l’1 gennaio 2020 al fine di rimuovere l’esenzione. Questa circostanza si inserisce nel contesto di identiche richieste in precedenza indirizzate ai governi di Belgio, Francia e Paesi Bassi. La Commissione è tuttora impegnata ad esaminare la situazione an-che in altri Stati membri.
Se Italia e Spagna non provvederanno a modificare il proprio regime fiscale secondo le indicazioni della Commissione, quest’ultima potrà attivarsi per aprire un’investigazione approfondita e, una vol-ta conclusa anche questa fase, potrà ordinare ai suddetti Paesi di conformarsi alle proprie indicazioni.
L’esenzione concessa ai porti è parte di un regime fiscale preesistente alla formazione dell’Unione e quindi, ai sensi della normativa comunitaria in materia, è configurato come “aiuto esistente”. Diver-samente rispetto a quanto previsto per le altre tipologie di aiuti di Stato, i destinatari di aiuti esistenti non sono obbligati a restituire allo Stato le somme ricevute. Dunque, il mutamento della situazione che concerne i porti italiani e spagnoli non intaccherebbe quanto avvenuto nel passato, ma si proietta nel futuro. Il contesto attuale è destinato a cambiare qualora la Commissione verifichi in maniera definitiva che l’esenzione fiscale concessa ai porti italiani e spagnoli rappresenta de facto un aiuto di Stato.
Nella comunicazione, la Commissione ha precisato che la decisione assunta non comporta l’impossibilità che i porti non possano più essere destinatari di aiuti di Stato in futuro. Il comunicato stampa afferma:
Eliminare i vantaggi fiscali ingiustificati non significa che i porti non possano più ricevere contributi statali. Gli Stati membri hanno numerose possibilità di sostenere i porti rispettando le norme UE in mate-ria di aiuti di Stato, ad esempio conseguendo gli obiettivi europei in materia di trasporti o realizzando i necessari investimenti infrastrutturali che non sarebbero possibili senza l’intervento pubblico. A questo proposito nel maggio 2017 la Commissione ha semplificato le regole che disciplinano gli investimenti pubblici nei porti. Dopo che la Commissione ha esteso il regolamento generale di esenzione per cate-goria agli investimenti non problematici nei porti, gli Stati membri possono ora investire fino a 150 mi-lioni di euro nei porti marittimi e fino a 50 milioni di euro nei porti interni nella piena certezza giuridica e senza previo controllo della Commissione. Il regolamento autorizza ad esempio le autorità pubbliche a coprire le spese di dragaggio dei porti e delle relative vie di accesso. Inoltre, le norme UE consentono agli Stati membri di compensare i porti per i costi sostenuti nello svolgimento di compiti di servizio pubblico (servizi di interesse pubblico generale).
Non sappiamo quali saranno le future mosse dell’Italia, della Spagna e degli altri Stati membri. È chiaro fin d’ora che il modello di business dei porti è destinato a cambiare. È possibile che gli Stati membri sostengano che tutti i paesi dell’Unione concedono simili vantaggi fiscali e quindi la competi-zione tra di essi non risulta alterata. Tale argomentazione può essere ragionevole, però non tiene conto che queste esenzioni si differenziano da Stato a Stato e che tali differenze possono creare dei vantaggi competitivi.
È chiaro che i porti dovranno affrontare queste problematiche con i rispettivi governi nazionali e dovranno essere coinvolti nell’attuazione delle riforme, radicali o superficiali che siano, che seguiranno a questa iniziativa della Commissione.
L’Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA) con sede a Lisbona nonché membro della rete di agenzie comunitarie relative ai principali settori commerciali (farmaci, prodotti chimici, trasporti ecc.) ha pubblicizzato un evento di formazione svoltosi ad ottobre del 2018 che evidenzia una mag-giore e ravvicinata cooperazione tra gli armatori e l’agenzia. L’EMSA ha organizzato un evento for-mativo della durata di due giorni concernente le disposizioni della Direttiva (UE) 2016/802 relativa al-la riduzione della componente solforosa di certi carburanti liquidi. All’interno dei lavori, l’EMSA ha organizzato una visita a bordo della MSC Seaview che ha attraccato per la prima volta nel porto di Lisbona.
L’obiettivo della visita è stato quello di fornire una preparazione sul campo ai 30 ispettori provenienti dagli Stati membri, dalla Norvegia e dal Canada attraverso la simulazione di una ispezione della conformità della nave rispetto a quanto stabilito dalla Direttiva UE sullo zolfo. Gli ispettori hanno avuto l’opportunità di esaminare la documentazione richiesta, il sistema di alimentazione ed un campione di carburante. Inoltre, è stata effettuata una dimostrazione del sistema di depurazione dei gas di scarico. L’EMSA ha ringraziato MSC per il suo supporto e la disponibilità nel predisporre l’attività di practical training ed è fiduciosa nel proseguimento della collaborazione.
La Commissione Europea ha comunicato all’Organizzazione Mondiale del Commercio (“WTO”), nei primi di gennaio 2019, che intende rendere definitive le misure provvisorie che impongono un dazio del 25% per l’importazione nell’Unione di 26 diverse tipologie di acciaio. Tali oneri doganali si appli-cano quando il livello esistente di flussi commerciali relativi agli scambi con ciascun Paese esportatore viene superato. A metà gennaio gli Stati membri saranno chiamati a votare per confermare la posi-zione assunta dall’Unione e le misure definitive troveranno applicazione probabilmente dai primi di febbraio. Le misure provvisorie, che differiscono in minima parte da quelle definitive, sono state ap-plicate dal mese di luglio 2018 e decadranno il 4 febbraio.
Tali misure si applicheranno a tutte le importazioni verso l’UE e troveranno applicazione a fianco del-le misure di anti-dumping e anti-sovvenzioni su un numero di specifiche tipologie di acciaio provenienti da un numero limitato di paesi.
A seguito della decisione degli Stati Uniti di bloccare le nomine dei giudici della corte principale del WTO, ostacolando il funzionamento dell’istituzione, l’Unione Europea ha predisposto una proposta ambiziosa per modernizzare il funzionamento del WTO non solo dal punto di vista giurisdizionale, ma anche del miglioramento delle regole commerciali. Il sistema del WTO non ha ricevuto modifiche so-stanziali dalla sua costituzione nel 1995 (Accordo di Marrakesh di Aprile 1994) e secondo numerosi membri dell’organizzazione le regole vigenti non riflettono la realtà economica mondiale attuale. L’Unione Europea è stata trasparente nella sua ambizione di predisporre un ampio programma di riforme e ha annunciato che depositerà presso il WTO diversi lavori nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
L’Unione Europea, contestualmente, continua a promuovere il proprio desiderio di stipulare il prima possibile accordi commerciali bilaterali o multilaterali, vista la tensione nelle negoziazioni commerciali all’interno del WTO. Al termine del 2018 l’Unione Europea ha annunciato un vasto Economic Partnership Agreement con il Giappone che sarà efficace dal 1 febbraio 2019. Come per quello con il Canada (CETA), l’accordo commerciale con il Giappone mira ad eliminare tutti i rimanenti dazi commerciali ed a rimuovere gli ostacoli per l’accesso al mercato causati da standard domestici. Con questi accordi, l’Unione Europea ambisce alla creazione di un nuovo standard per futuri accordi commerciali multilaterali.
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