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    11.06.2018

    Le competenze regolatorie dell’Autorità italiana di Regolazione dei Trasporti e l’obbligo di pagamento del contributo per il suo funzionamento alla luce delle ultime pronunce giurisprudenziali


    Negli ultimi due mesi, il TAR Piemonte si è ripetutamente pronunciato in merito all’ambito delle competenze regolatorie dell’Autorità italiana di Regolazione dei Trasporti (“ART”) ed all’obbligo di pagamento del contributo per il suo funzionamento. Vediamo di fare chiarezza su quanto statuito dal predetto giudice amministrativo, posto che le notizie di stampa pubblicate al riguardo ci parrebbero non aver centrato in pieno il punto.

    Il quadro normativo

    Per meglio comprendere il tema in esame, è opportuno in primo luogo richiamare il quadro normativo di riferimento. Osserviamo quindi come l’art. 37, I comma, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e s.m.i., abbia istituito l’ART, assegnandole -  nel settore dei trasporti e dell’accesso alle relative infrastrutture ed ai servizi accessori - le competenze ed i poteri indicati nel secondo comma dell’articolo sopra citato[1].

     

    Per garantire il funzionamento dell’ART, inoltre, il comma 6, lett. b, della norma sopra citata ha previsto “un contributo versato dai gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati, in misura non superiore all'uno per mille del fatturato derivanti dall'esercizio delle attività svolte percepiti nell'ultimo esercizio”[2].

    La giurisprudenza

    Come noto, numerose imprese che esercitano attività di trasporto ed altre che effettuano prestazioni legate al trasporto (magazzinaggio, distribuzione, logistica, consulenza per la distribuzione, spedizione, brokeraggio, prestazioni di clearance doganale, gestione di terminal portuali, handling aeroportuale, corriere espresso), nonché alcune delle loro associazioni rappresentative, hanno impugnato dinanzi al TAR Piemonte i provvedimenti a mezzo dei quali l’ART ha chiesto loro il pagamento del contributo ai sensi della norma sopra citata, contestando principalmente che:

    • l’ART sarebbe priva di competenza regolatoria nei loro confronti, operando queste in settori esclusi dall’ambito dei servizi regolati dalla predetta Autorità;
    • il potere impositivo dell’ART e le modalità di quantificazione del contributo in parola violerebbero i limiti previsti dalla Costituzione italiana.

    La sentenza che, ad oggi, parrebbe aver smarcato entrambi i punti di cui sopra è la sentenza della Corte Costituzionale italiana n. 69 del 07.04.2017, poi ripresa dal TAR Piemonte in tutte le proprie successive pronunce, ivi incluse quelle intervenute in questi ultimi mesi.

    Quali sono dunque i principi sanciti dalla giurisprudenza?

    Per quanto concerne, in primis, l’ambito delle competenze regolatorie dell’ART, osserviamo come tanto la Corte Costituzionale quanto il TAR Piemonte parrebbero aver rigettato l’eccezione di incompetenza dell’ART (e quindi di carenza di potere regolatorio di quest’ultima) rispetto ai settori operativi delle sopra citate imprese che si erano opposte al pagamento del contributo in parola.

     

    In questo senso, i giudici parrebbero aver lasciato intendere di ritenere affidata all’ART stessa la facoltà di stabilire, in base alle “mutevoli e concrete esigenze del mercato[3], la platea dei soggetti potenzialmente incisi dalla propria attività di regolazione. Su questo tema, che riterremmo essere il più delicato ed oggetto di possibili fraintendimenti, torneremo infra in sede di commento.

     

    Con riferimento al potere impositivo dell’ART ed alle modalità di quantificazione del contributo, la Corte Costituzionale è stata chiara: il giudice delle leggi, infatti, pur avendo considerato il contributo in esame una prestazione patrimoniale imposta e quindi soggetta alla riserva di legge di cui all’art. 23 della Costituzione[4], ha ritenuto legittimo il potere impositivo dell’ART e le modalità di quantificazione del contributo, ravvisando nella legge “limiti, indirizzi, parametri e vincoli procedimentali complessivamente adeguati ad arginarne la discrezionalità[5].

     

    Rispetto, infine, al diritto dell’ART di pretendere il pagamento del contributo, i giudici hanno precisato come non si tratti di un diritto “assoluto”, bensì di un diritto soggetto alla verifica del concreto esercizio, da parte dell’ART, dei propri poteri regolatori nei confronti dei soggetti destinatari della richiesta di pagamento dello stesso.

     

    La Corte Costituzionale, infatti, ha stabilito come i soggetti tenuti al pagamento siano “coloro nei confronti dei quali l'ART abbia effettivamente posto in essere le attività (specificate al comma 3 dell'art. 37) attraverso le quali esercita le proprie competenze (enumerate dal comma 2 del medesimo articolo)”. Secondo la Corte Costituzionale, quindi, il novero dei soggetti obbligati “deve ritenersi che includa solo coloro che svolgono attività nei confronti delle quali l'ART ha concretamente esercitato le proprie funzioni regolatorie istituzionali”.

     

    Questo principio è stato recepito in tutte le successive pronunce dal TAR Piemonte, che lo ha “riassunto” nei seguenti termini: “l'obbligo di pagamento del contributo riguarda solo i soggetti che svolgono attività che siano già state assoggettate all'esercizio delle funzioni regolatorie affidate all'Autorità. L'individuazione di tali soggetti dipende dunque da un dato concreto e non dalla circostanza (teorica e quindi di per sé opinabile) che l'ART possa intervenire nel settore in cui operano. Ciò significa che il contributo non è comunque dovuto per periodi precedenti il concreto esercizio dei poteri regolatori[6].

    Una questione ancora aperta

    In questo contesto, c’è una questione che parrebbe ancora in attesa di essere definitivamente risolta: è sufficiente l’avvio di una procedura di consultazione per considerare esercitata la funzione regolatoria dell’ART od occorre attendere il provvedimento finale?

     

    Ragionando a contrariosulla base della prima sentenza resa dal TAR Piemonte rispetto ad un ricorso presentato da diversi terminalisti portuali[7], pareva sufficiente l’avvio della consultazione[8].

     

    La recentissima sentenza del TAR Piemonte n. 513 del 02.05.2018, tuttavia, ha stabilito come - dovendo l’attività regolatoria essere “effettiva” - non possa considerarsi tale il mero avvio di un procedimento regolatorio “laddove l’adozione del provvedimento regolatorio si perfezioni dopo l’emissione della delibera determinativa del contributo”. Del resto, osserva il TAR nella predetta pronuncia, “l’anteriorità dell’attività regolatoria risponde ad una esigenza di certezza e prevedibilità degli obblighi da parte delle imprese che, diversamente, non potrebbero sapere della propria esposizione al contributo sino al termine dell’anno cui la delibera fa riferimento”.

    Commento

    Come anticipato, in sede di commento riteniamo opportuno tornare sul tema relativo all’ambito delle competenze regolatorie dell’ART. È su questo punto, infatti, che abbiamo scorto il rischio di possibili errate interpretazioni rispetto a quanto ricavabile dalla giurisprudenza sopra considerata.

     

    A nostro avviso, infatti, dev’essere chiaro come i summenzionati ricorsi - presentati avverso le richieste di pagamento del contributo imposto dall’ART - siano stati accolti unicamente sulla scorta del principio relativo alla necessità dell’effettivo e concreto esercizio, da parte della predetta Autorità, dei propri poteri regolatori nei confronti delle imprese alle quali la stessa chiede il pagamento del contributo.

     

    Ciò non toglie che la Corte Costituzionale ed il TAR Piemonte parrebbero avere d’altro canto confermato tanto l’ambito delle competenze regolatorie dell’ART quanto il potere di quest’ultima di esigere il pagamento del contributo (una volta esercitata in concreto la propria funzione regolatoria).

     

    In questo senso, ci pare opportuno segnalare come le pronunce giurisprudenziali considerate - al di là della possibile “apparenza” - parrebbero andare nella direzione di legittimare l’ART e la sua attività.

     

     

     

     

     

     

     

    Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parere professionale.

    Per ulteriori informazioni contattare Simone Gaggero

     

     

     

     

     

     

     

    [1]Per le ragioni di sintesi che il presente articolo impone, non possiamo trascrivere qui il testo della norma in commento. Per pronto riferimento dei nostri lettori, però, riportiamo qui un link a detta norma:http://www.autorita-trasporti.it/wp-content/uploads/2013/11/art-37-dl-201-2011.pdf

     

    [2]In base alla stessa disposizione, “il contributo è determinato annualmente con atto dell’Autorità, sottoposto ad approvazione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Nel termine di trenta giorni dalla ricezione dell'atto, possono essere formulati rilievi cui l’Autorità si conforma; in assenza di rilievi nel termine l'atto si intende approvato”.

     

    [3]T.A.R. Torino, Piemonte, sez. II, 21/04/2017, n. 539.

     

    [4]Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge

     

    [5]Corte Costituzionale n. 69 del 07.04.2017.

     

    [6]Cfr., tra le altre, T.A.R. Torino, Piemonte, sez. II, 08/03/2018, n. 288.

     

    [7]T.A.R. Torino, Piemonte, sez. II, 08/03/2018, n. 288.

     

    [8]Ciò in quanto il TAR Piemonte parrebbe aver considerato l’avvio della consultazione pubblica su “Metodologie e criteri per garantire l’accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture portuali. Prime misure di regolazione”, di cui alla delibera ART n. 156 del 22.12.2017, il primo intervento dell’ART in materia di infrastrutture portuali.