Come ben noto, il nostro governo ha assunto iniziative specifiche per far fronte al calo dei traffici nei porti italiani determinato dalla pandemia ed alle gravi conseguenze economiche che ne sono derivate per gli operatori.
Tra queste iniziative rientra, in particolare, la proroga automatica di 12 mesi - disposta dall’art. 199, comma 3, lett. b) del Decreto Rilancio [1] - delle concessioni ex art. 18 L. 84/94 [2].
Non intendiamo esprimere qui un giudizio rispetto alla misura sopra citata, già oggetto di attenzioni - peraltro - anche da parte dell’AGCM [3], bensì porci semplicemente un tema che parrebbe non essere stato considerato (quantomeno in forma esplicita) dal legislatore, ma che risulta cruciale per i concessionari.
Il tema è il seguente: l’art. 199, comma 3, lett. b) del Decreto Rilancio ha disposto la proroga delle concessioni ex art. 18 della legge portuale, ma nulla ha stabilito rispetto ai termini dei piani di impresa e di investimento che a tali concessioni sono sottesi. Possono dunque intendersi prorogati anche i termini dei piani di impresa e, soprattutto, dei piani di investimento dei concessionari?
Per ragionare, partiamo da una considerazione di fondo: le concessioni - ci riferiamo sempre, in particolare, alle concessioni ex art. 18 L. 84/94 - si basano su articolati piani di impresa e di investimento. In questi piani vengono declinati gli obiettivi di traffico che si intendono raggiungere e gli investimenti che si intendono effettuare nel corso della concessione.
Tanto è vero che la durata stessa delle concessioni dipende - in larga parte - proprio dagli investi- menti programmati dal concessionario, in uno, naturalmente, con i volumi d traffico che lo stesso concessionario si impegna a realizzare.
Già sulla scorta di questa primissima considerazione, parrebbe ragionevole affermare che - qualora venga traslato in avanti di un anno il termine di una concessione - debbano ritenersi parimenti traslati in avanti di un anno i termini dei piani di impresa e di investimento che a quella concessione sono sottesi.
Andando poi a ragionare più a fondo sulla norma in commento e considerando il contesto generale delle iniziative in cui la stessa risulta inserita (vedasi, ad esempio, la riduzione dei canoni disposta dallo stesso Decreto Rilancio, ma anche - seppur ad un altro livello - il Temporary Framework [4]), riterremmo possibile scorgere nell’intenzione del legislatore la volontà - in pratica - di “abbonare” in qualche modo ai concessionari l’anno appena trascorso (come se fosse - ci sia consentita l’espressione - un anno “perso” e quindi “da recuperare”: da qui, potrebbe ritenersi, la ratio della proroga automatica di 12 mesi).
È chiaro come non tutti i concessionari abbiano dovuto affrontare le stesse gravi difficoltà nell’anno appena trascorso, ma è parimenti chiaro come tale anno sia stato eccezionale per tutti.
Un altro dato di fatto, che riterremo oggettivo, è il seguente: la pandemia ha “scombussolato” i piani degli operatori e determinato un’obiettiva incertezza circa l’andamento dei traffici nel prossimo fu- turo.
Se già prima della pandemia era difficile fare previsioni sui traffici futuri, oggi è senza dubbio ancora più difficile.
Eppure proprio le previsioni sui traffici sono e devono essere uno degli indici essenziali sulla base dei quali valutare gli investimenti da porre in essere e le loro tempistiche.
È possibile pensare che i piani di impresa e di investimento dei concessionari non possano essere scalfiti da un evento come la pandemia e dalla crisi e dall’incertezza sul futuro che questa ha determinato? A nostro parere non è possibile e, anzi, è legittimo - anche in base al principio di buona fede che deve regolare i contratti e tra questi le concessioni - ritenere che i piani di impresa e di investi- mento debbano essere riletti alla luce dello scenario in cui ci troviamo oggi.
Considerando quindi, da un lato, l’annus horribilis appena vissuto e, dall’altro, l’incertezza che tale anno ha gettato sul futuro, riterremmo sussistere valide ragioni per poter affermare che anche i termini dei piani di impresa e di investimento debbano potersi ritenere quantomeno “congelati” per l’anno appena passato (a fronte della proroga automatica delle relative concessioni disposta dal Decreto Rilancio).
Ciò non toglie, naturalmente, che gli impegni assunti dai concessionari debbano da questi essere rispettati, ma non ci parrebbe corretto “fingere” che nel 2020 nulla sia accaduto e considerare conseguentemente “intangibili” i termini previsti nei piani di impresa e di investimento. Tali termini, al contrario, ci parrebbero suscettibili di “scivolamenti” in avanti di pari passo con gli scivolamenti in avanti dei termini di durata delle concessioni (che sui piani di impresa e di investimento, come abbiamo detto, trovano il loro fondamento).
Ciò tanto più dal momento che il legislatore - con le proprie iniziative dirette a contrastare le conseguenze economiche della pandemia - ha evidentemente dimostrato di aver colto l’eccezionalità dell’anno che ci siamo da poco lasciati alle spalle, attivandosi per dare ai concessionari un aiuto (che potrà poi ritenersi sufficiente o meno) per superare tali conseguenze.
Tutto quanto precede al netto di ogni ulteriore considerazione che potrebbe essere svolta, ma che non svolgiamo qui, circa gli strumenti comunque offerti dal nostro ordinamento per porre rimedio a situazioni contrattuali in cui il sinallagma (vale a dire l’equilibrio) del contratto sia stato alterato da un evento straordinario ed indipendente dalla volontà delle parti.
Per concludere: nel silenzio del legislatore e fatte naturalmente salve tutte le situazioni contingenti di ciascun singolo concessionario o di ciascun singolo porto, riterremmo legittimo pensare che la proroga automatica delle concessioni disposta dal Decreto Rilancio possa (rectius: debba) portare con sé anche una proroga dei termini fissati nei piani di impresa e di investimento che a tali concessioni sono sottesi.
Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto. Per ulteriori informazioni si prega di contattare Simone Gaggero.
[1] Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020, n. 77.
[2] Ci riferiamo qui, nello specifico, ai concessionari ex art. 18 L. 84/94 e dunque ai terminalisti portuali, ma l’art. 199, comma 3, del Decreto Rilancio ha stabilito una proroga di 12 mesi anche per le autorizzazioni ex art. 16 L. 84/94, le concessioni ex art. 36 Cod. Nav., le concessioni per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto ai passeggeri e le concessioni per il servizio di rimorchio.
[3] Con apposita segnalazione, l’AGCM ha ricordato il rischio che le proroghe automatiche, rinviando il confronto competitivo per il mercato, possano impedire di “cogliere i benefici che deriverebbero dalla periodica concorrenza per l’affidamento attraverso procedure ad evidenza pubblica”. Per tale ragione, l’AGCM ha osservato come “i provvedimenti tesi a posticipare il confronto concorrenziale dovrebbero, quindi, essere rigorosamente temporanei e direttamente funzionali al superamento dell’emergenza. Eventuali proroghe degli affidamenti non dovrebbero comunque eccedere le reali esigenze delle amministrazioni, per consentire quanto prima il ricorso a strumenti idonei a favorire un utilizzo efficiente delle risorse pubbliche”
[4] Il Temporary Framework è in sintesi uno “strumento” elaborato dalla Commissione Europea per consentire agli Stati membri di adottare misure di aiuto all’economia nel contesto della pandemia di COVID-19, derogando in pratica alla disciplina ordinaria in materia di aiuti di Stato.