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    28.06.2018

    La responsabilità dell’<i>internet hosting provider</i> per i contenuti pubblicati da terzi: il caso Wikipedia


    La sentenza n. 1065 del 19 febbraio 2018 della Corte di Appello di Roma si segnala per essere una delle poche pronunce che tratta il tema della responsabilità dell’internet hosting provider, in relazione alla pubblicazione sul web di notizie e informazioni diffamatorie, in quanto lesive dell’onore e della reputazione.

     

    Il caso di specie trae origine da un ricorso ex art. 702 bis c.p.c. presentato dall’Avv. Cesare Previti nei confronti della Wikimedia Foundation, quale gestore del sito Wikipedia, per l’accertamento della responsabilità della società convenuta per la pubblicazione, sulla pagina dedicata alla biografia del politico italiano, di informazioni ritenute lesive del proprio onore e reputazione.

     

    In primo grado, il Tribunale Civile di Roma, ha escluso che la Wikimedia Foundation possa essere ritenuta responsabile per le informazioni presenti sul sito di Wikipedia in quanto l’attività prestata dalla società deve qualificarsi in termini di hosting provider, con conseguente esclusione di qualsivoglia obbligo di controllo preventivo in merito alla verità e/o liceità delle informazioni inserite dagli utenti.

     

    In sede di gravame i Giudici della Corte di Appello di Roma, ribadiscono che sulla base del compendio probatorio offerto dal ricorrente deve confermarsi il ruolo di Wikimedia quale mero hosting provider, ossia quale fornitore di un servizio della società dell’informazione consistente nella “memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio”, in considerazione della definizione fornita dalla disciplina dettata dalla Direttiva 2000/31/CE e nella relativa normativa nazionale di recepimento (D.lgs. n. 70/2003), che, seppur non applicabile al caso di specie, rappresenta il sostrato normativo di riferimento.

     

    La decisione in commento, inoltre, esclude che l’attività dell’hosting provider possa qualificarsi come attività pericolosa ai sensi dell’art. 2050 c.c. anche in considerazione della presenza, sulla home page dell’enciclopedia, del disclaimer generale il quale informa gli utenti che stanno accedendo ad un’enciclopedia on line di contenuto aperto, tale da non poter fornire alcuna garanzia di verità delle informazioni inserite dagli utenti. Ed infatti, secondo la Corte, il disclaimer integra una di quelle misure idonee ad escludere la pericolosità richiesta dall’art. 2050 c.c. ai fini dell’esenzione di responsabilità per l’esercente l’attività pericolosa.

     

    Alla luce della ricostruzione operata dalla Corte di Appello di Roma, in conformità a quanto previsto dagli artt. 16 e 17 del D.lgs. n. 70/2003 deve ritenersi che la responsabilità dell’internet hosting provider può configurarsi solo allorquando il provider sia effettivamente venuto a conoscenza del fatto che l’informazione è illecita e non si sia attivato per impedire l’ulteriore diffusione della stessa, non potendosi configurare un generale obbligo di controllo preventivo, né ritenersi sussistente alcuna posizione di garanzia, in assenza di norme che sanciscano la responsabilità oggettiva del provider stesso.

     

    La decisione in commento precisa poi che, nel caso di specie, l’interessato non si era attivato al fine di richiedere la modifica e/o cancellazione delle voci ritenute diffamatorie. Aspetto questo che avrebbe consentito, ma solo in presenza di una contestazione precisa e puntuale, l’eventuale attivazione da parte di Wikimedia del procedimento interno volto alla cancellazione delle frasi ritenute lesive.

     

    Da ultimo, la Corte si sofferma ad esaminare, in concreto, la reale portata diffamatoria delle informazioni pubblicate sull’enciclopedia on line, escludendo che le stesse possano ritenersi lesive dell’onore e della reputazione del ricorrente. In particolare, osserva la Corte, le frasi pubblicate sul sito di Wikipedia si basavano su numerose fonti, ivi comprese sentenze passate in giudicato, tutte indicate nella stessa pagina web. Diversamente, invece, le doglianze dell’Avv. Previti erano del tutto generiche e fondate esclusivamente su una diversa versione dei fatti proposta dallo stesso ricorrente.

    Pertanto, anche in considerazione dell’impossibilità di ritenere integrato l’elemento soggettivo della diffamazione, si è esclusa la configurabilità di una responsabilità concorrente di Wikimedia con gli autori materiali della pubblicazione ai sensi degli artt. 2043 e 2055 c.c.

     

    Seguendo le previsioni di cui agli artt. 16 e 17 del D.lgs. n. 70/2003, la Corte, affronta il tema – sino ad ora mai espressamente trattato dalla giurisprudenza - della responsabilità dell’internet hosting provider per lesione della reputazione on line, escludendo l’esistenza di un obbligo preventivo di controllo e di sorveglianza in capo all’hosting provider per le informazioni e notizie, oggetto di semplice memorizzazione, pubblicate dagli utenti sul web.

     

     

     

     

     

     

     

    Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parere professionale.

    Per ulteriori informazioni contattare Gianluca Massimei o Guido Zanchi.

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