A quasi un anno dall’entrata in vigore della riforma della legge portuale italiana[1] pare opportuno riflettere in materia di prevenzione e sicurezza portuale, soprattutto, alla luce dell’attuazione in Italia della Direttiva Seveso III relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti[2].
Innanzitutto, parrebbe esserci un disallinemento tra le direttiva europea e la normativa italiana. Il tema, infatti, è legato all’apparente discordanza tra la normativa ambientale di Bruxelles e quella portualistica. Sembrerebbe infatti che, alla luce degli ultimi aggiornamenti, la prima non prescriva più il dovere per le amministrazioni portuali di predisporre il rapporto sulla sicurezza relativo alle aree portuali, mentre la seconda dispone esattamente il contrario.
Non è infatti la prima volta che un tale disallineamento tra normativa europea ed italiana si verifica (come già precedentemente avvenuto in tema di tassa di ancoraggio)[3], tuttavia, per la sintesi che la presente sede impone, ci limitiamo ad osservare quanto segue.
Il D.lgs. n. 105/2015, in attuazione della Direttiva Seveso III[4], ha abrogato il D.M. 16 maggio del 2001, n. 293, che imponeva alle Autorità Portuali (oggi Autorità di Sistema Portuale) l’obbligo di redigere e, successivamente, aggiornare il Rapporto Integrato di Sicurezza Portuale inerente al rischio di incidente industriale con riferimento a tutte le attività ritenute rischiose all’interno dei porti italiani.
Pertanto, con l’introduzione della nuova disciplina di cui al d.lgs. summenzionato, essendo venuto meno per le Autorità di Sistema Portuale l’obbligo di predisporre il rapporto sulla sicurezza, a detta di molti esperti si sarebbe configurato un vuoto normativo, con conseguenti riflessi negativi nella gestione di eventuali incidenti che potrebbero occorrere all’interno delle aree portuali, qualora siano coinvolti uno o più stabilimenti detti “Seveso” [5], o comunque riguardanti sostanze pericolose presenti all’interno del porto.
La ragione di tale possibile “vuoto normativo” deriva dal fatto che quanto disposto dalla nuova disciplina in materia di identificazione del rischio – specie in materia portuale – parrebbe non aver trovato corrispondenza all’interno della legge portuale italiana, neppure a seguito della riforma del 2016.
Infatti, ai sensi dell’articolo 5, co. 5, della L. 84/94, ad oggi, è ancora previsto che “Al piano regolatore portuale dei porti di cui ai commi 1 e 1-bis è allegato un rapporto sulla sicurezza dell’ambito portuale sui rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali”.
In sostanza, parrebbe permanere per i porti cd. di “interesse internazionale” l’obbligo di predisporre il Rapporto di Sicurezza in Ambito Portuale che, una volta approvato dal comitato di gestione dell’AdSP, dovrà essere allegato al relativo Piano Regolatore Portuale, senza più la necessità di adottare – come invece previsto in precedenza – né il Piano di Emergenza Portuale, né tantomeno il Piano di Emergenza Esterno all’area portuale[6].
Alla luce delle numerose critiche mosse dagli esperti e dagli operatori portuali circa un generale peggioramento della normativa in esame in materia di gestione del rischio in caso di incidente rilevante, sono stati elaborati alcuni studi di settore volti a tentare di porre rimedio al verificarsi della potenziale lacuna normativa sopra citata.
Il principale di questi parrebbe essere quello elaborato dall’ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) di concerto con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, il quale propone una serie di guidelines volte all’approvazione di un Piano di Emergenza Portuale che, tenendo conto anche degli altri strumenti di pianificazione presenti in ambito portuale, possa essere ritenuto valido ed efficace a prescindere dalla presenza o meno all’interno delle varie realtà portuali italiane di cd. “Stabilimenti Seveso” ed essere, quindi, ricompreso all’interno del Rapporto di Sicurezza da allegare successivamente al Piano Regolatore Portuale (denominato a seguito della riforma “Piano Regolatore di Sistema Portuale”)[7].
Ebbene, nonostante sia ormai trascorso quasi un anno dall’entrata in vigore della riforma portuale, ad oggi rimangono aperte ancora molte tematiche, tra cui quelle sopra citate in materia di previdenza e sicurezza. L’attuale D.lgs. n. 105/2015 parrebbe aver modificato in pejus la precedente normativa, limitando, di fatto, sia gli strumenti per prevenire gli incidenti sia quelli volti alla programmazione delle situazioni di emergenza.
Di conseguenza, alla luce delle considerazioni sopra citate e delle proposte tecniche volte a superare tale situazione di stallo normativo, non rimane altro che attendere una concreta risposta da parte delle Autorità di Sistema Portuale competenti che, per il momento, sembra tardare ad arrivare.
[1] Nello specifico, il D.lgs. 4 agosto 2016, n.169.
[2] Nell’ambito della normativa ambientale, il termine “rischio di incidente rilevante” indica la probabilità che da un impianto industriale che ricorre all’utilizzo di determinate sostanze pericolose derivi, a causa di fenomeni incontrollati, un incendio o un’esplosione che comporti un pericolo per la salute umana e/o per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento.
[3] In particolare, con riferimento alla tassa di ancoraggio, si ricorda l’esistenza di un disallineamento tra il contenuto dell’art. 22, comma 2-bis D.lgs. 21 giugno 2013, n. 69 (convertito in legge con la L. 9 agosto 2013, n. 98) – ed aggiunto dall’art. 1, co. 367, L. 28 dicembre 2015, n. 208 – in tema di misure per l’aumento della produttività nei porti e quanto disposto dall’art. 13 della L. 84/94 relativo alle entrate delle autorità portuali.
[4] La Direttiva comunitaria 2012/18/UE del 4 luglio 2012 relativa agli stabilimenti a rischio di incidente rilevante (nota anche come “Direttiva Seveso III”), è stata recepita in Italia dal D.lgs. n. 105/2015.
[5] Dove per “Stabilimento Seveso” si intende un’azienda che, per la natura dell’attività svolta, è soggetta ad un elevato rischio di incidente rilevante.
[6] Si noti che la precedente disciplina legislativa attuativa della Direttiva Seveso II, ora abrogata, aveva ad oggetto la regolamentazione delle modalità di redazione del Rapporto Integrato in materia portuale, del Piano di Emergenza Portuale (volto a limitare le conseguenze derivanti da incidenti rilevanti nei porti petroliferi ed industriali), nonché dei sistemi di controllo per le aree esterne a quella portuale.
[7] Si noti, per completezza, lo studio elaborato nel corso del 2016 da ARPA e CNVF, consultabile al seguente link: www.arpat.toscana.it/documentazione/report/seveso-ter-e-sicurezza-nei-porti/attachment_download/pubblica zione