La Corte di Giustizia dell'Unione europea si è recentemente pronunciata [1]
in merito alla nota vicenda degli asseriti aiuti di stato nel caso Fallimento Traghetti del Mediterraneo SpA (nel prosieguo “FTDM”).
Il caso trae origine dalle sovvenzioni previste dalla legge del 20 settembre 1974 n. 684 a favore di Tirrenia di Navigazione SpA (nel prosieguo “Tirrenia”) per il servizio di collegamento marittimo dell’Italia continentale con la Sardegna e la Sicilia.
In un primo momento, tra il 1981 e il 2000, l’impresa concorrente FTDM aveva intrapreso un’azione giudiziaria nei confronti di Tirrenia al fine di ottenere il risarcimento del danno provocato dall’abuso di posizione dominante di Tirrenia. Quest’ultima, infatti, secondo FTDM poteva permettersi, per via delle sovvenzioni, l’applicazione di un regime tariffario inferiore rispetto al reale costo del servizio.
L’esito dei tre gradi di giudizio che ne seguirono fu negativo per FTDM che, da ultimo, si vide respin-gere dalla Corte di Cassazione anche la richiesta di sottoporre alla Corte di Giustizia alcune questioni pregiudiziali riguardanti la compatibilità della legge 684/1974 con il diritto dell’Unione europea.
Successivamente, nel 2002, FTDM decise di intraprendere un nuovo giudizio nei confronti della Re-pubblica Italiana dinnanzi al Tribunale di Genova allo scopo di ottenere il risarcimento del danno subi-to in conseguenza (i) delle sovvenzioni concesse alla concorrente Tirrenia; (ii) del fatto di non avere la Corte di Cassazione (nonostante si trovasse nella posizione di organo di ultima istanza) investito la Corte di Giustizia delle questioni pregiudiziali richieste; (iii) del fatto di non avere lo Stato italiano in-formato la Corte di Cassazione dell’apertura di una procedura di infrazione dinnanzi alla Commissio-ne europea in relazione alla legge 684/1974 (vds. 2001/851/CEE).
Il Tribunale di Genova, dopo aver effettuato due rinvii pregiudiziali alla Corte di Giustizia [2]
, ha con-dannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare a favore di FTDM un’ingente somma di de-naro a titolo di risarcimento del danno. La medesima condanna, anche se fondata su una diversa mo-tivazione in diritto, veniva confermata dalla Corte d’Appello di Genova a seguito dell’appello propo-sto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Da ultimo, la Corte di Cassazione, adita dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha deciso di inter-rogare nuovamente la Corte di Giustizia, sottoponendole le seguenti questioni pregiudiziali:
Rispetto alla prima questione, la Corte di Giustizia innanzitutto ha ricordato le condizioni in presenza delle quali una misura nazionale può essere considerata aiuto di Stato:
In secondo luogo, la Corte di Giustizia ha affermato che le sovvenzioni concesse ad un’impresa - pri-ma della liberalizzazione del mercato in cui opera - non possono essere qualificate, per ciò solo, come aiuti esistenti. Più correttamente, si deve verificare, caso per caso, l’effettiva sussistenza delle condizioni necessarie alla qualifica di una misura come aiuto di Stato e in particolare, rispetto ai mercati non liberalizzati, l’idoneità ad incidere sugli scambi tra Stati membri e la capacità di falsare o minacciare di falsare la concorrenza.
Sulla seconda questione, la Corte di Giustizia ha affermato che non è applicabile al caso di specie il pe-riodo limite di 10 anni per il recupero degli aiuti da parte della Commissione. Dal momento che le sovvenzioni oggetto del procedimento principale sono state concesse in violazione dell’obbligo gra-vante in capo allo Stato di previa notifica stabilita per gli aiuti di stato nuovi, gli enti statali non posso-no avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento. Inoltre, nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, a proporre l’azione di risarcimento sia un’impresa concorrente della società benefi-ciaria degli aiuti, il principio della certezza del diritto non consente di applicare in via analogica il sud-detto termine di prescrizione di 10 anni previsto dall’art. 15 del regolamento 659/1999, in quanto previsto unicamente per le funzioni e i poteri specificatamente previsti per la Commissione europea.
I giudici nazionali, diversamente dalla Commissione europea che è competente rispetto alla verifica della compatibilità delle misure di aiuto con il mercato comune, devono provvedere alla salvaguardia dei diritti dei singoli in caso di inadempimento da parte degli Stati membri dell’obbligo di previa notifi-ca alla Commissione europea in caso di introduzione di aiuti nuovi. In linea di principio, anche indi-pendentemente dalla successiva approvazione da parte della Commissione europea, qualora un ri-corrente riesca a dimostrare di aver subito un danno dalla prematura applicazione di un aiuto di Sta-to, l’azione di risarcimento deve essere accolta.
Dunque, qualora i giudici nazionali, in assenza di una decisione della Commissione europea sul punto, siano investiti di un’azione di risarcimento del danno subito a causa della concessione di una misura di aiuto, si deve ritenere non rilevante a tali fini il termine di prescrizione di 10 anni di cui all’art. 15 del regolamento 659/1999. La scadenza del suddetto termine non può infatti avere un effetto sanante rispetto ad aiuti di Stato illegittimi che, per il solo fatto di essere divenuti aiuti esistenti, non potrebbe-ro più fondare l’accoglimento di un'azione di risarcimento del danno.
L'azione esercitata dal FTDM nei confronti dello Stato italiano rappresenta la concreta applicazione del cd. private enforcement del diritto europeo antitrust; ciò corrisponde alla possibilità per i soggetti privati (concorrenti dei beneficiari di aiuti) di agire davanti ai giudici nazionali per far valere le violazioni delle regole in materia di aiuti di Stato ed ottenere il risarcimento del danno subito. Tale strumento, come già emerso, può essere utilizzato anche prima che la Commissione europea abbia provveduto ad analizzare la misura di aiuto oggetto dell'azione.
Guardare al private antitrust enforcement quale strumento preposto alla tutela dei diritti soggettivi sarebbe però piuttosto limitativo. Infatti, se ci si pone nell’ottica della tutela del mercato comune, la ratio del private enforcement risulta evidente: concedendo la possibilità ai soggetti privati di adire i propri giudici nazionali e quindi rendendo maggiormente agevole la proposizione di richieste di risar-cimento del danno, un numero potenzialmente indefinito di soggetti operanti nel mercato funge da guardiano della concorrenza. A fronte di ciò, gli Stati membri presteranno maggiore attenzione nel concedere sovvenzioni.
La giurisprudenza nazionale in materia è in evoluzione ed il fenomeno risulta sempre più diffuso in Europa. In linea generale si può affermare che in capo all'attore che abbia intenzione di esercitare questo tipo di azione gravi l’obbligo di fornire prova del nesso di causalità tra il beneficio concesso dallo Stato all’impresa concorrente e il danno effettivamente subito. Nell’ambito di questo onere della prova, un pronunciamento da parte della Commissione europea relativo al caso specifico o ad un caso analogo può certamene risultare utile per rafforzare la propria linea difensiva, ma non rappre-senta un elemento indispensabile. Come già affermato infatti, concedere il risarcimento del danno alle imprese solo laddove la Commissione europea abbia considerato la misura statale oggetto della controversia come aiuto di Stato contrasterebbe con la ratio stessa del private enforcement.
A questo punto si rivelerà molto interessante analizzare la pronuncia del giudice del rinvio (la Corte di Cassazione) che dovrà prendere posizione sul punto. In particolare, si potranno ricavare preziose indicazioni circa la compatibilità della normativa nazionale con il diritto UE in materia di aiuti di Stato e le relative modalità di esercizio dell'azione di risarcimento del danno.
Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parere professionale.
Per ulteriori informazioni contattare Ekaterina Aksenova o Francesco Spinelli.
[1] Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 23 gennaio 2019, C-387/17, Presidenza del Consiglio dei Ministri c. Fallimento Traghetti del Mediterraneo SpA.
[1] Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 giugno 2006, C-173/03, Traghetti del Mediterraneo SpA c. Repubblica italiana e Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 10 giugno 2010, C-140/09, Fallimento Tra-ghetti del Mediterraneo SpA c. Presidenza del Consiglio dei Ministri.