Dopo lungo travaglio, l’8 maggio scorso la Commissione europea ha esteso il ‘Quadro Temporaneo di aiuti di Stato alle imprese nel contesto della pandemia COVID-19’ alle misure di ricapitalizzazione a favore delle imprese non finanziarie in difficoltà a causa della pandemia, siano esse società di grandi dimensioni o piccole e medie imprese (‘PMI’).
Si tratta di un cambio di prospettiva per certi versi storico. Benché, infatti, misure di ricapitalizzazione statali, se in linea con le condizioni di mercato e assimilabili ad investimenti privati non ricadano nel divieto di cui all’art. 107(1) TFUE, anche in funzione della neutralità del Trattato rispetto al regime di proprietà delle imprese ai sensi dell’art. 345 TFUE, l’ingresso dello Stato nel capitale di imprese in difficoltà è tradizionalmente visto con sfavore dalla DG Concorrenza.
La Comunicazione della Commissione con la quale è stato modificato il Quadro Temporaneo presenta di per sé vari aspetti di novità. In primo luogo perché prevede una disciplina applicabile trasversalmente ai diversi settori industriali, a differenza della comunicazione sulle ricapitalizzazioni bancarie varata nel 2009 e oggetto di successivi affinamenti, rivolta esclusivamente agli enti creditizi. Nel merito, sono poi previste condizioni stringenti sia per la concessione degli aiuti sia per la rimuneratività dell’intervento, per molti versi innovative rispetto alle esperienze passate. A prima vista, tuttavia, le condizioni paiono meno severe rispetto a quelle previste in altri strumenti esistenti (come quelle contenute ad esempio negli Orientamenti sugli aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione di imprese in difficoltà) e il controllo della conformità delle misure rispetto al quadro delineato dalla Commissione pare essere maggiormente delegato ai singoli Stati membri.
Consapevole degli effetti distorsivi sulla concorrenza e delle disparità che misure di questo tipo possono produrre tra i vari Stati membri, la Commissione ha comunque fissato vari limiti alla concessione degli aiuti.
Segnatamente, gli aiuti alla ricapitalizzazione possono essere concessi al verificarsi delle seguenti condizioni:
i) senza l’intervento statale l’impresa beneficiaria andrebbe incontro al fallimento o avrebbe gravi difficoltà a mantenere le sue attività;
ii) deve trattarsi di intervento nell’interesse generale, ad esempio per evitare difficoltà di ordine sociale a causa di una perdita significativa di posti di lavoro, l'uscita dal mercato di un'impresa innovativa o di importanza sistemica, il rischio di perturbazione di un servizio importante o comunque motivato “da situazioni analoghe debitamente giustificate dallo Stato membro interessato”;
iii) il beneficiario non è in grado di reperire finanziamenti a costi accessibili sul mercato e le misure orizzontali esistenti nello Stato membro considerato non sono sufficienti a consentire il ripristino della redditività dell’impresa.
Inoltre, in linea con le altre misure previste dal Quadro Temporaneo, non potranno beneficiare degli aiuti le imprese già in difficoltà al 31 dicembre 2019 (secondo la definizione contenuta nel Regolamento generale di esenzione per categoria 651/2014). Per quanto concerne la tempistica di concessione degli aiuti, dal momento che i problemi di solvibilità potrebbero manifestarsi nei prossimi mesi, per le misure di ricapitalizzazione il Quadro Temporaneo sarà in vigore fino al 30 giugno 2021 (per le altre misure il limite temporale attualmente previsto è del 31 dicembre 2020).
Gli Stati membri dovranno notificare alla Commissione i regimi di aiuto e gli aiuti individuali superiori alla soglia di 250 milioni di euro. Le misure di sostegno potranno essere erogate solo in seguito ad una richiesta pervenuta per iscritto dall’impresa interessata a ricevere l’aiuto.
Gli Stati membri potranno concedere misure di ricapitalizzazione sotto forma di (a) strumenti di capitale, in particolare, con l’emissione di nuove azioni ordinarie o privilegiate e/o (b) strumenti ibridi di capitale (diritti di partecipazione agli utili, partecipazioni senza diritto di voto, obbligazioni convertibili garantite o non garantite).
Al fine di garantire la proporzionalità dell’aiuto, l’ammontare della ricapitalizzazione deve limitarsi al minimo necessario per consentire il ripristino della redditività dell'impresa, ma non sono previste soglie massime. In proposito tuttavia la Commissione precisa che l’aiuto “non dovrebbe andare al di là del ripristino della struttura patrimoniale del beneficiario alla situazione anteriore alla pandemia di COVID-19, ossia la situazione al 31 dicembre 2019”.
Quanto alla remunerazione, è espresso chiaramente il principio che lo Stato dovrà essere adeguatamente remunerato per l’investimento effettuato. Per gli strumenti di capitale, è previsto in particolare un “meccanismo di incremento progressivo” della remunerazione per lo Stato, volto a incentivare i beneficiari a riacquistare le azioni in mano pubblica.
Si tratta, nella sostanza, di un aumento corrispondere almeno al 10% della remunerazione se dopo cinque anni lo Stato non è riuscito a cedere almeno il 40% della propria quota (quattro anni per le società quotate). Il meccanismo scatterebbe nuovamente dopo i successivi due anni se lo Stato nel frattempo non avesse liquidato tutta la propria quota.
La Commissione potrebbe accettare “meccanismi alternativi” a quello appena descritto proposti dagli Stati membri, a condizione che nel complesso ne risultino effetti analoghi d’incentivo sull’uscita dello Stato e un impatto globale analogo sulla remunerazione dello Stato (punto 62 della Comunicazione).
Gli Stati membri e le grandi imprese che hanno beneficiato di significativi aiuti alla ricapitalizzazione (più del 25% del capitale proprio al momento dell’intervento), sono inoltre tenuti ad elaborare una exit strategy, salvo che l’intervento statale venga ridotto al di sotto del 25% del capitale entro un anno dalla data di concessione dell’aiuto.
La strategia d’uscita dev’essere preparata e trasmessa allo Stato membro entro 12 mesi dalla concessione dell’aiuto e dev’essere approvata dallo stesso Stato membro. Essa deve contenere:
Se, a sei anni dalla concessione dell'aiuto alla ricapitalizzazione nel caso di società quotate (sette anni per le altre imprese) la partecipazione dello Stato non è stata ridotta a meno del 15% del capitale dell’impresa interessata, dovrà essere notificato alla Commissione un piano di ristrutturazione dell’impresa beneficiaria.
Un’altra disposizione ah hoc rivolta soltanto alle imprese diverse dalle PMI riguarda la necessaria illustrazione del modo in cui gli aiuti ricevuti sostengono le loro attività in linea con gli obiettivi dell’UE e gli obblighi nazionali in materia di trasformazione verde e digitale, compreso l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 (punto 44).
Quanto agli aspetti di governance, fino a quando lo Stato non avrà ceduto la propria partecipazione, le imprese beneficiarie sono soggette al divieto di versare dividendi e di riacquisto delle azioni. Inoltre, fino al momento in cui sarà rimborsato almeno il 75% della ricapitalizzazione, si dovranno applicare rigorose limitazioni alla remunerazione della dirigenza.
Infine, per garantire che i beneficiari non utilizzino l'aiuto alla ricapitalizzazione a detrimento della concorrenza, fino al momento in cui sarà rimborsato almeno il 75% della ricapitalizzazione, ai beneficiari, diversi dalle PMI, è fatto divieto di acquisire una partecipazione superiore al 10% in imprese concorrenti o altri operatori a monte e a valle, salvo autorizzazione della Commissione.
La Commissione interpreta le misure di ricapitalizzazione statali come una extrema ratio ed anzi afferma chiaramente la propria preferenza per soluzioni di sostegno a livello dell’UE rispetto a interventi di singoli Stati Membri, che rischiano di minare in radice l’integrità del mercato interno e provocare shock asimmetrici a scapito degli Stati che hanno minori possibilità di sostenere la loro economia (v. punto 8 della Comunicazione). La Commissione fa riferimento anche ad altri strumenti che reputa più idonei per sostenere in particolare le imprese strategiche dei singoli Stati membri e fa espresso riferimento al Regolamento (UE) 2019/452 sul controllo degli investimenti esteri e alla propria recente Comunicazione del 25 marzo 2020 in materia.
Ma al di là delle affermazioni di principio, nelle pieghe della Comunicazione, la flessibilità che si riserva la Commissione nel valutare le misure di aiuto proposte dagli Stati membri pare significativa, al pari dei possibili margini di manovra di questi ultimi. Si pensi, in proposito: (i) alla locuzione, piuttosto elastica, di impresa già in difficoltà al 31 gennaio 2019; (ii) al “rischio di perturbazione di un servizio importante” e alle “situazioni analoghe debitamente giustificate dallo Stato” che potrebbero giustificare interventi anche in situazioni non caratterizzate da fallimenti di mercato; (iii) alla possibilità di proporre meccanismi di remunerazione alternativi al severo “meccanismo di incremento progressivo” descritto nella Comunicazione; (iv) all’assenza di qualsivoglia riferimento all’obbligo di condivisione degli oneri della ristrutturazione in capo ai privati, azionisti e creditori subordinati, che pure aveva costituito il leit motiv della revisione delle regole in materia di aiuti a partire dal 2013.
A quest’ultimo riguardo è significativa la modifica apportata al punto 7 del Quadro Temporaneo: se una banca avrà bisogno di aiuti statali, occorrerà verificare le condizioni per una c.d. ricapitalizzazione precauzionale ai sensi della Direttiva 2014/59/UE (BRRD) (v. il caso Monte Paschi), con espressa esclusione, in tal caso, dell’obbligo di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati.
Nel disegnare le misure di aiuto alle proprie imprese, gli Stati membri dovranno dunque conformarsi ai principi e alle condizioni indicate nella nuova Comunicazione della Commissione. Nella bozza di decreto rilancio che sarà pubblicato a breve, il Governo ha messo nero su bianco la propria volontà di intervenire tramite ricapitalizzazioni con la Cassa Depositi e Prestiti, attraverso un patrimonio destinato all’uopo configurato, senza tuttavia disegnare nel dettaglio il regime sulla base del quale verranno concretamente attuati gli interventi. Per le imprese con ricavi fino a 50 milioni, invece, è previsto un credito di imposta per i conferimenti di denaro destinati ad aumenti di capitale e l’istituzione di un “Fondo Patrimonio PMI” finalizzato a sottoscrivere, entro il 31 dicembre 2020, obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione, in linea con le condizioni previste nel Quadro Temporaneo.
Ad oggi, la Commissione ha approvato aiuti di Stato all'economia dell'UE per un importo stimato di 1900 miliardi di euro, oltre il 50% dei quali a favore di un unico Stato membro (Germania). 107 misure di aiuti sono state autorizzate sulla base dell’art. 107(3) TFUE, lett. b), di cui 103 ai sensi del Quadro Temporaneo, mentre 4 al di fuori di esso, in applicazione diretta dell’art. 107(3) TFUE, lett. b), la deroga del Trattato che consente la concessione di aiuti volti a rimediare a un grave turbamento dell’economia degli Stati membri.
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