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    11.01.2016

    Alcune recenti sentenze della Corte di Cassazione in materia di trasporti


    Segnaliamo ai nostri lettori alcune recenti sentenze emesse dalla Corte di Cassazione in materia di trasporti.

     

    La clausola FILO (free in / liner out) è una «clausola di spese», che non incide sul regime di responsabilità del vettore marittimo

     

    La Corte di Cassazione[1], aderendo ad un orientamento ormai consolidato (seppur in relazione ad altre clausole analoghe quali la FIO (free in and out) a la FIOS (free in and out stowed), ha ritenuto la clausola FILO[2](free in / liner out) una clausola di natura esclusivamente economica, avente ad oggetto l’individuazione dei compensi e dei rimborsi dovuti al vettore marittimo, e come tale non idonea ad incidere sul regime di responsabilità di quest’ultimo.

     

    Nel caso in esame, la ricevitrice di una spedizione di rotoli laminati d’acciaio - giunti a destino deformati - aveva convenuto in giudizio l’impresa che si era occupata della caricazione a bordo dei predetti rotoli, sostenendo che - in forza della clausola FILO - quest’ultima avesse agito quale ausiliaria del caricatore e non del vettore. Il corretto inquadramento dell’impresa che aveva caricato la merce a bordo risultava essenziale al fine di determinare il termine di prescrizione applicabile nella fattispecie. Qualora l’impresa fosse stata ritenuta un’ausiliaria del caricatore, infatti, il termine di prescrizione sarebbe stato quello biennale previsto dalla normativa in materia di appalto di servizi (art. 1667 cod. civ.). Al contrario, nel caso in cui l’impresa in parola fosse stata qualificata quale ausiliaria del vettore marittimo avrebbe trovato applicazione la disciplina dettata dalla Convenzione di Bruxelles, con conseguente previsione del termine di decadenza annuale.

     

    Al riguardo, la Suprema Corte ha ribadito come in base alla Convenzione di Bruxelles (art. 3) ed al Codice della Navigazione (art. 442), l’attività di caricazione e stivaggio della merce abbia natura accessoria al trasporto e rientri pertanto nella sfera di responsabilità del vettore marittimo, a nulla rilevando - al riguardo - il contenuto della clausola FILO.

     

    Tale clausola, infatti, non è idonea a sollevare il vettore dalla responsabilità che gli deriva dalle norme sopra citate.

     

    L’impresa addetta alla caricazione della merce aveva pertanto operato quale ausiliaria del vettore nell’ambito del contratto di trasporto, con conseguente applicabilità del termine di prescrizione annuale.

     

    Questa sentenza ci ricorda come le clausole relative al nolo siano clausole sulle spese e non sulla responsabilità del vettore marittimo. Occorre tenere a mente questa considerazione per evitare di vedere prescritto un reclamo a causa di un’errata valutazione circa l’effettiva portata delle clausole sopra citate.

     

    Se il destinatario non si presenta alla scaricazione e la merce viene quindi depositata dal vettore marittimo in un magazzino in attesa della riconsegna, da quali norme è regolata la responsabilità del vettore marittimo?

     

    La risposta ci giunge da una recente sentenza della Corte di Cassazione[3], avente ad oggetto un caso in cui la merce scaricata e non ritirata, dopo essere stata depositata presso un magazzino, era stata venduta dalla Dogana in quanto ritenuta abbandonata. Nella vicenda in commento, la mittente della spedizione aveva poi convenuto in giudizio il vettore per vedersi risarcito il danno conseguente alla vendita coattiva della merce.

     

    In primo grado, il vettore era andato esente da responsabilità in quanto il Tribunale aveva ritenuto applicabile, nel caso di specie, la disciplina prevista dalle Regole dell’Aja-Visby, dichiarando di conseguenza decaduta la mittente dal diritto di agire nei confronti del vettore atteso l’avvenuto decorso del termine annuale previsto dalla predetta normativa.

     

    La Suprema Corte, confermando la sentenza di appello, ha invece escluso l’applicabilità della sopra citata disciplina, ribadendo come le Regole dell’Aja-Visby abbiano ad oggetto esclusivamente il trasporto via mare, il quale ha come momento iniziale la caricazione delle merci e come momento finale la loro scaricazione e riconsegna. Con riferimento alla riconsegna, la Suprema Corte ha precisato come questa possa avvenire senza soluzione di continuità rispetto alla scaricazione, oppure con una soluzione di continuità, ma che non comporti lo svolgimento di un’attività ulteriore rispetto al trasporto da parte del vettore[4].

     

    Nella fattispecie, il vettore aveva concluso un contratto di deposito (attività evidentemente ulteriore rispetto al trasporto) e pertanto la sua responsabilità non risultava più disciplinata dalle Regole dell’Aja-Visby, bensì dalle norme del codice civile relative al deposito, con conseguente venir meno del termine di decadenza annuale previsto dalla normativa pattizia.

     

    Questa pronuncia trae da un principio noto (le Regole dell’Aja-Visby hanno ad oggetto unicamente il trasporto via mare) la soluzione concreta di un caso di sicuro interesse per gli operatori. Ancora una volta, la corretta individuazione della normativa applicabile risulta fondamentale per valutare i termini di prescrizione di un reclamo.

     

    La girata della polizza di carico in favore dello spedizioniere non fa di quest’ultimo uno spedizioniere-vettore

    La Corte di Cassazione[5] ci ha fornito un ulteriore chiarimento in merito al tema della corretta individuazione dello spedizioniere vettore.

    Nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, un vettore marittimo aveva convenuto in giudizio uno spedizioniere al fine di ottenere da quest’ultimo il pagamento degli importi dovuti per la detenzione e l’uso di alcuni container. L’azione del vettore si fondava sulla circostanza che la merce trasportata era stata ritirata dal predetto spedizioniere, al quale la committente del trasporto aveva appositamente girato la polizza di carico.

     

    Secondo la tesi del vettore marittimo, la girata della polizza di carico in favore dello spedizioniere, legittimando quest’ultimo al ritiro della merce, aveva determinato una successione negli obblighi derivanti dal contratto di trasporto, rendendo di fatto lo spedizioniere uno spedizioniere vettore, come tale tenuto a corrispondere al vettore marittimo i costi del trasporto.

     

    Al riguardo, la Corte di Cassazione ha ribadito come l’oggetto essenziale del contratto di spedizione sia rappresentato dalla conclusione di un contrato di trasporto da parte dello spedizioniere, precisando come quest’ultimo possa inoltre svolgere ulteriori attività (quali il ritiro e la custodia della merce) senza acquisire la veste di spedizioniere vettore. Tale qualifica, infatti, viene assunta soltanto dallo spedizioniere che assume l’obbligazione di eseguire il trasporto.

     

    Per la Suprema Corte, la girata della polizza di carico in favore dello spedizioniere e la conseguente legittimazione di quest’ultimo al ritiro della merce non poteva e non può essere ritenuta indice dell’assunzione, da parte dello spedizioniere, degli obblighi derivanti dal contratto di trasporto.

     

    Nel caso di specie, pertanto, non si era in presenza di uno spedizioniere vettore, bensì di un mero spedizioniere.

     

    Questa pronuncia ci mostra come la sussistenza del diritto cartolare ad esigere la riconsegna della merce - tramite lo strumento della girata della polizza di carico - non determini automaticamente in capo al titolare del predetto diritto l’assunzione degli obblighi derivanti dal contratto di trasporto.

     

     

     

     

     

    [1] Corte di Cassazione, 10 giugno 2015, n. 12087.

     

    [2] In base alla clausola FILO, la caricazione avviene a rischio del caricatore, mentre la scaricazione avviene a cura e rischio del vettore. Ne consegue che i costi di caricazione non sono inclusi nel nolo, mentre lo sono quelli relativi alla scaricazione.

     

     

     

    [3] Corte di Cassazione, 19 marzo 2015, n. 5488.

     

    [4] In termini pratici, la custodia delle merci (a cura diretta o indiretta) da parte del vettore.

     

     

     

    [5] Corte di Cassazione, 20 giugno 2014, n. 14089.

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