Con una recente sentenza[1], la Corte di Cassazione ha fornito un’interessante interpretazione di una clausola di classificazione soggetta alla legge inglese, ma inserita in un contratto assicurativo interamente regolato, per il resto, dalla legge italiana.
Nel caso in esame, una spedizione di tubi metallici trasportata via mare era andata totalmente perduta a causa del naufragio della nave.
A fronte della richiesta di indennizzo avanzata dall’Assicurata, gli Assicuratori avevano rigettato il reclamo ritenendo non operante la garanzia a causa del mancato rispetto della clausola di classificazione prevista dal contratto.
Tale clausola prevedeva testualmente quanto segue: «La presente copertura assicurativa ed i tassi di premio per i trasporti marittimi stabiliti in polizza sono validi soltanto per le merci e/o altri beni trasportati con navi in acciaio a propulsione meccanica propria classificate da una Società di Classificazione che sia un membro effettivo o associato dell’International Association of Classification Societies (IACS)».
La peculiarità del caso risiedeva nel fatto che, pur essendo il contratto interamente regolato dalla legge italiana, le parti avevano previso, con esclusivo riferimento alla clausola sopra riportata, l’applicazione della legge inglese.
Al riguardo, la Suprema Corte ha in primo luogo richiamato il principio in base al quale una clausola soggetta alla legge di un ordinamento straniero deve essere interpretata ed applicata secondo i criteri interpretativi, le norme e gli istituti propri di quell’ordinamento.
Nel caso di specie, quindi, la clausola di classificazione inserita nel contratto doveva essere interpretata ed applicata in base al diritto ed alla prassi inglese.
La Corte di Cassazione, di conseguenza, ha interpretato tale clausola come una promissory warranty, vale a dire come una clausola delimitativa dell’oggetto del contratto.
In base al diritto inglese, infatti, le promissory warranties rappresentano degli impegni che l’assicurato assume ed in forza dei quali vengono definiti l’oggetto del contratto ed il rischio assicurato.
La particolarità di questo istituto è data dal fatto che, in caso di violazione della warranty, viene meno l’operatività della garanzia a prescindere da qualsiasi collegamento causale tra l’inadempimento dell’assicurato (rispetto alla warranty) ed il verificarsi del sinistro.
Nel caso in esame la nave risultava iscritta al registro di Classe croato (membro IACS). Tale circostanza, a parere dell’Assicurata, era sufficiente a ritenere rispettata la clausola di classificazione.
I giudici, tuttavia, confermando la sentenza d’appello, hanno stabilito che il rinvio alla classificazione debba essere inteso quale rinvio al contenuto della classificazione, vale a dire ai limiti operativi concretamente imposti dalla classe.
Nel caso in questione, il registro croato aveva imposto severe restrizioni alla navigazione (tra le quali il divieto di navigare con condizioni di mare superiori a forza 4). Ad avviso della Corte di Cassazione, tali restrizioni dovevano intendersi richiamate in polizza in virtù della clausola di classificazione.
Ebbene, posto che il naufragio della nave era avvenuto con condizioni di mare pari a forza 10, le restrizioni di cui sopra erano state ampiamente violate, con conseguente breach of warranty ed inevitabile inoperatività della copertura assicurativa, a prescindere, come detto, da qualsiasi indagine in merito ad un eventuale rapporto di causalità tra la violazione della restrizione imposta dalla classe ed il verificarsi del sinistro.
Questa sentenza risulta particolarmente interessante per due ragioni:
da un lato, ci ricorda come sottoporre un contratto od una clausola alla legge di un ordinamento straniero significhi vincolarsi anche ai criteri interpretativi ed agli istituti di quell’ordinamento,
dall’altro fornisce un’interpretazione della clausola di classificazione decisamente significativa, che gli operatori faranno bene a tenere in considerazione onde evitare spiacevoli sorprese anche a livello assicurativo.
[1] Cass., 5 dicembre 2014, n. 25735, in Giustizia Civile, Massimario 2014.