La Corte di Cassazione Italiana si è nuovamente espressa sulla validità di una clausola arbitrale richiamata in una polizza di carico.
Nella vicenda portata all’esame della Suprema Corte, nella polizza di carico era stato fatto un generico rinvio alle condizioni e ai termini del contratto di trasporto, che prevedeva tra l’altro una clausola arbitrale. La controversia era sorta per il fatto che né il contratto di trasporto, né la polizza di carico erano stati sottoscritti da entrambe le parti.
Questo tema è stato già più volte affrontato in giurisprudenza e questa sentenza conferma ancora una volta l’orientamento ormai consolidato.
La giurisprudenza italiana, nel valutare la validità delle clausole arbitrali richiamate nelle polizze di carico, considera innanzitutto la natura giuridica di queste ultime. La polizza di carico, essendo un titolo di credito rappresentativo delle merci trasportate, è un atto unilaterale, predisposto (soltanto) dal vettore marittimo, che non viene normalmente firmato anche dal soggetto interessato al carico.
In giurisprudenza si ritiene quindi che la polizza di carico non possa soddisfare i requisiti dell’art. II della Convenzione di New York concernente il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze arbitrali estere[1], in base al quale, affinché una clausola compromissoria sia valida, occorre che la relativa Convenzione sia stata firmata da entrambe le parti del contratto di trasporto.
Quando la clausola arbitrale è inserita direttamente nella polizza di carico, l’accertamento dell’esistenza dei requisiti formali stabiliti dalla Convenzione di New York deve essere quindi effettuato sul titolo che comprende un accordo bilaterale e questo non può che essere il contratto di trasporto sottostante.
In tal caso, si può desumere che non sia necessario verificare il consenso del caricatore all’atto dell’emissione della polizza di carico, essendo sufficiente che la clausola arbitrale inserita in polizza di carico sia oggetto del consenso da parte del caricatore al momento della conclusione del contratto di trasporto.
Come detto, la vertenza qui nasceva dal fatto che le parti non avessero sottoscritto il contratto di trasporto nel quale era riportata la clausola arbitrale. La Corte d’Appello ha pertanto accolto la tesi della società caricatrice secondo cui non poteva considerarsi esistente l’accordo scritto necessario per il riconoscimento in Italia del lodo che era stato emesso all’esito dell’arbitrato svolto sulla scorta della clausola compromissoria. Infatti, la clausola arbitrale veniva richiamata solamente nella polizza di carico che risultava essere stata sottoscritta solo dal comandante della nave e non anche dalla caricatrice.
Secondo la Cassazione, “la sottoscrizione della polizza di carico, pur implicando adesione del destinatario al contratto di trasporto marittimo, non può assumere, ex se, il valore di accettazione di una clausola compromissoria per arbitrato estero in mancanza di espresso e specifico richiamo a quest'ultima trattandosi di pattuizione da stipularsi per iscritto”[2].
Tale impostazione è stata avvalorata anche dalla Corte di Giustizia Europea[3], la quale ha ritenuto di escludere che un atto unilaterale, come la polizza di carico, possa documentare un accordo di deroga alla giurisdizione allorché emerga da altre circostanze che l’accordo non è stato oggetto dell’espresso consenso delle parti.
La Corte europea ha poi precisato che la polizza di carico potrebbe comunque essere idonea a fornire la prova dell’accordo di deroga nel caso in cui sia ragionevole ritenere che vi sia stato un accordo scritto precedente in tal senso concluso tra le parti, anche in considerazione della prassi commerciale relativa ad un determinato ambito. Ciò non esclude che si debba comunque ricercare l’effettivo consenso delle parti rispetto al deferimento ad arbitrato delle eventuali controversie.
Tale impostazione è accolta anche dalla dottrina, la quale ritiene che difficilmente le valutazioni debbano basarsi solo su dei criteri formali. Ciò anche in un’ottica di bilanciamento tra le esigenze di tutela dell’utente del trasporto marittimo e quelle di semplificazione della contrattazione commerciale, dove spesso si cerca di applicare il criterio della ragionevolezza.
Alla luce di quanto sopra, si comprende il ragionamento svolto dalla Suprema Corte, la quale non rinvenendo un contratto sottoscritto da entrambe le parti, ha ritenuto di confermare quanto statuito dalla Corte d’Appello di Torino circa la mancanza dei requisiti necessari di forma scritta ai fini della dichiarazione dell’esecutività del sopra citato lodo arbitrale.
Questa sentenza può fungere da promemoria per tutti gli operatori del settore che desiderino deferire le eventuali controversie all’arbitrato. È importante ricordare di inserire la clausola arbitrale nel contratto di trasporto ed assicurarsi che questo sia sottoscritto da entrambe le parti. Non è infatti sufficiente il solo inserimento della clausola arbitrale nella polizza di carico in quanto, normalmente, quest’ultima non viene firmata da entrambe le parti.
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[1] Cfr. Art. II, co. 1, “Ciascuno Stato contraente riconosce la convenzione scritta mediante la quale le parti si obbligano a sottoporre ad arbitrato tutte o talune delle controversie che siano sorte o possano sorgere tra loro circa un determinato rapporto giuridico contrattuale o non contrattuale, concernente una questione suscettiva d'essere regolata in via arbitrale”.
[2] Cfr. Corte di Cassazione, 19.9.2017, n. 21655
[3] Cfr. ex multis Corte di Giustizia, 14 dicembre 1976 (causa 24/1076), Ditta Estasis Salotti c. Ruwa Polstereimaschinen GmbH; Corte di Giustizia, 16 marzo 1999, causa C-159/97, Trasporti Castelletti Spedizioni Internazionali S.p.A. c. Hugo Trumpy.