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    28.11.2024

    All’esame della Corte costituzionale il termine di dodici mesi per l’annullamento in autotutela


    Il Consiglio di Stato, con sentenza del 16 ottobre 2024 n. 8296, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale in relazione all’art. 21-nonies, comma 1, della legge n. 241/1990 relativamente alla parte in cui è previsto il termine di dodici mesi per l’annullamento in autotutela dei provvedimenti amministrativi.

    Nel dettaglio, l’asserita illegittimità costituzionale deriverebbe dal contrasto del predetto termine di dodici mesi per l’annullamento in autotutela con gli articoli 3, comma 1, 9, commi 1 e 2, 97, comma 2 e 117, comma 1, della Costituzione (relativamente agli articoli 1, lett. b. e d. e 5 lett. a. e c. della “Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società” del 27 ottobre 2005).

    Ad avviso del Collegio, in particolare, la previsione di un termine fisso e inderogabile così come previsto dall’articolo 21-nonies, comma 1, della legge n. 241/1990, impedirebbe alle amministrazioni competenti di valutare adeguatamente gli interessi “sensibili” quali, ad esempio, la tutela del patrimonio storico e artistico. Al contrario, la previsione di un termine “elastico agganciato al canone della ragionevolezza” permetterebbe alla pubblica amministrazione di ponderare adeguatamente gli interessi in gioco, evitando che quelli di primario rilievo costituzionale “si rivelino sempre meccanicamente recessivi, per effetto del mero decorso del tempo, rispetto alla tutela di una situazione giuridica a matrice individuale”.

    Del resto, sempre secondo l’interpretazione del Collegio, nell’ambito di diversi istituti amministrativi, il legislatore ha valutato di prevedere una disciplina sui generis e temporalmente dilatata a tutela di interessi di rango primario e superindividuale. Tali istituti, a titolo esemplificativo, sono da ricondursi all’art. 20, comma 4, della legge n. 241/1990, che sancisce che le disposizioni in materia di “silenzio- assenso” non si applicano ai procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico; all’art. 19, comma 1, della legge n.  241/1990, che esclude dal campo di applicazione della SCIA i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali; agli artt. 14-bis, 14-ter e 14-quinquies della legge n. 241/1990 che stabiliscono (i) termini più lunghi per l’assunzione delle decisioni e per la conclusione dei lavori delle conferenze dei servizi nelle ipotesi in cui siano coinvolte amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e dei beni culturali; (ii) nonché rimedi specifici avverso la determinazione conclusiva della conferenza dei servizi in favore delle amministrazioni dissenzienti preposte alla tutela dei predetti interessi. 

    Sotto un altro profilo, i giudici hanno evidenziato che la previsione di un limite temporale rigido per la possibilità di intervento in autotutela si tradurrebbe, indirettamente, nella “preclusione della spendita di altri profili di capacità speciale autoritativa dell’amministrazione”, con ciò intendendo che si limiterebbe il ri-esercizio del potere amministrativo conseguente all’annullamento del precedente provvedimento.

    Si resta, quindi, in attesa di conoscere la decisione della Corte costituzionale che potrebbe mettere in discussione un importante strumento di certezza del diritto e, per l’effetto, provocare rilevanti conseguenze in capo ai privati interessati da un eventuale annullamento in autotutela.

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