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    19.02.2024

    Il recepimento della direttiva europea sui gestori e acquirenti di crediti (2021/2167)


    Prime considerazioni sul regime autorizzatorio dei gestori di crediti e sulla disciplina degli acquirenti di crediti

     

    Sommario:

    1. La genesi della Direttiva
    2. L'ambito di applicazione
    3. I gestori di crediti e l'autorizzazione a svolgere l'attività
    4. Gli acquirenti di crediti
    5. Lo schema di proposta di recepimento

     

    1. La genesi della Direttiva

    La Direttiva UE/2021/2167 (la “Direttiva”) in materia di gestori ed acquirenti di crediti nota anche come Secondary Market Directive, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L’8 dicembre 2021, avrebbe dovuto essere recepita dal legislatore nazionale entro il 29 dicembre 2023.

     

    Nelle more dell’approvazione della legge di delegazione europea 2022-2023, e proprio in considerazione del fatto che il decorso del termine sopra indicato fissato dalla Direttiva richiede l’emanazione in tempi brevi del decreto legislativo di attuazione, il Dipartimento del Tesoro ha recentemente posto in consultazione uno schema di proposta di recepimento della Direttiva.

     

    Come noto, la Direttiva costituisce il punto di approdo di un percorso iniziato nel 2017 con la proposta della Commissione – accolta favorevolmente dal Parlamento Europeo e dal Consiglio – di integrare il processo per il completamento dell’Unione Bancaria con misure di riduzione dei crediti deteriorati, attuate mediante la condivisione e la riduzione del rischio[1], e con la elaborazione della c.d. “NPL Strategy”, poi rivista nel 2020 a seguito della crisi pandemica, che si poneva i seguenti obbiettivi:

    (i) lo sviluppo di un mercato secondario per i distressed assets, al fine di consentire alle banche di rimuovere gli NPLs dai loro bilanci e di garantire al contempo maggior protezione per i debitori;

    (ii) riformare la normativa europea in materia di insolvenza e protezione del debitore, con l’obiettivo di armonizzare i vari quadri normativi in materia di insolvenza nell’ambito dell’UE, mantenendo al contempo elevati standard di protezione per i consumatori;

    (iii) supportare la costituzione e la cooperazione di asset management companies (AMCs) a livello Europeo; e

    (iv) attuare misure precauzionali di sostegno pubblico (c.d. "asset protection schemes") al fine di garantire la continuità del supporto all’economia reale ai sensi della direttiva europea di risanamento e risoluzione delle crisi bancarie[2] e dei quadri normativi relativi agli aiuti di stato.

    La Commissione ha quindi emanato nel 2018 un pacchetto normativo finalizzato ad affrontare la questione dei Non Performing Loans nell’ambito dell’Unione Europea e, nello specifico, a gestire lo stock di crediti deteriorati e prevenirne l’aumento[3].

     

    In tale contesto, sulla base della considerazione che “la riduzione degli attuali stock di crediti deteriorati e la prevenzione di un eventuale eccessivo accumulo in futuro di crediti deteriorati sono obiettivi che presentano una chiara rilevanza a livello dell’Unione europea[4], la Direttiva si pone l’obiettivo – tra gli altri – di “incoraggiare lo sviluppo di mercati secondari dei crediti deteriorati nell’Unione eliminando gli ostacoli, e stabilendo relative garanzie, al trasferimento dei crediti deteriorati da parte di enti creditizi ad acquirenti di crediti, garantendo al tempo stesso la tutela dei diritti dei debitori[5].

     

     

    1. Ambito di applicazione

    Quanto all’ambito di applicazione, la Direttiva si applica:

    (i) ai gestori di crediti che agiscono per conto di un acquirente di crediti; e

    (ii) agli acquirenti di crediti che acquisiscono i diritti del creditore derivanti da crediti non-performing e/o dai relativi contratti da cui sorgono i crediti non-performing, originati da istituti di credito stabiliti dell'Unione Europea.

    La Direttiva, tuttavia, non trova applicazione ove la gestione del credito non-performing bancario sia effettuata da un ente creditizio stabilito nell’Unione, da un gestore di fondi di investimento alternativi (GEFIA)[6], ovvero da altri soggetti autorizzati all’esercizio del credito verso i consumatori.

     

    In forza della Direttiva viene quindi delineato un sistema “differenziato” per i crediti deteriorati di origine bancaria, disciplinati dalle norme di recepimento della medesima, rispetto a quello previsto per i crediti di natura diversa da quella deteriorata e/o di origine non bancaria, per i quali rimarrà in vigore l’attuale sistema normativo[7].

     

     

    1. I gestori di crediti e l’autorizzazione a svolgere l’attività

    L’articolo 3 della Direttiva definisce il gestore di crediti come una persona giuridica che, nel quadro della sua attività̀ d’impresa, gestisce e fa rispettare i diritti e gli obblighi legati ai diritti del creditore derivanti da un contratto di credito deteriorato o al contratto di credito deteriorato stesso, per conto di un acquirente di crediti, e svolge una o più̀ delle attività̀ di gestione dei crediti. Per attività di gestione di crediti, si intende lo svolgimento di una o più̀ delle attività̀ seguenti: (i) riscuotere o recuperare dal debitore, conformemente al diritto nazionale, i pagamenti dovuti in relazione ai diritti del creditore derivanti da un contratto di credito o al contratto di credito stesso; (ii) rinegoziare con il debitore, conformemente al diritto nazionale, i termini e le condizioni relativi ai diritti del creditore derivanti da un contratto di credito o al contratto di credito stesso, in linea con le istruzioni impartite dall’acquirente di crediti, qualora il gestore di crediti non sia un “intermediario del credito” ai sensi dell’articolo 3 lettera f) della direttiva 2008/48/CE o dell’articolo 4 punto 5 della direttiva 2014/17/UE; (iii) gestire eventuali reclami relativi ai diritti del creditore derivanti da un contratto di credito o al contratto di credito stesso; e (iv) informare il debitore di qualsiasi variazione dei tassi d’interesse, degli oneri o dei pagamenti dovuti legati ai diritti del creditore derivanti da un contratto di credito o al contratto di credito stesso.

     

    Ai sensi della Direttiva, il quadro normativo applicabile ai gestori di crediti ricomprende in particolare, inter alia, l’obbligo di ottenere un’autorizzazione preventiva all’attività di gestione da parte dell’autorità nazionale competente. Nello specifico, la procedura delineata dalla Direttiva[8] prevede che il gestore debba ottenere un’autorizzazione nello Stato membro d’origine prima di iniziare la propria attività. L’autorizzazione verrà rilasciata dalle autorità competenti, identificate all’interno delle disposizioni nazionali di recepimento della Direttiva, ove sussistano i requisiti per la concessione di cui all’articolo 5 della Direttiva, autorità alla cui vigilanza è previsto venga sottoposto il gestore autorizzato.

     

     

    1. Gli acquirenti di crediti

    Il Titolo III (Acquirenti di crediti) della Direttiva liberalizza l’attività di cessione da parte degli enti creditizi agli “acquirenti di crediti”, per i quali quindi non è previsto alcun regime autorizzativo, prevedendo, a carico degli enti creditizi stessi, obblighi informativi a favore dell’acquirente in sede pre-negoziale e di due diligence[9]. A carico degli acquirenti, oltre all’obbligo di nomina di un gestore di crediti, sono previsti obblighi a favore dell’autorità di vigilanza, per finalità statistiche e di monitoraggio[10].

     

     

    1. Lo schema di proposta di recepimento (lo “Schema”)

    La disciplina proposta nello Schema troverà applicazione attraverso l’introduzione all’interno del Titolo V del Testo Unico Bancario di un nuovo Capo II, dedicato all’attività di acquisto e gestione dei crediti in sofferenza. Tale nuovo Capo II includerà le norme relative alla nuova figura del “gestore di crediti in sofferenza”, che dovrà essere autorizzato all’esercizio di tale attività - e conseguentemente - vigilato da Banca d’Italia. Sono poi previsti altri interventi sul Titolo VI in materia di trasparenza e rapporti con i clienti, oltre che sulla disciplina sanzionatoria di cui al Titolo VIII.

     

     

     

    5.1   L’ambito oggettivo e soggettivo

     

    Coerentemente con l’impostazione della Direttiva, la nuova disciplina riguarda solo i crediti c.d. “finanziari”, cioè concessi da banche ed altri soggetti abilitati alla concessione di finanziamenti (quali, ad esempio, intermediari finanziari di cui all’art 106 TUB, fondi di investimento, società veicolo di cartolarizzazione). Non riguarda, invece, i crediti di altra natura quali i crediti commerciali, quelli derivanti da contratti di fornitura od appalto, utilities, etc.[11], per i quali continuerà ad applicarsi la disciplina vigente.

     

    Lo Schema sembra poi sfruttare alcuni degli spazi di flessibilità riconosciuti dalla Direttiva agli Stati membri.

     

    Una prima scelta in tal senso, in applicazione di quanto previsto dall’art. 2, par. 3 dalla Direttiva, è quella di limitare l’ambito di applicabilità della nuova disciplina, all’interno dei crediti deteriorati, ai soli crediti classificati come in sofferenza secondo le disposizioni attuative della Banca d’Italia. Pertanto, fatte salve le eccezioni specificamente previste, la nuova disciplina si riferisce esclusivamente all’acquisto di crediti in sofferenza da parte di acquirenti di crediti in sofferenza in relazione alla gestione di crediti in sofferenza.

     

    Per converso la nuova disciplina non si applica alla gestione effettuata: (i) dai gestori degli organismi di investimento collettivo del risparmio in relazione ai fondi da essi gestiti; (ii) dalle banche (con riferimento ai crediti da esse sia concessi che acquistati); (iii) dagli intermediari iscritti nell’albo previsto dall’articolo 106 del TUB (con riferimento ai crediti dagli stessi sia concessi che acquistati), purché svolta in Italia.

     

    Lo Schema, in applicazione dell’art. 2, par. 4 della Direttiva, prevede poi che le nuove disposizioni non si applichino alla gestione di crediti in sofferenza effettuata nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione ai sensi della legge 130, quando l’acquirente dei crediti è una società veicolo per la cartolarizzazione di cui all’articolo 2, punto 2, del regolamento (UE) 2017/2402 (c.d. “securitisation regulation”)[12].

     

    Ciò dovrebbe significare che per la gestione dei crediti qualificati come sofferenze e acquistati da veicoli di cartolarizzazione ex “securitisation regulation” resterebbe obbligatorio avvalersi, quale “master servicer”, di una banca o di un intermediario finanziario ex art. 106 TUB, mentre l’attività di “special servicer” potrebbe essere esercitata – in regime di esternalizzazione – secondo quanto avviene oggi, e quindi senza che lo “special servicer” debba ottenere un’autorizzazione ai sensi della nuova disciplina. Ciò è particolarmente rilevante per tutti gli “special servicer” dotati di sola autorizzazione ex articolo 115 TULPS, che potrebbero continuare a svolgere tale attività di gestione di crediti in base a detta autorizzazione.

     

    Per prevedere tale esclusione lo Schema fa riferimento, in senso ampio, (in questo senso riprendendo la Direttiva) alla gestione dei crediti effettuata nell’ambito di operazioni di cartolarizzazioni europee, ma il testo potrebbe meglio chiarire che l’esclusione si applica appunto tanto al “master servicer” che allo “special servicer”.

     

    Sul punto vale la pena riprendere un’osservazione già formulata dai primi commentatori della Direttiva.

     

    Molte operazioni di cartolarizzazione italiane relative a crediti in sofferenza non rientrano fra le cartolarizzazioni “europee” e sono assoggettate solo alla Legge n. 130/1999. Ciò significa che le cartolarizzazioni c.d. “domestiche” non rientrano nell’esclusione di cui alla Direttiva e allo Schema, e di conseguenza i veicoli di cartolarizzazione che acquistano crediti in sofferenza nell’ambito di tali cartolarizzazioni saranno soggetti alla nuova disciplina, e quindi dovranno affidare la gestione dei medesimi ad un gestore di crediti in sofferenza autorizzato, ad una banca o ad intermediario finanziario ex art. 106 TUB. Qui si pone a prima vista un problema di coordinamento con la legge 130/1999 (di cui nello Schema non sembra prevista la modifica), che all’articolo 2, comma 6 prevede ora che le attività di riscossione dei crediti ceduti vengano svolte da banche od intermediari finanziari ex art. 106, mentre tale attività dovrebbe appunto anche poter essere svolta dai gestori di crediti in sofferenza.

     

    Dall’altro lato nella gestione dei crediti in sofferenza delle cartolarizzazioni c.d. “domestiche” si pone il tema se gli “special servicer” dotati di sola autorizzazione ex articolo 115 TULPS, per poter svolgere attività di gestione, debbano comunque dotarsi anche della “nuova autorizzazione” ovvero possano solo operare quali fornitori di servizi di gestione dei crediti sulla base di un contratto di esternalizzazione di cui all’art. 12 della Direttiva[13].

     

    È poi previsto che con Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze possano essere individuati altri soggetti che, in considerazione dell’attività svolta, sono esclusi dall’ambito di applicazione della nuova disciplina. Probabilmente tale disposizione è destinata a dare attuazione al disposto dell’art. 2, par. 6 della Direttiva, che fa espresso riferimento all’attività di gestione dei crediti effettuata da notai, ufficiali giudiziari pubblici, o avvocati, quando tale attività di gestione è esercitata nel quadro delle rispettive professioni.

     

     

     

    5.2   L’acquisto di crediti in sofferenza a titolo oneroso

     

     Lo Schema chiarisce che l’acquisto a titolo oneroso di crediti in sofferenza non costituisce attività di concessione di finanziamenti ai sensi dell’articolo 106 del TUB. Quindi, in conformità alla Direttiva, mentre l’attività di gestione è soggetta ad autorizzazione, l’acquisto è liberalizzato. La liberalizzazione è peraltro limitata al solo acquisto a titolo oneroso di crediti in sofferenza, mentre per l’acquisto a titolo professionale di crediti diversi dalle sofferenze, in attuazione di quanto previsto dal considerando 16 della Direttiva, rimane la riserva di legge.

     

    Qui va evidenziato che nella definizione dell’attività di gestione dei crediti in sofferenza, lo Schema prevede che l’attività di rinegoziazione dei termini e delle condizioni contrattuali con il debitore sia consentita al gestore di credito “a condizione che non costituisca attività di concessione di finanziamenti ai sensi dell’articolo 106” e che a tal fine non rilevano la mera “estinzione anticipata e la posticipazione dei termini di pagamento”.

     

     

     

    5.3   L’obbligo per gli acquirenti di credito di nominare un gestore

     

    Mentre l'art. 17, par. 1, lett. a) della Direttiva prevede l’obbligo di nominare, da parte dell’acquirente di crediti, un soggetto che svolga attività di gestione dei crediti solamente con riferimento all’acquisto di crediti in sofferenza vantati nei confronti dei consumatori, lo Schema – sfruttando la stessa flessibilità concessa in tal senso dall’art. 17, par. 1 stesso [14]–  sembra prevedere che l’acquirente di crediti sia sempre tenuto a nominare un gestore di crediti (ovvero una banca od un intermediario finanziario ex art. 106 TUB), indipendentemente, dunque, dalla tipologia di soggetti verso i quali tali crediti in sofferenza sono vantati. Tale scelta pare obbedire ad esigenze di vigilanza (l’autorità potrebbe così sempre interfacciarsi con un soggetto regolamentato) ed alla volontà di assicurare maggiore tutela al debitore ceduto. Si tratta di un aspetto che potrebbe forse essere chiarito meglio nello Schema.

     

    Non è invece previsto venga esercitata l’opzione di cui all’art. 17, par. 4 della Direttiva, che consente agli Stati membri di autorizzare gli acquirenti di crediti a ricorrere anche a persone fisiche per la gestione di crediti.

     

     

     

    5.4   Il rilascio dell’autorizzazione

     

    Accanto alle banche e agli intermediari finanziari iscritti all’albo di cui all’art. 106 del TUB, l’attività di gestione di crediti in sofferenza per conto di acquirenti di crediti in sofferenza potrà essere svolta da coloro che hanno ottenuto l’autorizzazione prevista dalla nuova disciplina (l’”Autorizzazione”).

     

    Tale Autorizzazione dovrà essere richiesta alla Banca d’Italia e sarà dalla stessa concessa a condizione che sussistano i requisiti delineati, inter alia, nel nuovo articolo 114.6 del Capo II, Titolo V del TUB, nonché nelle future disposizioni attuative.

     

    L’art. 114.6 co. 1 del Capo II, Titolo V del TUB, riprendendo l’art. 5 della Direttiva, prevede che la Banca d’Italia conceda l’Autorizzazione qualora il richiedente, inter alia, abbia (i) adottato la forma di società per azioni, di società in accomandita per azioni, di società a responsabilità limitata o di società cooperativa; (ii) la sede legale e la direzione generale situate nel territorio della Repubblica; (iii) presentato, unitamente all’atto costitutivo e allo statuto, un programma concernente l’attività iniziale e la struttura organizzativa, i dispositivi di governo societario, l’organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni, le politiche e le procedure per assicurare il rispetto delle disposizioni applicabili in materia di tutela dei debitori, incluse quelle per la gestione dei reclami.

     

    L’art. 114.6 rimette poi alle future disposizioni attuative di Banca d’Italia la disciplina relativa alla procedura di autorizzazione, alla valutazione delle condizioni di cui al co. 1 dell’art. 114.6, nonché a quella relativa alle ipotesi di revoca o decadenza dell’Autorizzazione.

     

     

     

    5.5   Il regime transitorio

     

    Lo Schema è posto in pubblica consultazione fino al 29 febbraio 2024. Il relativo decreto legislativo, una volta approvato, entrerà in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

     

    Lo Schema stesso, in conformità al termine di 6 (sei) mesi previsto dalla Direttiva per l’adeguamento al nuovo regime, prevede che i soggetti che svolgono attività di gestione di crediti in sofferenza, possano continuare a svolgere tale attività fino al 29 giugno 2024 sulla base della disciplina attualmente in vigore. Entro tale data essi devono ottenere l’autorizzazione, oppure cessare di svolgere l’attività.

     

     

    1. Conclusioni

    In conclusione, l'analisi dello Schema evidenzia un notevole cambiamento nel panorama dell’acquisto e della gestione dei crediti in sofferenza. In conformità agli obiettivi della Direttiva e mirando dunque alla formazione di un mercato integrato dei servizi di recupero crediti a livello europeo, lo Schema, da un lato, rende più accessibile l'acquisizione di crediti in sofferenza, ma dall'altro impone un maggiore onere nell'esercizio delle attività di gestione dei medesimi. Tale attività è infatti subordinata all’ottenimento dell’Autorizzazione concessa da Banca d’Italia e subordinata alla sussistenza di requisiti in parte analoghi a quelli richiesti per l’iscrizione all’albo di cui all’art. 106 del TUB.

     

    Senz’altro, per comprendere a pieno l’impatto della nuova disciplina sul mercato domestico, sarà necessario attendere – non solamente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo di recepimento della Direttiva – ma anche l’emanazione dei futuri provvedimenti attuativi di Banca d’Italia, specie con riferimento alla valutazione delle condizioni per l’ottenimento dell’Autorizzazione.

     

     

     

    Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto. Per ulteriori informazioni si prega di contattare Stefano Padovani o Andrea Bertoni.

     

     

     

     

     

    [1] Comunicazione del 11 ottobre 2017, COM (2017) 592.

     

    [2] Direttiva 2014/59/EU.

     

    [3] Il pacchetto includeva una proposta di regolamento (proposta di modica al Regolamento (UE) n. 575/2013, Commissione Europea, 2018a) e una proposta di Direttiva (proposta di Direttiva sui servizi di credito, gli acquirenti di crediti e il recupero di garanzie reali, Commissione Europea 2018b).

     

    [4] Considerando (1) della Direttiva UE/2021/2167.

     

    [5] Considerando (9) della Direttiva UE/2021/2167.

     

    [6] In particolare, ai GEFIA autorizzati o registrati conformemente alla direttiva 2011/61/UE, alle società̀ di gestione e alle società̀ di investimento autorizzate conformemente alla direttiva 2009/65/CE, a condizione che la società̀ di investimento non abbia designato una società̀ di gestione ai sensi di tale direttiva, per conto del fondo che gestisce.

     

    [7] Sul punto, i primi commentatori hanno già avuto modo di evidenziare come, alla luce anche del Considerando (17) della Direttiva, tale “doppio regime” permarrebbe solo nel caso in cui a livello nazionale non venga adottato un regime armonizzato per tutte le tipologie di crediti (cfr. P. Carrière, “La Direttiva sui “gestori” e “acquirenti” di NPL: prospettive per il mercato italiano”, in Diritto Bancario.it, Dicembre 2021).

     

    [8] Cfr. artt. 4, 5, 7, 8 21 Direttiva.

     

    [9] Articoli 15 (Dritto alle informazioni relative ai diritti del creditore derivanti da un contratto di credito deteriorato o al contratto di credito deteriorato stesso) e 16 (Norme tecniche di attuazione per i modelli di dati) della Direttiva.

     

    [10] Articoli 17 (Obblighi degli acquirenti di crediti), 18 (Ricorso a gestori di crediti o altri soggetti), 19 (Rappresentante di un acquirente di crediti in un paese terzo) e 20 (Trasferimento dei diritti del creditore derivanti da un contratto di credito deteriorato, o del contratto di credito deteriorato stesso, da parte di un acquirente di crediti e comunicazione alle autorità competenti) della Direttiva.

     

    [11] Cfr. Articolo 1 (Oggetto) della Direttiva.

     

    [12] Articolo 2 (Ambito di applicazione) della Direttiva, comma 4: “La presente direttiva lascia impregiudicate le prescrizioni delle legislazioni nazionali degli Stati membri in materia di gestione dei diritti del creditore in forza di un contratto di credito o del contratto di credito stesso quando l’acquirente di crediti è una società veicolo per la cartolarizzazione quale definita all’articolo 2, punto 2, del regolamento (UE) 2017/2402 del Parlamento europeo e del Consiglio, nella misura in cui tali legislazioni nazionali: a) non influiscono sul livello di tutela garantita ai consumatori dalla presente direttiva; b) assicurano che le autorità competenti ricevano le informazioni necessarie dai gestori di crediti”.

     

    [13] Lo Schema prevede che non costituisca attività di gestione di crediti in sofferenza l’attività esercitata, sulla base di un accordo di esternalizzazione di funzioni aziendali, da soggetti dotati di autorizzazione ex art. 115 TULP, tra l’altro, a favore di gestori di crediti in sofferenza.

     

    [14] “Gli Stati membri ospitanti possono estendere il requisito di cui al primo comma ad altri contratti di credito”.

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