Controverso, quanto rilevante, è individuare – nel caso concreto – quando ricorrano i presupposti che legittimano di ritenere che il venditore abbia riconosciuto un vizio della cosa venduta.
Di fatto, il riconoscimento del vizio esonera il compratore dall’onere di denunzia dello stesso entro lo stringente termine di otto giorni di cui all’art. 1495 c.c.
La Corte di Cassazione, con sentenza del 15 ottobre 2015, n. 20811, è intervenuta a chiarire gli elementi che devono riscontrarsi per aversi ‘riconoscimento del vizio’, stabilendo che non vi sia una forma determinata e che il riconoscimento possa esprimersi attraverso qualsiasi manifestazione, purché univoca e convincente. La Corte porta altresì esempi concreti, quali l’esecuzione di riparazioni e la sostituzione di parti della cosa medesima o qualsiasi attività diretta al ripristino della piena funzionalità della res vendita.
Il venditore deve quindi prestare molta attenzione, poiché di fronte a queste manifestazioni, nemmeno la precisazione di aver agito ‘per mera correttezza’ vale a escludere l’effetto ricognitivo, andando a vantaggio del convenuto che – pur non avendo denunziato tempestivamente il vizio – avrà un anno per farlo valere.