In tempi recenti parrebbe essere tornata alla ribalta l’idea di creare un’area ad emissioni controllate nel mar Mediterraneo. La proposta è stata avanzata dalla Francia, che sulla scia dei modelli di ECA già visti nel Nord Europa e negli Stati Uniti, riterrebbe necessario (ri)tentare l’introduzione di un’area anche nei nostri mari.
La proposta francese, naturalmente, si fonda sui benefici che l’area potrebbe produrre a livello am-bientale. Prima di abbracciare l’idea di una nuova ECA, tuttavia, dovremmo considerare anche le possibili criticità.
La Emission Control Area (ECA), infatti, è un’area marittima sottoposta alla minimizzazione di emis-sioni di agenti inquinanti. Più precisamente, la risoluzione MEPC 176(58) della International Maritime Organization (IMO) ha definito le ECAs come aree in cui l’adozione di speciali misure obbligatorie per le emissioni navali è richiesta per prevenire, ridurre e monitorare l’inquinamento aereo da sostanze NOx o SOx e particolato (PM).
L’introduzione delle ECAs deriva dall’attuazione dell’Allegato VI al protocollo MARPOL. In particolare, l’Allegato VI è stato approvato nel 1997, introducendo delle limitazioni all’emissione di gas nocivi quali gli ossidi di zolfo (SOx) e gli ossidi di azoto (NOx). Lo stesso protocollo ha inoltre proibito l’emissione volontaria di sostanze dannose per l’ozono (ozone depleting substances, ODS), nonché l’emissione di sostanze organiche volatili (volatile organic compounds, VOC).
Queste limitazioni sono aumentate nel corso degli anni, fino alla risoluzione MEPC della International Maritime Organization (IMO), numero 58, adottata nel 2008, in vigore dal 2010.
Oggi il limite di tenore di zolfo nel combustibile utilizzato dalle navi è di 0.10 m/m, mentre fuori dalle ECAs il limite risulta del 3.5% m/m, anche se è destinato a diminuire ulteriormente fino allo 0.50% m/m a partire dal primo gennaio 2020.
Per quanto concerne l’Europa, oggi abbiamo aree ECA nel mar Baltico e nel Mare del Nord. Come detto, dopo essere stato presentato dalle autorità francesi un report illustrativo dei benefici di una possibile ECA nel mar Mediterraneo, quest’idea parrebbe aver (ri)fatto capolino.
I vantaggi che un’area di emissioni controllate potrebbe apportare sono riconducibili a:
Di converso, però, non dobbiamo dimenticare che occorre tenere in considerazione, oltre alla dove-rosa tutela dell’ambiente, anche le differenze che esistono tra il mar Mediterraneo e il Mar Baltico-Mar del Nord (in cui le ECAs sono attive).
Al riguardo, in particolare, l’impressione è che l’introduzione di un’area ECA nel Mediterraneo po-trebbe porre in crisi la nostra industry armatoriale. I costi del combustibile a basso tenore di zolfo sono infatti ben superiori a quelli oggi utilizzati nel nostro mare e qui le fonti di approvvigionamento sono ben più limitate rispetto ai citati mari del nord Europa. Di conseguenza, oggi il rischio derivante dall’introduzione di una ECA nel Mediterraneo potrebbe essere quello di cagionare un grave danno all’industria dello shipping.
Riterremmo dunque la possibile estensione dell’area di controllo delle emissioni al Mediterraneo un obiettivo ambizioso, ma difficilmente realizzabile in assenza di misure di implementazione atte a con-sentire all’industria marittima di assecondare tali processi virtuosi, per esempio disponendo di car-buranti e tecnologie alternative (quali il GNL o il c.d. cold ironing). Diversamente, il rischio sarebbe quello di arrecare un grave pregiudizio alle imprese armatoriali e di conseguenza all’intero mercato dello shipping. In altri termini riterremmo necessario contemperare le legittime istanze di tutela am-bientale con le oggettive condizioni del mercato di riferimento, trovando un punto di equilibrio.
In conclusione, segnaliamo come nel maggio del 2018 l’Italia si sia espressa a favore della ECA per il Mediterraneo. L’allora Ministro dell’Ambiente, a seguito del G7 ambiente di Metz, ha dichiarato in-fatti di ritenere necessaria l’introduzione di un’area ECA al fine di dare un decisivo contributo alla riduzione delle emissioni in atmosfera derivanti dal traffico marittimo e prevenire i conseguenti impatti dannosi sull’ambiente marino e sulla salute delle popolazioni delle aree costiere.
Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parere professionale.
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