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    12.11.2019

    L’aumento del contributo addizionale NASpI vale anche per il lavoro marittimo? Un’anomalia che mette in serio pericolo il mantenimento degli attuali livelli occupazionali


    Con la circolare n. 121, pubblicata il 6 settembre 2019, l’INPS ha purtroppo confermato i timori degli operatori del settore, che – a seguito della pubblicazione del cosiddetto “Decreto Dignità” – si erano posti il quesito se gli aumenti contributivi ivi previsti per la generalità dei contratti a termine fossero applicabili anche ai contratti di arruolamento dei lavoratori marittimi a tempo determinato.

     

    Per illustrare la portata della novità introdotta dall’intervento normativo, occorre illustrare brevemente il contesto normativo in cui essa si inserisce.

     

    Al fine di finanziare l’indennità di disoccupazione potenzialmente dovuta alla scadenza dei rapporti di lavoro a termine, con la “Legge Fornero” (e, segnatamente, con l’art. 2, comma 28°, legge n. 92/2012), è stato previsto che – in caso di assunzioni a termine – oltre al contributo ordinario per la disoccupazione (fissato al 1,61%) dovesse essere corrisposto anche un contributo addizionale pari all’1,4%. Il costo contributivo previsto per i rapporti di lavoro a termine era, dunque, già in passato più alto rispetto a quello per i rapporti a tempo indeterminato.

     

    Con il cosiddetto “Decreto Dignità” (il decreto-legge n. 87 del 12 luglio 2018, convertito nella legge n. 96 del 9 agosto 2019) è stato introdotto un ulteriore aggravio contributivo per coloro che ricorrono abitualmente a rapporti di lavoro a tempo determinato. Al fine di disincentivare un eccessivo ricorso a tale tipologia di rapporto, è stato previsto un aumento dello 0,5% del sopra menzionato contributo addizionale, ogniqualvolta il datore di lavoro proceda al rinnovo di un precedente rapporto di lavoro a tempo determinato.

     

    La norma non prevede alcun limite massimo e, teoreticamente, ad ogni rinnovo di un contratto di lavoro a termine il contributo addizionale viene incrementato dello 0,5%. Dalla qui descritta disciplina restano esclusi solo (i) i lavoratori domestici, (ii) i lavoratori assunti per lo svolgimento di attività stagionali, (iii) gli apprendisti e (iv) i lavoratori dipendenti della Pubblica Amministrazione.

     

    La circolare INPS n. 121/2019 interviene nell’ambito del menzionato quadro normativo, chiarendo che – benché il rapporto di lavoro marittimo sia regolato da una disciplina speciale – il descritto meccanismo troverà applicazione anche alle convenzioni di arruolamento a tempo determinato stipulate con lavoratori marittimi. La circolare recita testualmente come segue: “l’incremento del contributo addizionale [è] dovuto con riferimento al rinnovo di ogni tipologia di contratto a termine al quale si applica il contributo addizionale, ivi compresi i contratti che regolano il rapporto di lavoro nel settore marittimo”.

     

    La scelta legislativa di estendere il meccanismo anche al lavoro marittimo appare molto discutibile, atteso che essa non tiene in debito conto che il settore marittimo è ontologicamente contraddistinto da caratteristiche che non sono assimilabili a quelle di un ordinario rapporto di lavoro. Basti, invero, rilevare che nel settore in questione il ricorso a convenzioni di arruolamento a tempo determinato è assolutamente usuale e non costituisce affatto un’anomalia. Il lavoro marittimo è, infatti, intrinsecamente caratterizzato dalla temporalità e da un continuo riciclo di personale, motivo per cui il meccanismo introdotto con il “Decreto Dignità” si rileva particolarmente penalizzante per il settore. Di fatto, per una significativa parte dell’attività marittima non è neppure ipotizzabile procedere ad assunzioni con continuità di rapporto di lavoro (CRL).

     

    Accade di frequente (a) che le convenzioni di arruolamento stipulate innanzi all’Ufficio di Collocamento della Gente di Mare siano a termine (con una durata sino ad un massimo di 4 mesi), (b) che alla scadenza del termine il rapporto cessi ed in favore del marittimo vengano liquidate le competenze e l’indennità di fine rapporto e (c) che dopo un periodo di riposo a terra, il marittimo stipuli una nuova convenzione proprio con lo stesso armatore. Nella prassi italiana (ma situazioni non dissimili possono riscontrarsi in qualsiasi parte del mondo) non è, dunque, infrequente che si realizzi in tal modo una sostanziale continuità di collaborazione tra il marittimo e l’armatore, seppur formalizzata attraverso una serie di rapporti di lavoro a tempo determinato.

     

    Paradossalmente, la disciplina introdotta con il “Decreto Dignità” non solo non permetterà di rag-giungere la dichiarata finalità di una maggiore stabilità occupazionale, ma finirà verosimilmente per produrre effetti diametralmente opposti. Gli aggravi contributivi faranno sì che gli armatori saranno sempre più restii a sottoscrivere convenzioni di arruolamento con i lavoratori marittimi che, in precedenza, erano già stati imbarcati sulle proprie navi, dando così luogo ad un maggiore frammentarietà di rapporti. Tutto ciò, con ogni probabilità, causerà delle pericolose distorsioni del mercato del lavoro della gente di mare, mettendo a serio rischio il mantenimento degli attuali livelli occupazionali, oltre ad impattare negativamente – in ragione del maggiore avvicendamento dei lavoratori marittimi imbarcati sulle navi – anche sulle condizioni di sicurezza e di lavoro di questi ultimi.

     

    Ma anche sotto il profilo tecnico-normativo, la scelta (non si sa quanto consapevole) del legislatore di applicare una politica legislativa ad un settore, come quello marittimo, che è alieno alle logiche che contraddistinguono il “normale” rapporto di lavoro costituisce un’evidente anomalia.

     

    Si rammenta che – a differenza della disciplina generale del diritto del lavoro, che individua nel “contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato … la forma comune di rapporto di lavoro” (art. 1 D.Lgs. n. 81/2015) – nel diritto della navigazione non si riscontra una simile scelta di campo. Al contrario, l’art. 325 del codice della navigazione pone le convenzioni di arruolamento a tempo determinato e quelle a tempo indeterminato assolutamente sullo stesso piano, convenendo così che, nel settore marittimo, il ricorso al lavoro a termine non ha carattere di eccezionalità.

     

    Orbene, la giurisprudenza (sia nazionale che comunitaria) ha ripetutamente avuto modo di rimarcare che – alla luce della specialità che il diritto del lavoro marittimo riveste all’interno del sistema delle fonti del diritto italiano (cfr. art. 1 del codice della navigazione) – la disciplina ordinaria trova applicazione solo nei casi in cui il diritto della navigazione non preveda alcuna norma e la lacuna normativa non possa essere colmata dalla normativa speciale.

     

    Alla luce di quanto sopra, parrebbe legittimo nutrire un forte timore per l’evidente impatto negativo che la disciplina in commento potrebbe avere sulla sostenibilità di una industry nella quale – fisiologicamente e da sempre – è usuale ricorrere a convenzioni di arruolamento a tempo determinato.

     

    Sappiamo che le principali associazioni rappresentative degli interessi armatoriali hanno già avviato un’interlocuzione attiva con gli uffici legislativi dei Ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Lavoro per ricercare una soluzione e porre rimedio all’improvvido intervento legislativo.

     

    Il mantenimento della disciplina del “Decreto Dignità”, peraltro, farebbe verosimilmente sì che un numero sempre maggiore di armatori richieda di iscrivere le proprie navi nel Registro Internazionale istituito dal decreto-legge n. 457/1997 al solo fine di beneficiare degli sgravi contributivi di cui all’art. 6 del menzionato decreto, creando un’evidente distorsione del mercato.

    C’è, quindi, da augurarsi che si addivenga ad un pronto intervento legislativo sul tema, che – riconoscendo la specialità del rapporto di lavoro marittimo e la conseguente inapplicabilità delle logiche del diritto del lavoro ordinario – smentisca l’interpretazione proposta dall’INPS con la propria circolare, non potendosi, in caso contrario, escludere pesanti contraccolpi per il settore, anche in termini di livelli occupazionali.

     

     

     

     

     

     

     

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