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    06.08.2024

    L’ora del tagliando per la Retail Investment Strategy


    Il contributo di Francesco Mocci, Partner di ADVANT Nctm.

    Un anno fa, il 24 maggio 2023, la Commissione aveva proposto l’adozione di una direttiva destinata a mutare radicalmente il mondo dei mercati finanziari: se approvata, avrebbe infatti modificato in modo sostanziale la Mifid 2, la Idd, le direttive sui fondi comuni di investimento e la Solvency 2.

    L’obiettivo di fondo della proposta, nel quadro della Retail Investment Strategy, era rafforzare la tutela degli investitori al dettaglio, evitando differenze di trattamento derivanti dalla diversa tipologia di prodotto in considerazione. Inoltre, la Commissione si proponeva di migliorare il rapporto tra i costi applicati da produttori e distributori e i benefici assicurati dagli investimenti, che a suo giudizio non era ottimale.

    Due temi di discussione

    Tra le tante proposte, due avevano innescato un intenso dibattito: la modifica della disciplina degli incentivi e l’introduzione del concetto del value for money.

    Sotto il primo profilo, la Commissione non aveva ceduto alle pressioni di alcuni suoi esponenti che volevano estendere all’Unione la soluzione del divieto di rebates commissionali già sperimentata in Inghilterra e Olanda.

    Tuttavia, aveva comunque proposto regole più stringenti rispetto al passato, differenziate a seconda dei servizi di investimento prestati: divieto assoluto di inducements nella gestione di portafogli, nella consulenza indipendente e nei servizi esecutivi, salvo il collocamento di prodotti diversi dai Priips; possibilità di percepire gli incentivi nei servizi esecutivi solo in caso di abbinamento con la consulenza non indipendente, arricchita però di contenuti. In particolare, la consulenza avrebbe a tal fine dovuto seguire il criterio del “best interest”, prevedendo la valutazione di una gamma adeguata di strumenti finanziari, la raccomandazione degli strumenti finanziari più efficienti in termini di costi e, in ogni caso, anche di uno o più prodotti privi di caratteristiche non funzionali al conseguimento degli obiettivi di investimento del cliente.

    Verso commissioni più basse

    Sotto il secondo profilo, coerentemente con l’obiettivo di ridurre i costi dei prodotti e dei servizi prestati agli investitori retail, la Commissione aveva proposto di inasprire i meccanismi di product goverance a carico di produttori e distributori, introducendo un rigoroso processo di controllo dei prezzi per i Priips.

    La novità più eclatante era però l’elaborazione, a cura dell’Esma e dell’Eiopa, di benchmark di costo e rendimento, che i produttori avrebbero dovuto rispettare nella strutturazione dei prodotti finanziari. In caso di scostamento dai parametri di riferimento, i manufacturer avrebbero dovuto dimostrare all’Autorità di vigilanza la giustificazione e la proporzionalità dei costi rispetto alle caratteristiche dei prodotti: in difetto di una simile prova, non si sarebbe potuto approvare il prodotto e immetterlo sul mercato.

    Non tutti hanno apprezzato il tentativo della Commissione.

    Disciplina penalizzante

    La disciplina degli incentivi è parsa ad alcuni troppo arzigogolata e penalizzante per l’industria, mentre il tentativo di introdurre una sorta di calmiere sui prezzi dei prodotti finanziari ha destato grande sorpresa.

    Il 2 aprile scorso, l’Econ (Committee on Economic and Monetary Affairs) ha reso un parere al Parlamento, apportando alla proposta della Commissione alcune modifiche nel tentativo di mitigare gli aspetti più problematici.

    Quanto alla disciplina degli incentivi, l’Econ ha mantenuto il divieto di percezione dei rebates commissionali dalle società prodotto per la gestione patrimoniale e per la consulenza indipendente, proponendo però una soluzione più sfumata per i servizi esecutivi. Non troviamo infatti più un espresso divieto o un obbligo di associare a tali servizi la consulenza; tuttavia, rimane il criterio del best interest, soddisfatto con certezza solo se viene abbinata la consulenza, con caratteristiche lievemente meno ambiziose rispetto alla proposta della Commissione (in particolare, la selezione tra i prodotti adeguati si basa non più solo sul costo, ma anche sulla sua efficienza per il cliente finale).

    Quanto al value for money, l’ECON ha sostituito l’obbligo dei produttori e dei distributori di parametrare i costi dei prodotti con i benchmark di Esma ed Eiopa con un più morbido onere di condurre un’analisi comparativa con i prodotti dei competitor.

    Strumenti per le autorità di vigilanza

    I benchmark diventano invece tools a disposizione delle autorità di vigilanza, da utilizzare nelle loro attività di controllo dei mercati.

    Ci si attendeva che il Parlamento, riunito in seduta plenaria il 23 aprile scorso, approvasse in prima lettura il testo emendato dall’Econ, inviandolo al Consiglio. Invece, l’assemblea ha preferito avviare negoziati interistituzionali con la Commissione e con il Consiglio, in modo da arrivare a un testo condiviso da sottoporre al voto (la procedura cosiddetta di “trilogo”).

    Stando così le cose, i tempi di approvazione della direttiva rischiano di non essere brevi.

    Il nuovo Parlamento uscito dalle elezioni potrebbe avere orientamenti diversi e sollecitare ulteriori modifiche alla proposta della Commissione. Il testo dovrebbe poi essere approvato dal Consiglio.

    È difficile pensare che la direttiva possa vedere la luce prima dell’anno prossimo, e pare oggi una previsione persino ottimistica.

    Il contributo per Bluerating