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    29.03.2015

    A quali condizioni può essere autorizzata la vendita di beni aziendali nel concordato c.d. “in bianco”?


    Il Tribunale di Padova (6 marzo 2015) ha precisato che l’autorizzazione può essere concessa – oltre che in presenza di ragioni di urgenza come previsto dalla legge – solo se sono tutelati al meglio gli interessi dei creditori, con una procedura competitiva che preveda tempistiche congrue e l’allestimento di un’idonea data room.

     

    Il caso

    Il Tribunale di Padova si è pronunciato su un’istanza con cui – dopo aver proposto domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo “con riserva” ai sensi dell’art. 161, comma 6°, l.fall. – una società ha chiesto al Tribunale l’autorizzazione alla vendita di alcune quote sociali, quali atti di straordinaria amministrazione ex art. 161, comma 7°, l.fall.

     

    Le questioni

    La disciplina vigente del concordato preventivo non prevede espressamente che atti di liquidazione possano essere compiuti prima della fase di esecuzione del piano omologato e, tanto meno, nella fase che segue la proposizione della domanda “con riserva”, prima ancora che sia definito il piano concordatario.

     

    In primo luogo, si è posta quindi la questione se atti di liquidazione possano essere autorizzati quali atti di straordinaria amministrazione.

     

    In secondo luogo, il Tribunale si è chiesto se la propria valutazione debba vertere soltanto sul carattere urgente dell’atto (come prevede l’art. 161, comma 7°, l.fall.) ovvero se vi siano ulteriori criteri da tenere presenti ed in particolare l’obiettivo della migliore tutela dell’interesse dei creditori.

     

    Infine, il Tribunale ha considerato come debba essere declinato quest’ultimo requisito nell’ipotesi in cui l’atto da autorizzare consista nella dismissione di cespiti aziendali.

     

    La decisione

    Ritenuto che la vendita di beni sia ammissibile come atto di straordinaria amministrazione, il Tribunale ha valutato che nel caso di specie la dismissione delle quote sociali era effettivamente da porre in essere con urgenza, come rilevato anche dai commissari giudiziali.

     

    Il Tribunale ha poi ritenuto che debba essere sempre assicurata, nel caso concreto, la migliore tutela possibile dell’interesse dei creditori, i quali non hanno ancora potuto esaminare (né hanno votato) alcuna proposta e devono pertanto essere protetti da eventuali abusi.

     

    Il Tribunale ha quindi osservando che a tal fine: (i) deve essere sempre strutturata una procedura competitiva al fine di individuare il miglior offerente, a maggior ragione quando già vi siano potenziali acquirenti già indicati dall’istante e quindi vi siano potenziali conflitti d’interesse; (ii) la procedura competitiva deve prevedere (ii.1) tempistiche congrue per la pubblicità e la possibilità concreta per i terzi che potrebbero essere interessati di compiere le proprie valutazioni e (ii.2) l’allestimento di un’idonea data room al fine di garantire una conoscenza minimamente approfondita dei beni posti in vendita.

     

    Benché, nel caso di specie, non sussistessero i requisiti sub (ii.1) e sub (ii.2) in quanto i potenziali acquirenti avrebbero avuto a disposizione meno di quindici giorni per presentare eventuali offerte, senza potere avere accesso ad un corredo informativo precostituito, il Tribunale ha comunque autorizzato la vendita, rimettendo ai commissari giudiziali la definizione dei tempi per la pubblicazione dell’invito ad offrire e per la presentazione delle offerte ed ordinando il previo allestimento di una idonea data room.

     

    Il commento

    Il provvedimento del Tribunale di Padova offre preziose indicazioni agli operatori, là dove l’istante – nella fase del concordato c.d. “in bianco” o “con riserva” – abbia l’urgenza di compiere atti di liquidazione anticipati.

     

    Non solo, infatti, occorre che nell’istanza sia attentamente motivato il requisito dell’urgenza (operando una comparazione, come suggerito in dottrina, tra l’utilità derivante dall’immediato compimento dell’atto e quella che si avrebbe ove si attendesse l’apertura della procedura), ma è anche necessario fare in modo che siano tutelati gli interessi del ceto creditorio (sul principio della migliore soddisfazione dei creditori come “criterio guida” cfr. anche Trib. Monza, 25 luglio 2014) attraverso una procedura competitiva.

     

    Apprezzabile risulta, peraltro, la flessibilità mostrata nel caso di specie dal Tribunale, il quale – anziché rigettare l’autorizzazione per mancanza di congruità delle tempistiche individuate dal debitore – ha rimesso la determinazione delle modalità di gara ai commissari giudiziali, manifestando sensibilità per le ragioni di urgenza effettivamente riscontrate.

     

    Naturalmente, è sempre necessario verificare se i principi di cui sopra siano applicabili nelle diverse possibili fattispecie concrete. Ad esempio, non sempre gli atti liquidatori devono considerarsi atti di straordinaria amministrazione, con la conseguenza che l’autorizzazione per il loro compimento può talvolta non essere necessaria: ciò vale in particolare – come stabilito da Trib. Modena, 15 novembre 2012 – per la stipula di atti di vendita di immobili, qualora essa costituisca l’attività caratteristica dell’impresa; peraltro, spetterà al debitore – nel caso si tratti di adempimento di preliminari di vendita già in precedenza stipulati – valutare se non sia più conveniente sciogliersi dal contratto ai sensi dell’art. 169-bis l.fall., quando il saldo prezzo da incassare sia inferiore al valore di liquidazione concordataria dell’immobile, al netto dell’onere stimato per la restituzione in moneta concordataria al promissario acquirente degli acconti già versati.

     

     

     

     

     

    Per ulteriori informazioni:

     

    Fabio Marelli, fabio.marelli@advant-nctm.com

     

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