L’avvenuta cessione del canone derivante da un contratto di affitto di azienda comprensiva di beni immobili deve essere trascritta nei registri immobiliari se ha una durata superiore al triennio, qualora la si voglia rendere opponibile ai terzi. Lo ha recentemente stabilito con la sentenza n. 26701 del 23 ottobre 2018, la Corte di Cassazione, che è intervenuta sull’interpretazione dell’articolo 2643, numero 9 del codice civile, che prevede che si debbano rendere pubblici col mezzo della trascrizione “gli atti e le sentenze da cui risulta liberazione o cessione di pigioni o di fitti non ancora scaduti, per un termine maggiore di tre anni”.
Si tratta di un principio innovativo, in quanto la norma era sempre stata interpretata come avente un ambito applicativo limitato alla cessione dei canoni derivanti dalla locazione e/o dall’affitto di beni immobili, in considerazione del fatto che, da un lato, si verte in materia di registri immobiliari e, dall’altro, che il numero 8 dell’articolo 2643, che appunto precede la norma in oggetto, si occupa espressamente della trascrizione dei contratti di locazione di beni immobili.
Invero, investiti della questione in sede di ricorso straordinario per cassazione, i giudici della Suprema Corte hanno esteso la portata del collegamento tra la norma e il bene immobile, il quale può condurre alla necessità di trascrizione anche se oggetto del contratto solo in via indiretta: in particolare, è stato precisato che la norma si applica anche ai contratti ultra-triennali aventi ad oggetto la cessione dei canoni dovuti “per l’affitto di un’azienda fra i cui beni sia compreso anche un immobile”.
Alla luce dell’estensione interpretativa della portata della norma inauguratasi con la suddetta sentenza (rectius: la Cassazione precisa che trattasi di interpretazione sistematica e non estensiva), occorre quindi prestare rinnovata attenzione alle formalità da effettuarsi in occasione della cessione di crediti derivanti dall’affitto d’azienda quando la stessa comprenda beni immobili. Si pensi ad esempio ai contratti di cessione in garanzia dei canoni derivanti dai contratti di affitto di ramo d’azienda abitualmente stipulati all’interno di grandi complessi immobiliari, quali gli outlet e/o i centri commerciali.
Come noto, tali contratti vengono spesso stipulati nell’ambito delle operazioni di finanza immobiliare, nelle quali assume – chiaramente – particolare rilievo per il creditore garantito l’opponibilità dei diritti di garanzia dallo stesso acquisiti sui canoni, che rappresentano spesso la prima fonte di servizio del debito e rimborso del capitale, nei confronti dei terzi, quali i successivi acquirenti dell’azienda, ovvero altri cessionari del medesimo credito.
Pertanto, a differenza della prassi seguita sinora, oltre agli adempimenti prescritti dalla disciplina codicistica in materia di cessione del credito (art. 1260 c.c. e ss.), anche con riferimento alla cessione in garanzia dei canoni dovuti per affitti ultra-triennali di aziende inclusive di beni immobili, bisognerà provvedere alla trascrizione del contratto presso i registri immobiliari e, quindi, a tal proposito, stipulare il relativo contratto di cessione in forma notarile, per scrittura privata autenticata o atto pubblico. Si noti che il tema si pone tanto in relazione ai contratti di cessione del credito in questione che saranno stipulati successivamente alla sentenza 26701/2018, quanto rispetto ai contratti già in essere, per i quali – in un’ottica di piena tutela del creditore garantito – sarebbe opportuno provvedere alla trascrizione dei medesimi.
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