Una storia scritta a colpi di scelte fuori dal coro. Dal "no" alle law firm (l'ultimo risale a circa un mese fa) alla creazione delle società prodotto. «Siamo attenti alle esigenze del mercato». E in futuro...
L'anniversario della fondazione di uno studio legale è spesso un utile appiglio per parlare di quell'organizzazione e dei suoi avvocati. Nel caso di Nctm, però, i vent'anni di attività dell'associazione fondata il primo gennaio del 2000 mentre in Italia si assisteva alla calata delle law firm internazionali (quindi a pensarci bene, di anni ormai ne sono praticamente passati ventuno) sono più che altro l'occasione per riflettere su come la professione legale sia cambiata nel corso di questo tempo e di quanta parte di questi cambiamenti siano stati rappresentati dalle strategie attuate dai professionisti di questo studio e dalla loro visione del mercato.
Nctm è stato, fin dall'inizio, uno studio controcorrente? «Quando abbiamo costituito Nctm - racconta il senior partner, Paolo Montironi - siamo sicuramente andati controcorrente nella scelta di dar vita a una struttura indipendente quando, invece, tra il 1999 e il 2000, tanti facevano a gara per associarsi a studi anglosassoni». I fondatori di Nctm scelsero di dire "no, grazie" sia agli americani di Graham & James (i quali sono stati successivamente inglobati in Greenberg Traurig), sia agli inglesi di Ashurst. «Dei no, a dire il vero - racconta Montironi - abbiamo continuato a dirli anche in tempi recenti. Poco più di un mese fa, una grande realtà inglese ci ha proposto una integrazione totale (avrebbero inglobato tutta la squadra: oltre 250 professionisti, ndr). Ma ancora una volta abbiamo deciso di seguire la nostra strada».
Ritornando a vent'anni fa, prosegue Montironi, «avevamo immaginato di creare uno studio indipendente italiano che potesse essere un recettore di referrals, mentre tanti si stavano accasando», sotto le insegne di operatori stranieri. «Un progetto che ha avuto un successo relativo, ma che ci è servito per creare Nctm» sottolinea l'avvocato. Che poi riprende: «La seconda volta in cui siamo andati controcorrente è, invece, stata quando abbiamo deciso di darci questo nome e sostituirlo a quello dei fondatori, immaginando che in questo modo sarebbe stato più facile integrare altri professionisti» eliminando le inevitabili discussioni sull'eventuale aggiunta di nomi in ditta ogni volta che c'era la possibilità di prendere un nuovo socio. «Questo è stato un percorso che abbiamo affrontato consapevoli di quanto ci sarebbe costato in termini di attenuazione della nostra personalità, a beneficio dell'organizzazione complessiva - si inserisce Alberto Toffoletto, cofondatore dello studio -. Questo, però, è ciò che ha rafforzato il marchio».
Fin dall'inizio, l'intenzione dei soci era di trasmettere un messaggio di continuità del progetto. Un tema che all'epoca si prospettava in un orizzonte temporale relativamente breve, era sicuramente «l'uscita di Gianfranco NegriClementi (terzo socio fondatore che nel 2007 divenne of counsel in ossequio alle previsioni statutarie e nel 2011 decise di fondare la propria boutique, ndr). Quello è stato un passaggio importante che però abbiamo vissuto in maniera totalmente indolore, continuando a crescere. E ora ci stiamo avvicinando al momento in cui toccherà a noi». Per consegnare ai soci più giovani una entità che non dipendesse esclusivamente dai suoi fondatori, prosegue Toffoletto, « bisognava necessariamente fare un passo indietro, il che è stato fatto proprio a cominciare dalla scelta del nome».
Oltre alla questione della continuità, però, la scelta di adottare un brand spersonalizzato è stata anche il riflesso della volontà di costruire un'organizzazione professionale che fosse strutturata come un'impresa. A proposito di scelte controcorrente, quello dell'organizzazione è stato un altro fattore di rottura che Nctm ha introdotto nel mercato italiano. «È stato un approccio un po' sacchiano - osserva Toffoletto richiamando la filosofia di gioco predicata da Arrigo Sacchi, allenatore del Milan che vinse tutto tra il 1988 e il 1991 -. Il nostro "calcio" era rappresentato dal modello della specializzazione che oggi è lo standard di mercato. Noi l'abbiamo imposta all'interno prima di tutti. Decidemmo che si poteva essere parte al massimo di due dipartimenti. E lo facemmo per tutelare la qualità del servizio e quindi dello studio nell'interesse dei clienti. Per noi era chiaro. Alcuni soci non gradirono e decisero di andar via, ma noi proseguimmo per la nostra strada perdendo inizialmente del fatturato ma recuperandolo nel giro di poco».
Stesso discorso può essere fatto rispetto alla decisione di mettere la «tecnologia alla base di tutto. E adesso abbiamo avviato una strategia che punta alla creazione di società prodotto, partita con la creazione di Solve che ora è diventato Nextlegal, società tra avvocati (Sta) per azioni che abbiamo fatto con un partner industriale (Cribis Credit Management, ndr)». Questo è senz'altro uno degli sviluppi più interessanti e recenti della strategia di mercato di Nctm. Il disegno che sta dietro alla creazione di società prodotto consiste nel portare la specializzazione a un nuovo livello, come spiega Toffoletto: «Creo degli studi che si occupano solo di una determinata tipologia di servizi». Lo abbiamo visto dopo l'estate con il varo di Nextlegal, dedicato alla gestione dei crediti problematici e lo avevamo già registrato a inizio 2020 con la fondazione di Uniqlegal partecipato oltre che da Nctm, anche da La Scala e Unicredit: un'altra Sta per azioni che si occupa della gestione del contenzioso passivo bancario e della consulenza legale ricorrente. Ma dalle parole del professor Toffoletto si capisce chiaramente che per i soci di Nctm la declinazione dell'attività legale in società prodotto ha molte altre possibilità di realizzazione. Sono diversi i settori in cui poter entrare con organizzazioni simili. «Il tema è sempre lo stesso: individuare le esigenze dei clienti e coprirle realizzando una soluzione che fornisca agli assistiti esattamente quello che a loro serve» in una logica di massima efficienza. Se si parte dalla specializzazione allora si può costruire un'iniziativa (che possiamo definire imprenditoriale) che mette assieme le risorse necessarie e la tecnologia più adatta «facendo tesoro dell'esperienza e del knowhow gestionale di Nctm».
In questa strategia, Nctm (che pure controlla delle quote delle società prodotto) resterà un'associazione professionale e non si trasformerà essa stessa in Sta. Quanto alla divisione dei ruoli e all'equilibrio che si potrà creare tra il ventaglio di società prodotto e lo studio legale da cui nascono tali iniziative, Toffoletto sottolinea che «sarà il mercato a definire questa separazione delle funzioni». Alcune attività saranno più efficacemente ed efficientemente gestite dalle società prodotto e altre resteranno appannaggio dello studio. Il punto è che la domanda di servizi legali ormai è diversificata ed esprime esigenze diverse a cui è disposta a riconoscere compensi diversi. «Giocare a due giochi nella stessa palestra non è possibile», dice Toffoletto. «A noi questo approccio ha consentito di fare molto ordine e molta chiarezza, misurando la redditività dei segmenti». «Abbiamo individuato - afferma Montironi - il modo più efficiente di svolgere determinate attività». Alcune destinate a essere gestite tramite le società prodotto e altre saldamente inserite nell'offerta dello studio legale.
Fino a pochi anni fa, gli studi rinunciavano a segmenti di business perché non congrui rispetto al loro modello organizzativo che era monolitico e decisamente refrattario al concetto di flessibilità. L'approccio avviato da Nctm, invece, ha consentito allo studio di non perdere delle opportunità e delle fonti di ricavi anche importanti.
E nei prossimi vent'anni, cosa accadrà? Ci sono cantieri aperti. A metà 2021 potrebbero essere annunciate importanti novità. E poi ci sarà la questione del passaggio generazionale. «Questa è una never ending story - dice Montironi. Quello che noi auspichiamo è che ci sia qualcuno che raccolga l'eredità non solo di ciò che abbiamo fatto, ma soprattutto di come lo abbiamo fatto. Che sia, cioè, capace di avere la stessa attenzione al mercato che abbiamo avuto noi in termini di disponibilità all'ascolto». Infatti, sottolinea il senior partner dello studio, «le iniziative di cui ha parlato Alberto (Toffoletto, ndr) derivano senza dubbio da una visione e capacità organizzativa, ma anche dal fatto che lo studio è stato capace di essere attento alle esigenze del mercato». Lo studio legale è una realtà viva e in continua mutazione. «Noi non abbiamo sacrificato la nostra ambizione personale per creare qualcosa che sarebbe finito con noi - aggiunge Montironi. Abbiamo fatto determinate scelte immaginando che questa fosse un'impresa tramandabile. E speriamo che dopo di noi ci siano dei soci che abbiano lo stesso senso di ownership e anche un po' di sano spirito di sacrificio per proporsi come nuovi custodi dello studio». Dalle parole di Montironi si capisce che la convinzione che anima l'avvocato è che esista una cultura di studio che non è solo quella dei fondatori ma una «cultura che sopravvive perché fatta dell'accumulo delle esperienze di tutti. Siamo fiduciosi che la maturazione personale porterà a una maturazione del senso di responsabilità nei nostri soci più brillanti e più giovani, i quali comprenderanno che lo studio è ormai molto più loro che nostro».
Tratto da Mag by Legalcommunity