“Il trasporto aereo collega le persone e crea benessere e posti di lavoro in tutto il mondo, ma ha anche un impatto sull'ambiente. Per questo motivo stiamo lavorando attivamente per ridurre le emissioni di CO₂, assumendo un ruolo guida nella creazione di un futuro più sostenibile per l'aviazione” (tratto da “Fly Responsibly”, campagna internazionale di sensibilizzazione ambientale di KLM).
La KLM Royal Dutch Airlines, la compagnia aerea di bandiera dei Paesi Bassi facente parte dell’alleanza SkyTeam, ha ufficialmente avviato una campagna di responsabilizzazione denominata “Fly Responsibly” con la quale esorta i propri potenziali passeggeri, prima di acquistare un biglietto, a riflettere sull’impatto ambientale che comporta l’utilizzo di mezzi di trasporto aereo.
La campagna si articola su tre piani: “What we do”, “What the industry can do” e “What you can do” ad ognuno dei quali corrisponde, evidentemente, un diverso messaggio. Nel rivolgersi direttamente ai propri potenziali clienti (“What you can do”) KLM suggerisce, ad esempio, di riflettere se in relazione all’itinerario prescelto sussistano alternative di trasporto maggiormente sostenibili a livello ambientale, quali ad esempio viaggiare in treno.
Mediante tale iniziativa la compagnia persegue verosimilmente lo scopo di intercettare (e convertire) la percezione negativa nei confronti delle compagnie aeree di un’opinione pubblica sempre più sensibilizzata riguardo al tema ambientale. L’impatto in termini di inquinamento causato dai voli aerei sta difatti divenendo a livello globale un innegabile problema di immagine: sempre più compagnie, pertanto, potrebbero provvedere a ripensare i propri modelli di business al fine di rendere più efficienti i loro aerei, gestire in modo più razionale le loro rotte e inquinare meno con le loro attività di terra e di aria.
Ciò premesso, va rilevato che la campagna ha sinora interessato principalmente analisti ed esperti di marketing, ma non ha ancora attirato l’attenzione di giuristi ed economisti posto che, del resto, la compagnia aerea non ha esplicitamente annunciato di volere introdurre a breve misure drastiche per ridurre i consumi quali, su tutte, una riduzione delle proprie rotte a breve raggio.
Nell’ipotesi in cui ciò dovesse effettivamente accadere, quali potrebbero essere le conseguenze di una eventuale riprogrammazione delle tratte dovuta alla rinuncia ai voli a corto raggio?
Va premesso, da questo punto di vista, che KLM ha come unico hub l'aeroporto di Amsterdam-Schiphol, il quale sta affrontando una crisi senza precedenti, dovuta alla scarsità di slot disponibili.
Recita una nota del sito ufficiale dello scalo olandese, significativamente intitolata “Slot scarcity at Amsterdam Airport Schiphol explained”, che le attività aeree annuali sono oggi limitate a 500.000 ATM (Air Traffic Movement) per ragioni legate al miglioramento della qualità dell’ambiente ed alla riduzione dell’inquinamento acustico. Tale limite è stato peraltro già raggiunto.
Come noto, le fasce orarie di decollo e atterraggio - calcolate sulla capacità di traffico di un aeroporto - vengono assegnate da organismi/enti di controllo detti coordinatori aeroportuali (in Italia se ne occupa Assoclearance) che assegnano gli slot sulla base delle richieste delle compagnie. Per mantenere il diritto di esercirli è però necessario che il vettore assegnatario degli slot mantenga l’operatività per almeno l’80% di quanto richiesto, con un margine di flessibilità del 20%.
Va ricordato infatti che gli slot, essendo beni a forte caratterizzazione pubblicistica, laddove non utilizzati, debbono essere messi a disposizione e distribuiti secondo regole predeterminate, improntate alla trasparenza ed alla non discriminazione (tale assunto è sostenuto dal principio del “use it or lose it”). Pertanto, nell’ipotesi in esame, qualora una compagnia comunitaria dovesse decidere di non operare più alcune delle tratte a corto raggio, il margine di flessibilità delle corrispondenti bande orarie rischierebbe di essere disatteso e, di conseguenza, la stessa potrebbe veder ridiscussa la slot allocation in proprio favore.
Ed infatti, ai sensi dell’art. 10 del Regolamento CE 95/1993, “ogni banda oraria non utilizzata viene ritirata e iscritta nell'apposito pool di bande orarie, salvo che il mancato utilizzo possa essere imputabile al fermo operativo di un tipo di aeromobile o alla chiusura di un aeroporto o di uno spazio aereo o ad analoghi casi eccezionali”. “Le bande orarie raggruppate nei pool sono distribuite fra i vettori che ne fanno richiesta”.
Ne consegue, quindi, che anche l’ipotizzata - e ad oggi mai espressamente prospettata - riduzione dell’operativo delle tratte esercite da una compagnia in ragione di una possibile finalità di salvaguardia ambientale, qualora adottata in via autonoma e non in un contesto coordinato tra operatori ed autorità di controllo, determinerebbe l’automatica riassegnazione delle bande ad altre compagnie, che di conseguenza andrebbero ad operare quelle tratte in sostituzione delle compagnie precedenti, così da vanificare sul nascere il raggiungimento dello scopo dell’iniziativa.
In conclusione, allo stato attuale, aldilà delle pur valide motivazioni etiche, la ipotizzata rinuncia ai voli di corto raggio, qualora fosse ritenuta una misura effettivamente utile ai fini della ecosostenibilità del sistema, dovrà passare in primis per un’analisi costi-benefici condotta dalle diverse compagnie nonché, inevitabilmente, per le incognite della slot allocation, relativamente alla quale l’unica strada, che sembra per ora ancora molto lontana, sembrerebbe essere quella di una generale drastica riduzione della capacità dei singoli aeroporti comunitari e della conseguente rivisitazione dei criteri di assegnazione e gestione delle bande orarie.
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