Due recenti decisioni hanno affrontato il tema in due diverse fattispecie: il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (17 febbraio 2016) ammette la falcidia del credito erariale, in contrasto con la Cassazione e con la Corte Costituzionale, mentre la Corte d’Appello di Bologna (24 dicembre 2015) conferma la possibilità di degrado del credito per IVA di rivalsa.
Il caso
Nel caso al vaglio del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, una società, dopo aver presentato un primo piano che prevedeva la soddisfazione integrale del credito per IVA e ritenute, ha presentato un piano alternativo che prevedeva il pagamento dei creditori prelatizi mobiliari nel rispetto dell’ordine dei privilegi fino a capienza dell’attivo concordatario e, quindi, un pagamento parziale nella misura del 54,83% a partire dal credito per imposte dirette e la retrocessione a chirografo del credito IVA e dei successivi in graduatoria. La società ha chiesto di sottoporre all’approvazione dei creditori il piano da ultimo presentato e, in subordine, quello originario. Nel caso affrontato dalla Corte d’Appello di Bologna, poichè i beni facenti parte del magazzino della società erano di provenienza non identificabile e non riferibili a specifiche fatture non pagate, il debitore ha ritenuto insussistenti i presupposti di fatto necessari per il riconoscimento del privilegio ai crediti di rivalsa IVA, che sono stati quindi declassati al chirografo, senza alcuna relazione giuriata ex art. 160, comma 2, l.fall. Avverso il decreto di omologazione del concordato preventivo è stato proposto reclamo ex art. 183 l.fall.
Le questioni
Le questioni affrontate dalle due decisioni riguardano la falcidia del credito IVA in due situazioni ben differenti: (i) nel caso del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il tema riguarda la possibilità di pagamento parziale del credito dell’Agenzia delle Entrate per IVA, in relazione alla disciplina della transazione fiscale di cui all’art. 182-‐ter l.fall. che lo esclude, ammettendo eslcusivamente il pagamento dilazionato; (ii) nel caso della Corte d’Appello di Bologna, invece, si tratta del credito del prestatore di beni o servizi che abbia versato all’erario l’IVA inerente alla propria prestazione e che ha diritto di riaddebitare al beneficiario della stessa (il privilegio grava esclusivamente sui beni oggetto della prestazione ed è suscettibile di declassamento a chirografo secondo le regole generali di cui all’art. 160, secondo comma, l.fall.).
Le decisioni
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha ritenuto ammissibile la proposta concordataria con falcidia del credito dell’Agenzia delle Entrate per IVA. Secondo il Tribunale, il divieto di falcidia previsto in tema di transazione fiscale non è estensibile al di fuori di tale fattispecie, in quanto non sussiste al riguardo alcun vincolo di diritto comunitario. Il Tribunale ritiene che la falcidiabilità dell’IVA nell’ambito del concordato non comporti una rinuncia generale ed indiscriminata al potere dell’amministrazione finanziaria di ottenere il pagamento dei crediti IVA, ma una sua parziale rinuncia coerente con la Raccomandazione della Commissione agli Stati membri del 12 marzo 2014, volta ad eliminare gli ostacoli all’efficace ristrutturazione di imprese sane in difficoltà finanziaria. Nel caso concreto, nell’alternativa liquidatoria si verificherebbe una minore soddisfazione del credito IVA rispetto alla percentuale di soddisfazione offerta nel concordato, in quanto l’attivo realizzabile non vale a soddisfare integralmente tutti i creditori privilegiati. La Corte d’Appello di Bologna – ribadendo il presupposto che ai fini del riconoscimento del privilegio da rivalsa IVA è necessario che il bene sia presente nel patrimonio del debitore e sia specificamente riferibile alle fatture pagate dal creditore che agisce in rivalsa – ha confermato che la proposta di concordato può declassare il credito, nei limiti ed alle condizioni previste dall’art. 160 secondo comma l.fall. Nel caso di specie, poiché i beni non erano riferibili alle specifiche fatture di acquisto, è stato ritenuto possibile il mancato riconoscimento del privilegio, anche in assenza della relazione giurata prevista dalla legge in merito al valore di liquidazione dei beni.
Commento
Il caso sottoposto alla Corte d’Appello di Bologna era già stato esaminato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 24970/2013. In tale occasione la Suprema Corte, in linea con l’orientamento già espresso in passato, aveva confermato che il credito IVA di rivalsa deve essere ammesso al privilegio ai sensi e per gli effetti dell’art. 2758, secondo comma e dell’art. 2778, n. 7., c.c. e va soddisfatto integralmente nel concordato anche in caso di assenza del bene nel patrimonio, se il debitore non ne propone il pagamento parziale ai sensi dell’art. 160, secondo comma, l.fall. Il tema è ben distinto da quello della falcidiabilità del credito erariale che è invece stato esaminato dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. La decisione del Tribunale si pone in contrasto con le pronunce della Cassazione (n. 22931 e n. 22932/2011) secondo cui l’art. 182 ter primo comma l.fall., con riguardo al trattamento dell’IVA, trovano sempre applicazione nell’ambito del concordato preventivo e non solo con riferimento all’istituto della transazione fiscale, in quanto norma di natura sostanziale e non meramente processuale. Anche la Corte Costituzione, con sentenza n. 225/2014 ha sostenuto che, alla luce della normativa comunitaria, secondo l’interpretazione fornitane dalla Corte di giustizia UE, e dei vincoli che ne derivano per gli Stati membri, l’IVA deve essere pagata per intero ed è possibile oggetto di transazione la sola dilazione del pagamento. Secondo il Tribunale – con interpretazione da condividere – il principio di intangibilità del credito IVA e della sua natura di credito “superprivilegiato” opera in contrasto da un lato con le norme della legge fallimentare e con il rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione, dall’altro con lo spirito che ha animato le riforme susseguitesi negli ultimi anni. La decisione del Tribunale dimostra che la questione è tuttora controversa e non può ritenersi definitivamente risolta. Infine, merita segnalare un ulteriore fattispecie in cui può porsi il tema della falcidia del credito IVA, nel caso della proposta di transazione fiscale relativa a crediti IVA contestati: in un caso seguito dallo Studio, il Tribunale di Reggio Emilia con sentenza del 29 maggio 2014 e la Corte d’Appello di Bologna con pronuncia del 3 novembre 2014 non hanno ritenuto ammissibile la proposta di definizione transattiva del quantum della pretesa erariale, ritenendo che non abbia rilievo la distinzione tra “IVA da accertamento” e “IVA incassata e non versata”. La questione è ora al vaglio della Corte di Cassazione, sull’assunto che il consolidamento sostanziale del debito tributario possa avvenire solo qualora l’Erario sia vittorioso in via definitiva nel contenzioso con il contribuente, ovvero qualora vi sia una chiara determinazione consensuale dell’importo dovuto a seguito dell’accettazione della transazione fiscale da parte dell’amministrazione finanziaria seguita dalla omologazione del Tribunale.
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