Una recente ordinanza della Cassazione (n. 23857 del 2 ottobre 2018) ha devoluto alle Sezioni Unite la spinosa questione concernente l’idoneità di atti stragiudiziali al fine di interrompere il decorso del termine di prescrizione in caso di vizi della cosa venduta.
Com’è noto, in materia di garanzia per vizi, con riferimento al contratto di compravendita, l’art. 1495 c.c. impone a pena di decadenza il termine di 8 giorni dalla scoperta per denunciare il vizio e di 1 anno di prescrizione dalla consegna della cosa per l’azione giudiziale.
Ci si deve tuttavia chiedere se, una volta denunciato tempestivamente il vizio, allo scopo di interrompere la prescrizione, sia sufficiente una comunicazione stragiudiziale con cui il compratore esplicita di avvalersi della garanzia oppure allo stesso fine sia necessaria la domanda giudiziale.
Tra le pronunce di legittimità sul tema si distinguono due opposti orientamenti.
Secondo una prima tesi, la comunicazione del compratore al venditore di voler invocare le tutele derivanti dalla garanzia sarebbe già di per sé idonea all’interruzione della prescrizione, sebbene l’acquirente si riservi di agire in giudizio in un momento successivo.
Al contrario, seguendo l’orientamento opposto, alla garanzia per vizi corrisponderebbe un vero e proprio diritto potestativo in capo al compratore, sicché il decorso del termine di prescrizione annuale sarebbe interrotto esclusivamente dalla domanda giudiziale, non invece dalla mera intimazione scritta. Quest’ultima sarebbe infatti idonea a interrompere la prescrizione soltanto nel caso di diritti di credito, mentre non sortirebbe eguale effetto con riguardo ai diritti potestativi.
A risolvere il contrasto saranno ora le Sezioni Unite che, su sollecitazione dell’ordinanza interlocutoria, dovranno preliminarmente esprimersi sulla natura obbligatoria ovvero di diritto potestativo della garanzia per vizi, al fine di comprendere quali atti siano idonei a interrompere la prescrizione annuale disposta dall’art. 1495 c.c.
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