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    22.02.2018

    Il punto della Suprema Corte sulla nullità del contratto di locazione non registrato


    La Suprema Corte si pronuncia in punto di nullità della tardiva registrazione del patto contenente una maggiorazione del canone di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo.

     

    La fattispecie che fa da sfondo alla sentenza in commento è quella riguardante la richiesta di sfratto per morosità di due immobili concessi ad uso commerciale non avendo, il conduttore, pagato il maggior canone previsto in un atto integrativo del contratto di locazione.

     

    La questione posta all’attenzione delle Sezioni Unite consiste, quindi, nel verificare se, in tema di contratti di locazione ad uso diverso da quello di abitazione, nell’ipotesi di tardiva registrazione anche del contestuale o separato accordo recante l’importo del canone maggiorato rispetto a quello indicato nel primo contratto registrato, sia configurabile un’ipotesi di sanatoria di tale nullità, ovvero se anche per le locazioni ad uso diverso da abitazione debba farsi applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite (Cass. S.U., 17 settembre 2015, n. 18213) con riferimento ai contratti di locazione ad uso abitativo, secondo cui l’esclusione di qualsivoglia efficacia sanante della registrazione tardiva vorrebbe impedire la possibilità per la parte, che in questo modo adduca apertamente la propria qualità di evasore fiscale, di invocare tutela giurisdizionale.

     

    A riguardo è, tuttavia, opportuno compiere alcune distinzioni.

     

    Innanzitutto, in caso di mancata registrazione dell’intero contratto di locazione, sia esso destinato ad uso abitativo o meno, si deve riconoscere un’efficacia sanante ex tunc alla registrazione tardiva. Così, infatti, è previsto non solo dalla normativa tributaria, ma anche dalla giurisprudenza.

     

    La disciplina sembrerebbe differenziarsi in caso di registrazione tardiva del solo accordo integrativo contenente una maggiorazione del canone.

     

    Infatti, se per le locazioni ad uso abitativo è lo stesso legislatore che, all’art. 13 della L. 431/1998, dispone la nullità di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto di locazione registrato, così non può concludersi con riferimento alle locazioni ad uso commerciale. In tale ipotesi manca una disposizione legislativa che sanzioni con la nullità testuale ogni maggiorazione del canone di locazione.

     

    Tuttavia, seppur in assenza di una nullità testuale, alla stessa conclusione si dovrà comunque giungere.

     

    La Corte di Cassazione con la sentenza n. 18213/2015, in materia di locazione ad uso abitativo, se da un lato, dispone la nullità in caso di tardiva registrazione del patto contenente una maggiorazione del canone, elevando, così, la norma tributaria sull’obbligo di registrazione a rango di norma imperativa; dall’altro, precisa che la suddetta nullità conseguirebbe anche in assenza di una precisa disposizione legislativa in virtù del richiamo generale all’art. 1418 c.c. (senza, quindi, alcun riferimento ad un preciso comma).

     

    Quindi, in conclusione, non si potrà riconoscere efficacia sanante alla tardiva registrazione del patto contenente una maggiorazione del canone mensile del contratto di locazione ad uso commerciale in quanto non solo un tale accordo rileva una chiara funzione di elusione fiscale ma viola la norma tributaria sull’obbligo di registrazione, che ha assunto rango di norma imperativa.

     

    Il patto contenente una maggiorazione del prezzo del canone di locazione di immobili adibiti ad uso commerciale tardivamente registrato è nullo. Si tratta di una nullità virtuale, e quindi insanabile, ex art. 1423 c.c.

     

     

     

     

     

     

     

    Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parere professionale.

    Per ulteriori informazioni contattare Christian Romeo e Fiammetta Giuliani.

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