Con l’introduzione di una specifica modifica al Regolamento di sicurezza, di polizia portuale e dei servizi marittimi del porto e della rada di Civitavecchia [1], la Capitaneria di Porto di Civitavecchia ha autorizzato, da ormai quasi due anni [2], le navi dotate di specifici impianti di trattamento a scaricare le acque di scarico (c.d. acque nere o sewage) nel porto.
In particolare, lo scarico di sewage è consentito a quelle navi che siano in possesso di un sistema di trattamento conforme a quanto previsto dall’art. 9.1.1. [3] della Convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi (c.d. “Convenzione Marpol”).
L’ammissibilità in termini giuridici della modifica apportata dalla Capitaneria di Porto di Civitavecchia ha sollevato le lamentele degli operatori economici che si occupano dello smaltimento dei rifiuti prodotti dalle navi nei porti e delle associazioni ambientalistiche.
Nella prospettiva di tali operatori e associazioni, infatti, il concetto di mare, a cui fa riferimento la Convenzione Marpol per individuare il perimetro delle aree in cui sarebbe possibile alle navi dotate dei suindicati impianti di trattamento scaricare le c.d. acque nere, andrebbe tenuto ben distinto dal concetto di porto.
Seguendo l’impostazione delle predette associazioni, infatti, solo in mare aperto - e, quindi, ad una certa distanza dalla costa -, sarebbe possibile alle navi appositamente equipaggiate di scaricare le c.d. acque nere; al contrario, all’interno del porto, resterebbe fermo per tutte le navi l’obbligo di conferire i rifiuti presso gli appositi impianti portuali di raccolta.
Dal punto di vista giuridico, in realtà, entrambe le interpretazioni – e, quindi, sia quella fatta propria dalla Capitaneria di Porto di Civitavecchia sia quella sostenuta dagli operatori economici che si occupano dello smaltimento dei rifiuti prodotti dalle navi - parrebbero ammissibili.
La Convenzione Marpol, come detto, si limita infatti a fare riferimento al generico concetto di mare, senza specificare se le navi, per scaricare rifiuti in mare, debbano o meno trovarsi ad una specifica distanza dalla costa.
Indicazioni più puntuali, del resto, non si rinvengono all’interno della legislazione nazionale.
Il d.lgs. n. 182 del 2003 [4], che disciplina la raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi, si limita infatti sul punto a fare un generico rinvio alle disposizioni contenute nella Convenzione Marpol prevedendo, all’allegato 3 [5], che “le acque di scarico possono essere scaricate in mare conformemente alla regola 11 dell’allegato IV della Convenzione Marpol.”
Allo stato dell’arte, pertanto, la questione in ordine alla possibilità o meno per le navi appositamente equipaggiate di scaricare acque nere negli specchi acquei portuali parrebbe presentare margini di incertezza.
In assenza di specifici divieti contenuti nel quadro normativo di riferimento, si ritiene, comunque, che l’impostazione fatta propria dalla Capitaneria di Porto di Civitavecchia possa risultare aderente al dato normativo: invero, posto che nella più ampia nozione di mare devono essere ricompresi anche gli specchi acquei portuali, parrebbe potersi ritenere che le navi dotate dei prescritti impianti di trattamento possano legittimamente scaricare sewage in porto.
Ad ogni modo, data l’incertezza del quadro normativo di riferimento, è comunque auspicabile che il legislatore interno, in sede di futuro recepimento delle disposizioni della Direttiva (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019, n. 883, relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi (le cui previsioni devono essere recepite in Italia entro il 28 giugno 2021), si occupi espressamente di questa specifica tematica. Ciò nell’ottica di evitare che i predetti dubbi interpretativi possano generare incertezze applicative e prassi difformi all’interno del sistema portuale nazionale.
Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto. Per ulteriori informazioni si prega di contattare Matteo Morosetti.
[1] Adottato con Ordinanza della Capitaneria di Porto del 31 marzo 2003, n. 14.
[2] Con Ordinanza della Capitaneria di Porto di Civitavecchia emanata in data 16 luglio 2019, n. 114.
[3] L’impianto di trattamento regolato dal punto 9.1.1. della Convenzione Marpol, oltre ad essere il più evoluto in tema di normativa ambientale, non è obbligato a possedere una cassa di ritenuta (holding tank); pertanto, al raggiungimento del livello superiore della cassa di trattamento, scarica in maniera automatica gli effluenti tratti fuori bordo, senza possibilità di trattenuta a bordo.
[4] Recante “attuazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico”.
[5] In cui è riportato il modulo contenente le informazioni che le navi devono comunicare all’Autorità marittima prima di entrare in porto.