Nei precedenti articoli [1] in materia di servizio di pilotaggio ci siamo soffermati sulle criticità che ne caratterizzano l’organizzazione, sui metodi di determinazione delle tariffe e sulle possibili distorsioni alla concorrenza che parrebbero poter derivare dall’attuale assetto normativo ed organizzativo di tale servizio.
Al riguardo, segnaliamo ora la recente sentenza del TAR Lazio n. 7084/2019 [2], che, pronunciando in materia di autoproduzione del servizio di pilotaggio, ha statuito dei principi utili per gli operatori del diritto e le imprese interessate, confermando di fatto gli “storici” confini dell’istituto.
Lo anticipiamo subito: i piloti sono andati in vantaggio, riuscendo sinora a mantenere immutato, puntellandolo, il regime monopolistico nell’ambito del quale viene reso il servizio in parola. D’altra parte, potremmo dire, ciò che viene “definito” può rendere più “agevole” il compito dell’avversario: una volta prese le misure, infatti, spetta a chi è in svantaggio dare buona prova di sé e ribaltare il risultato.
Rimanendo nella metafora, ricapitoliamo le azioni salienti del “primo tempo” di questa partita tra i piloti e... il progresso dello shipping alla luce dei principi della concorrenza:
In via preliminare, è interessante rilevare come il Consiglio di Stato, in primo luogo, abbia stabilito la competenza del Tribunale amministrativo del Lazio sulla base dell’efficacia dell’atto ministeriale, avente ambito ultraregionale. Al riguardo, secondo il supremo giudice amministrativo, il MIT non si è limitato ad escludere la possibilità di esenzione delle navi della ricorrente dall’assistenza dei piloti nell’ambito del porto salernitano, ma ha piuttosto dichiarato in termini generali che l’autoproduzione del servizio di pilotaggio non è allo stato ammissibile nell'ordinamento italiano. Ne consegue che gli effetti diretti e preclusivi che derivano dal provvedimento impugnato dalla ricorrente non sono limi-tati ad uno specifico ambito regionale ma si estendono a tutto il territorio nazionale, nella misura in cui precludono generaliter, e cioè in qualunque ambito portuale, l'accoglimento di istanze analoghe a quella in controversia: il TAR, quindi, si è pronunciato con riferimento non solo al caso specifico, ma rispetto alla modalità di svolgimento in generale del servizio di pilotaggio nell’ordinamento italiano.
Nel merito, il TAR Lazio ha ribadito che:
Da questo quadro normativo il giudice amministrativo deduce che “la regola generale del diritto italiano della navigazione prevede l’obbligatorietà, di regola, del pilotaggio così come sopra definito nei porti italiani, alla luce delle primarie esigenze di sicurezza della navigazione, ed è oggetto, per ciascun porto, di un apposito Decreto Ministeriale di attuazione”.
Da tale assunto per il TAR ne discende che il pilotaggio obbligatorio non possa essere sostituito dall’auto-pilotaggio, che consisterebbe sostanzialmente nel venir meno dell’alterità tra pilota e co-mandante della nave – “alterità” che costituisce invece l’essenza del servizio – ex art. 92 comma 1 Cod. Nav.: è infatti un soggetto professionalmente qualificato e distinto dall’equipaggio della nave (i.e. il pilota) che “suggerisce la rotta e assiste il comandante nella determinazione delle manovre ne-cessarie per seguirla”. L’obbligatorietà del servizio presuppone dunque che sia una persona esterna, dotata di una specifica competenza e qualificazione, a dare indicazioni alla nave sulla manovra da compiere nell’acque portuali.
Inoltre, ad avviso del TAR, non avrebbe pregio il riferimento all’art. 9 L. 287/1990 che stabilisce, an-che in caso di riserva per legge ad un soggetto della gestione di uno specifico servizio contro corrispettivo, la facoltà per i terzi “di produzione di tali beni o servizi per uso proprio” (cd. diritto all’autoproduzione).
Sarebbe lo stesso comma 2 dell’art. 9 ad escludere l’autoproduzione nei casi la riserva risulti stabilita “per motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e difesa nazionale”; nel caso di specie le ragioni di sicurezza della navigazione giustificherebbero la riserva in favore della Corporazione del servizio di pilotaggio. Tale esclusione non sarebbe neppure in contrasto con il diritto europeo e con il principio di libera prestazione di servizi, trattandosi di limitazioni che rispondono ad esigenze di sicurezza pubblica e dunque a “finalità di interesse generale”. Nessuna lesione dei principi della concorrenza sarebbe quindi ravvisabile per il TAR.
Palla al centro, dunque: vedremo se il legislatore o – nelle more di una novella legislativa – un revirement giurisprudenziale maggiormente orientato alle necessità di tutela del mercato e della libertà di iniziativa economica degli operatori del settore pareggerà la partita e finirà per ribaltarne l’esito.
Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parere professionale.
Per ulteriori informazioni contattare Franco Rossi.
[1] Vds. Shipping & Transport Bulletin ottobre - novembre 2018 e dicembre - gennaio 2019, nonché giugno-luglio 2019
[2] TAR Lazio, Roma, Sez. III ter, 3 giugno 2019, n. 7984.
[3] Il Pilot Exemption Certificate (PEC) consiste in un documento rilasciato dall’autorità competente di un determinato Stato, che accorda l’esenzione totale ovvero una modifica parziale alle condizioni di obbligatorietà del servizio di pilotaggio in favore di alcune tipologie di navi, generalmente sulla base di elementi quali la stazza lorda, la lunghezza fuori tutto, la frequenza degli scali in un determinato porto, la conoscenza della lingua e dei regolamenti locali.
[4] cfr. art. 102 Reg. cod. nav. “l’ammissione nella corporazione dei piloti avviene per titoli ed esami”.
[5] Nel caso del Porto di Salerno, l’obbligo del pilotaggio è stato stabilito a suo tempo con DM Ministero dei Trasporti del 2 giugno 1996 ove si prevede in termini inequivocabili - art. 1 - che “il pilotaggio è obbligatorio per l’entrata e l’uscita delle navi, per i movimenti all’interno del porto”.