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    15.03.2019

    Brexit – l’Italia si prepara a “<i>no deal</i>”


    Introduzione

    Il presente documento analizza i contenuti del comunicato n. 15 emesso dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in relazione all’ipotesi, sempre più probabile, in cui il Regno Unito receda dall’Unione Europea senza raggiungere un accordo.

     

    Il 29 marzo del 2017, il Regno Unito ha comunicato la sua intenzione di utilizzare l’art. 50 del Trattato sull’UE per uscire dall’Unione Europea. Per gestire questa situazione in termini chiari e ordinati, nel novembre 2018, i paesi dell’Unione Europea (Regno Unito escluso) hanno raggiunto un accordo di recesso concordato.

     

    In questo scenario, dal 30 marzo 2019 (due anni dopo la comunicazione), il Regno Unito cesserà definitivamente di essere parte dell’Unione Europea, divenendo a tutti gli effetti uno stato terzo e, di conseguenza, vi sarà una discontinuità nei rapporti bilaterali con l’Unione Europea e un diverso livello di cooperazione.

     

    A causa della preoccupazione conseguente al voto negativo della Camera dei Comuni sulla ratifica dell’accordo, il 15 gennaio 2019 il Governo Italiano, seguendo le indicazioni della Commissione Europea, ha avviato dei preparativi per il caso in cui il recesso avvenga senza accordo.

     

    Il 12 marzo 2019 la Camera dei Comuni si è espressa ancora negativamente sulla proposta, rendendo l’ipotesi della cosiddetta “hard Brexit” sempre più probabile.

     

    Detto ciò, vi è ancora una grande incertezza sulla questione: Theresa May ha ottenuto, da parte della Camera dei Comuni in data 14 marzo, l’approvazione per il rinvio dell’uscita ufficiale del Regno Unito. Nei prossimi giorni si terranno due votazioni che potrebbero delineare, in maniera precisa, il futuro dell’Unione Europea e del Regno Unito.

     

    Il 20 marzo 2019 è prevista una terza votazione riguardante il deal. Se l’esito dovesse essere positivo, l’idea del Primo Ministro britannico è chiedere di posticipare la Brexit al 30 giugno 2019. Se invece dovessero essere confermate le attese negative, il Governo chiederebbe un’estensione più duratura.

     

    Tutto questo dipende però dalla votazione che si terrà il giorno successivo (21 marzo 2019) nel summit dell’Unione Europea dei 27 Stati Membri. Infatti, per ottenere un’estensione dell’articolo 50 del Trattato, è necessaria l’approvazione unanime dei leader dei 27 paesi.  Le prime notizie riportano che non dovrebbero esserci problemi per quanto riguarda l’approvazione di un breve rinvio. Al contrario, la richiesta di un’estensione più lunga, dipenderà in larga parte dalla presentazione di un piano chiaro da parte del Governo britannico su come intende procedere durante i mesi del rinvio.

    1. Gli obiettivi del Governo italiano

    Il Governo italiano si sta preparando all’imminente Brexit e, nel farlo, si è posto degli obiettivi. Questi obiettivi, indicati all’interno del documento pubblicato dal Consiglio dei Ministri l’11 febbraio 2019, consistono nel garantire:

    • la tutela dei diritti dei cittadini italiani che vivono nel Regno Unito e, viceversa, dei cittadini britannici che vivono in Italia;
    • la tutela della stabilità finanziaria e della continuità operativa dei mercati e dei settori bancario, finanziario e assicurativo, su cui il presente articolo si focalizzerà; e
    • la promozione di un’adeguata preparazione delle imprese e la gestione di emergenze relative ad alcuni ambiti settoriali.

    1.1. Il comunicato n. 15 del MEF

    Il 24 gennaio 2019 è stato diffuso il comunicato n. 15 nel quale viene annunciato che il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha definito un piano di misure cautelative per garantire la piena continuità dei mercati e degli intermediari in caso di recesso senza accordo. Attraverso questo provvedimento si intende rallentare i meccanismi di separazione per evitare un blocco traumatico del mercato finanziario italiano nel quale gli operatori del Regno Unito giocano un ruolo importante.

     

    Tuttavia, a causa della grande incertezza intorno a questo scenario, è altamente consigliato che gli individui e le imprese che saranno interessate dalla Brexit non si facciano trovare impreparate.

     

    In Italia è stata istituita un’apposita task force per pensare a dei pieni di emergenza per affrontare il caso di hard Brexit. A causa dei rischi elevati che l’ipotesi del no-deal comporterebbe, il Governo sta cooperando con le autorità di vigilanza (Bankitalia e CONSOB) e le associazioni di categoria (IVASS e Covip) per giungere ai provvedimenti necessari.

     

    Come affermato nel comunicato stesso, è molto probabile che queste misure prendano la forma di decreto legge (cosiddetto decreto Tria) qualora le attese negative dovessero venire confermate e vi siano i requisiti di necessità e urgenza per agire.

     

    Le misure stabilite sono ancora coperte da riserbo ma, dal comunicato, emerge la chiara volontà del Ministero di rassicurare che, anche nella peggiore ipotesi, siano garantite:

    • la stabilità finanziaria, l’integrità e la continuità operativa dei mercati e degli intermediari; e
    • la tutela dei depositanti, degli investitori e della clientela in generale.

    Per raggiungere questo scopo è previsto un congruo periodo transitorio di 21 mesi (dal 30 marzo 2019 al 31 dicembre 2020) durante la quale gli intermediari (es. banche) e le imprese di investimento potranno continuare ad operare con le regole antecedenti la Brexit, analogamente al periodo transitorio previsto nel deal proposto dall’Unione Europea.

     

    Inoltre, alla base dei provvedimenti vi è un principio di bilateralità per cui viene garantita la possibilità di continuare a operare con la normativa attuale sia per gli operatori italiani attivi anche nel Regno Unito che viceversa.

     

    La normativa conterrà anche i passaggi che i vari tipi di intermediari dovranno seguire, secondo la rispettiva normativa settoriale applicabile, per adeguarsi e poter così continuare ad operare anche oltre il periodo transitorio definito.

     

    Il Governo italiano intende così definire un quadro normativo certo che consenta a ciascun operatore di adeguarsi, per tempo, al nuovo contesto istituzionale ed operativo che si verrà a creare alla fine del ponte di 21 mesi.

     

    Riguardo la data di emanazione delle misure, nel comunicato n. 15 non viene indicata una data specifica, dipendendo questa dagli sviluppi delle trattative tra Unione Europea e Regno Unito. Tuttavia, viene garantito che, quello che probabilmente sarà un decreto, entrerà in azione in tempo utile (prima del 29 marzo) per fornire chiarezza e permettere così un ordinato svolgimento delle operazioni in caso di hard Brexit.

     

    Come specificato nel comunicato, il provvedimento verrà formalmente adottato solo nel caso in cui il recesso senza accordo venga definitivamente formalizzato. Per questo motivo, dopo la conferma del voto negativo da parte della Camera dei Comuni il 12 marzo 2019, il Governo ha deciso che il provvedimento sarà approvato nel corso della settimana successiva (fonte ANSA), in base all’esito delle due votazioni previste, nel Regno Unito e in Europa, per il 20 e 21 marzo 2019.

    1.2. Il caso dei derivati

    Una menzione particolare, data la delicatezza della situazione, meritano i derivati.

     

    Il problema principale è rappresentato, in caso di un’uscita dall’Unione Europea senza accordo, dalla perdita da parte delle controparti inglesi del passaporto europeo e la conseguente impossibilità di offrire servizi finanziari nell’Unione Europea, causando una discontinuità contrattuale che sarebbe pericolosa per il mondo dei derivati e di altri settori finanziari. Per questo motivo è fondamentale evitare l’ipotesi di un vuoto normativo.

     

    Esistono due tipi di derivati, ognuno con problematiche differenti:

    • i derivati standardizzati e regolati con controparti centrali. Questi contratti sono i più diffusi (l’85% dei contratti firmati da banche o imprese italiane con intermediari inglesi ricade in questa tipologia) e saranno coperti dalle regole stabilite a livello comunitario; e
    • i cosiddetti contratti “uncleared” che la banca realizza su misura dell’impresa (in base alle sue esigenze) e, di conseguenza, in cui è assente una controparte centrale. Per questa seconda tipologia bisogna intervenire a livello nazionale seguendo, anche in questo caso, il principio della transitorietà che consenta alle parti in causa di avere il tempo necessario per adattarsi al nuovo contesto. Il Governo italiano si è mosso in ritardo rispetto a paesi come la Germania e la Francia per quanto riguarda questo ambito.

    2. Il comunicato della CONSOB

    La CONSOB, il 12 marzo 2019, ha rilasciato il Richiamo di attenzione n. 3 rivolto sia agli intermediari britannici che operano in Italia che agli intermediari italiani che operano nel Regno Unito.

     

    In particolare, data l’incertezza, l’autorità italiana per la vigilanza dei mercati finanziari evidenzia la necessità di informare la propria clientela in modo tempestivo e completo per quanto riguarda gli effetti che l’hard Brexit avrebbe nei rapporti di prestazione di servizi d’investimento. Inoltre, la CONSOB sottolinea anche l’importanza che le informazioni in possesso dei clienti siano chiare e comprensibili.

    3. L’altro piano di emergenza

    Nonostante l’Unione Europea abbia invitato a rispettare il principio di unitarietà e cooperazione e, quindi, ad evitare tentativi di raggiungere un accordo bilaterale con il Regno Unito, il Governo italiano si è preparato a tutti gli scenari. Per questo motivo, nei diversi piani di emergenza, rientra anche l’ipotesi di un accordo bilaterale con il Regno Unito data l’importanza delle esportazioni dell’Italia verso il Regno Unito (il cui valore è 23 miliardi di euro circa) e l’elevato numero sia di italiani presenti nel Regno Unito che di intermediari attivi in questi due mercati nazionali.

     

     

     

     

     

     

     

    Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parere professionale. Per ulteriori informazioni contattare Matteo Gallanti.

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