Questi i fatti:
- sei anni dopo la compravendita di un immobile, parte alienante evoca in giudizio parte acquirente chiedendo che il contratto sia annullato per dolo;
- nel costituirsi in giudizio, parte acquirente eccepisce la prescrizione della domanda di annullamento (ai sensi dell’art. 1442 c.c.), essendo trascorsi più di cinque anni dalla stipulazione del contratto;
- il Tribunale dà ragione a parte acquirente, pur respingendo la sua eccezione di prescrizione;
- parte alienante interpone appello;
- nel costituirsi in grado di appello, parte acquirente – nonostante l’eccezione di prescrizione sia stata respinta in prime cure – non solleva sul punto appello incidentale ex 342 c.p.c., ma si limita a riproporre detta eccezione ex art. 346 c.p.c.;
- la Corte d’Appello accoglie l’eccezione di prescrizione riproposta da parte acquirente e respinge l’appello di parte alienante;
- parte alienante ricorre per cassazione sostenendo che la Corte d’Appello non avrebbe potuto esaminare l’eccezione di prescrizione ex adverso riproposta, in quanto parte acquirente aveva l’onere di sollevare sul punto appello incidentale.
Di qui il quesito: quando il convenuto, vittorioso in primo grado, si è visto rigettare una propria eccezione di merito, può egli limitarsi a riproporla ex art. 346 c.p.c.? Oppure ha l’onere di sollevare sul punto appello incidentale ex art. 342 c.p.c.?
All’interrogativo rispondono (trattandosi di “questione di particolare importanza”) le Sezioni Unite, che scelgono la seconda soluzione. Il presupposto sul quale la Cassazione, nella sua più autorevole composizione, fonda tale conclusione sta, essenzialmente, nel principio di soccombenza: infatti, il convenuto – per quanto vittorioso circa l’esito finale della lite – è pur sempre soccombente con riferimento allo specifico profilo dell’eccezione respinta e, quindi, ha l’onere di proporre l’appello incidentale con riferimento alla stessa, così come, specularmente, l’attore soccombente ha l’onere di proporre l’appello principale sulle altre parti della sentenza.
Le Sezioni Unite chiariscono, tuttavia, che il convenuto vittorioso non ha l’onere di proporre l’appello incidentale tutte le volte in cui la sua eccezione non è stata accolta. Bisogna infatti distinguere:
- da un lato, i casi in cui l’eccezione non è stata accolta in quanto respinta;
- dall’altro lato, i casi in cui l’eccezione non è stata accolta in quanto il giudice si è semplicemente disinteressato di essa.
Infatti, mentre nella prima ipotesi il convenuto vittorioso ha l’onere dell’appello incidentale, nella seconda egli può limitarsi a riproporla.
Ma come si fa, in concreto, a distinguere la prima ipotesi dalla seconda? Le Sezioni Unite chiariscono che l’eccezione è da intendersi respinta (con conseguente onere di appello incidentale) quando nella motivazione della sentenza vi è un’enunciazione espressa del giudice di prime cure circa l’infondatezza dell’eccezione, ovvero quando – pur non essendovi tale enunciazione espressa – vi sia un’enunciazione indiretta dalla quale si evince in modo chiaro e inequivoco che il giudice di prime cure l’ha ritenuta infondata.
La sentenza, peraltro, fornisce risposta a due interrogativi di non scarso momento.
- Posto che vi è onere di appello incidentale nei casi in cui l’eccezione è stata respinta (anche, come si è detto, indirettamente), tale onere sussiste anche quando l’eccezione respinta appartiene al novero delle c.d. “eccezioni in senso lato”? La risposta è affermativa, poiché – in mancanza di specifica impugnazione – si formerebbe giudicato interno ai sensi dell’art. 329, comma 2°, c.p.c. È vero, infatti, che – trattandosi di un’eccezione in senso lato – il giudice ha il potere di rilevarla d’ufficio, ma è altrettanto vero che questo potere non può che trovare un limite invalicabile nel giudicato interno che si è formato sul punto che costituisce oggetto dell’eccezione.
- Nei casi in cui l’eccezione, anziché respinta, risulti semplicemente non accolta per essersi il giudice disinteressatone, e nei quali è dunque possibile limitarsi alla riproposizione dell’eccezione, quali sono le conseguenze processuali ove non venga né sollevato appello incidentale né riproposta l’eccezione? La risposta è che l’eccezione s’intende rinunciata ai sensi dell’art. 346 c.p.c., ma – se si tratta di eccezione in senso lato – il giudice può rilevarla d’ufficio (ai sensi dell’art. 345, comma 2°, c.p.c.).
Di seguito proponiamo, come possibile guida alla lettura, uno schema di sintesi:
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