Una prima analisi critica dei limiti regolatori previsti dalla disciplina italiana sui data center
Il 27 febbraio scorso, mentre milioni di utenti attendevano l’arrivo di GPT 4.5, il nuovo modello di OpenAI, un imprevisto ha intralciato i piani di lancio della società leader nel settore dell’intelligenza artificiale. Come ammesso su X dal CEO Sam Altman, la richiesta di risorse computazionali del nuovo modello “gigante e costoso” di OpenAI ha comportato un’inaspettata carenza di unità di elaborazione grafica (GPU), necessarie per supportare il suo funzionamento.
Questo episodio, che ha causato la posticipazione del lancio di GPT 4.5, rende manifesta l’esigenza nel mondo AI di sempre maggiori risorse di calcolo per alimentare le nuove frontiere della tecnologia e, conseguentemente, di una quantità sempre maggiore di energia.
L’obiettivo di questo focus è affrontare alcuni aspetti specifici dell’annosa querelle tra innovazione tecnologica e impatto ambientale (ed energetico) provocato dalla stessa. E quale miglior punto di partenza se non l’analisi della disciplina regolatoria della principale fonte di fabbisogno computazionale per l’elaborazione di massicce quantità di dati? I data center: ormai elementi essenziali per supportare l'espansione degli algoritmi di intelligenza artificiale.
I data center, anche noti come centri di elaborazione dati (CED), sono infrastrutture fisiche che ospitano le apparecchiature (in primis, server e sistemi di storage) e i servizi di gestione delle risorse informatiche, costituendo un’infrastruttura IT che può essere funzionale a uno o più fruitori.
Sul tema, per la prima volta in Italia, sono state adottate dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), con Decreto n. 257 del 2 agosto 2024, delle Linee Guida per le Procedure di Valutazione Ambientale dei Data Center (Linee Guida).
Tale provvedimento è stato reso necessario dalla constatazione, espressa dai vertici del MASE, che i data center “rappresentano quasi il 3% della domanda di elettricità dell’UE, percentuale destinata ad aumentare nei prossimi anni. Da qui la necessità di indirizzarli verso una maggiore efficienza ai fini della sostenibilità”. Sul punto, il crescente utilizzo di modelli di AI, ha spinto l’Agenzia Internazionale dell’Energia a prevedere per il 2026 un raddoppiamento del consumo di elettricità per alimentare i data center rispetto a quanto richiesto nel 2022. E la prospettiva per gli anni a venire è quella di una vorticosa crescita della domanda di energia. Recentemente, il Financial Times ha sollevato la questione se l'energia nucleare possa essere la risposta ideale per alimentare l'intelligenza artificiale senza emissioni di carbonio. Un evento significativo è stato l'accordo tra Microsoft e Constellation Energy per l'acquisto dell'energia prodotta dalla centrale nucleare di Three Mile Island, in Pennsylvania, per i prossimi 20 anni. Questo impianto fornirà 835 megawatt di energia, sufficiente per alimentare circa 800.000 case.
Ma aldilà di quale sia la fonte (fossile o meno) energetica, nello specifico i data center, oltre ad aver bisogno di una connessione alla rete elettrica per l’alimentazione dei relativi consumi, necessitano di gruppi elettrogeni di emergenza per far fronte ad eventuali interruzioni di energia elettrica. Sono proprio questi gruppi di elettrogeni a costituire uno degli aspetti di impatto ambientale più rilevante.
È per questo che le Linee Guida limitano l’ambito di applicazione ai gruppi elettrogeni di emergenza la cui potenza termica nominale sia superiore a 50MW, distinguendo un livello di assoggettamento procedimentale progressivo alla normativa ambientale.
In tal senso, chiunque intenda realizzare un data center dovrà sottoporre il progetto, alternativamente, a:
per i casi in cui la potenza è ricompresa tra i 50 e 150 MW, verifica di assoggettabilità a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) ai sensi dell’art. 19 del Testo Unico Ambientale (TUA), volta a verificare se il progetto non determina potenziali impatti significativi e quindi può essere escluso dal procedimento di VIA;
per i casi in cui la potenza è superiore a 150 MW, dovrà invece essere eseguita una VIA ai sensi dell’art. 23 e ss. del TUA, al fine di individuare, descrivere e valutare, in modo appropriato, gli impatti ambientali del progetto.
Si consideri, però, che gli impatti sull’ambiente dei data center, non sono solo quelli generati dalle unità in esercizio degli impianti sulla componente atmosfera, dal momento che il progetto può incidere anche su consumo e impermeabilizzazione di suolo, sul paesaggio, sulla biodiversità, sull’ambiente idrico, sulla salute e, ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett. c) del TUA, gli impatti ambientali da valutare sono tutti gli “effetti significativi, diretti e indiretti, di un piano, di un programma o di un progetto, sui seguenti fattori:
popolazione e salute umana;
biodiversità;
territorio, suolo, acque, aria e clima;
beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio;
interazione trai fattori sopra elencati”
Pertanto, al fine di predisporre la documentazione necessaria per le valutazioni ambientali previste, sarà necessario prendere in considerazione tutti i potenziali impatti del data center, anche se la produzione di energia da parte dei generatori di emergenza avviene per intervalli di tempo circoscritti, durante le attività di manutenzione ordinaria o durante le eventuali limitate interruzioni di rete.
Le recenti Linee Guida provano dunque ad affrontare il tema della sostenibilità dei data center, richiedendo agli operatori un approccio integrato per conciliare innovazione tecnologica e responsabilità ambientale. In questo contesto – sicuramente intricato - abbiamo sviluppato un’esperienza nella navigazione del framework normativo-regolamentare su come implementare efficacemente le procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) e garantire la conformità con le recenti disposizioni. L’obiettivo è di assistere gli operatori che intendano sviluppare progetti sostenibili, ottimizzando l'efficienza operativa e riducendo gli impatti ambientali.