Fida, il regolamento sull'open finance (Financial Information Data Access), riprende il suo cammino, che sembrava essersi arenato, con l'esclusione delle big tech (Apple, Meta, Amazon), dalla possibilità di essere tra i soggetti che potranno accedere ai dati finanziari dei clienti. I servizi della Commissione Ue in un documento riservato (del genere che viene indicato come non paper) preparato nelle scorse settimane, riconoscono le preoccupazioni sollevate da Consiglio e Parlamento riguardo all'accesso al Fida da parte delle imprese designate come "gatekeeper" ai sensi del Digital Markets Act, ovvero le big tech.
I Colegislatori infatti avevano segnalato che i gatekeeper detengono un considerevole potere economico, sono in grado di sfruttare i loro vantaggi, come l'accesso a grandi quantità di dati, da un'area di attività all'altra. Senza contare che alcune di queste imprese esercitano il controllo su interi ecosistemi di piattaforme nell'economia digitale e sono estremamente difficili da contrastare o contestare e questo potrebbe portare a gravi squilibri nel potere contrattuale per i mercati nel settore digitale.
«Una simile opzione - spiega l'avvocato Francesco Mocci, partner di ADVANT Ntcm - ha suscitato notevoli perplessità, perché i gatekeeper si trovano in una situazione di evidente vantaggio competitivo derivante dalla loro capacità di acquisire, gestire ed elaborare big data avvalendosi di piattaforme consolidate ottenendo ulteriori informazioni, spesso sensibili, su milioni di utenti».
Le big tech in pratica per accedere ai dati finanziari dei clienti dovrebbero essere autorizzati come Fisp (Financial Information Service Providers). I Fisp sono soggetti che, elaborando i dati dei conti di pagamento aperti presso vari intermediari, offrono ai clienti un servizio di analisi e consolidamento dei dati resi disponibili su un'unica piattaforma. Nella prospettiva dell'open finance, i Fisp saranno in grado di assicurare ai clienti una visione d'insieme dei loro investimenti e dei loro impegni finanziari, consentendo loro una più efficiente pianificazione e una accurata selezione dei partner.
«Se la Commissione, nella proposta di regolamento originaria del 2023 - spiega Mocci -, non aveva manifestato particolare sensibilità sul tema, Parlamento e Consiglio hanno invece spinto, rispettivamente, per il divieto per i gatekeeper di diventare Fisp o comunque per una loro rigida regolamentazione. Nel testo con cui apporta semplificazioni alla precedente proposta, la Commissione pare adottare un approccio particolarmente restrittivo: i gatekeeper non potranno diventare Fisp e forti limitazioni saranno previste anche peri soggetti da essi posseduti o controllati».
L'articolo su Il Sole 24 Ore.