La dinamicità del mercato contemporaneo dell’arte ha reso necessaria una più articolata organizzazione dell’eterogeneo insieme di conoscenze giuridico-economiche che oggi viene comunemente inteso come art law. Un mercato globale che, nel suo crescere senza sosta ha ampliato il tradizionale parterre di collezionisti ed amatori per accogliere anche personalità interessate a rendere l’arte risorsa sulla quale investire le proprie energie economiche. Di conseguenza, la complessità del mercato ha dato origine ad intricate questioni giuridiche, di portata spesso transnazionale, che richiedono expertise sempre più approfondite ed interdisciplinari: sul piano giuridico, basti pensare che una singola controversia potrebbe spaziare dal diritto d’autore al diritto della proprietà, dal diritto penale al diritto internazionale privato, dalla tutela – internazionale e domestica – del patrimonio culturale alla libertà d’espressione.
Si tratta di questioni che, si può immaginare, richiedono conoscenze e sensibilità che si estendono oltre il diritto. Casi come l’ormai leggendario Altmann vs Austria [1], romanzesche dispute come quelle tra il collezionista russo Dmitry Rybolovlev e il dealer Yves Bouvier [2], così come le controversie per i diritti su estate di artisti – come nel caso di Robert Indiana [3] – riassumono bene la difficoltà che i giuristi possono trovarsi ad affrontare. Non da meno, chi è chiamato a decidere deve poter valutare con massima sensibilità non solo gli effetti che la decisione può comportare sul piano giuridico o sulle quotazioni di mercato di un artista, ma deve tener conto anche dell’importanza simbolica, culturale, religiosa ed etica che le dispute sui rimpatri di opere trafugate, il riconoscimento dell’autenticità di opere considerate perdute o scoperte, l’arginare le speculazioni di mercato possiedono.
Col tempo, le professionalità coinvolte sono divenute sempre più numerose: il lavoro dell’artista si rivolge alla creazione di opere dal duplice valore artistico ed economico, e oggi attiva con sé anche una moltitudine di professioni legate da altrettante relazioni commerciali. Il mercato dell’arte è così composto da collezionisti, artisti e di tutti i professionisti intermediari che ne garantiscono il funzionamento e la valorizzazione delle opere in esso circolanti: galleristi, case d’asta, restauratori, trasportatori, periti, assicuratori, banche, musei. Da qui l’intreccio di relazioni e rischi di conflitti, che talvolta possono costare imbarazzi, se non gravi danni di immagine, agli interessati; situazioni delicate che richiedono discrezione e riservatezza nella loro trattazione, anche al fine di non attirare indesiderate attenzioni su transazioni dalla portata economica spesso milionaria.
Una soluzione per affrontare al meglio le complessità evidenziate e le controversie che potrebbero scaturirne è data dall’utilizzo dei sempre più diffusi strumenti di Alternative Dispute Resolution (“ADR”), in particolare, mediazione ed arbitrato. Essi consentono, infatti, di devolvere la controversia ad un soggetto terzo alle parti senza la necessità di ricorrere all’ordinaria amministrazione della giustizia, con una serie di vantaggi che, data la peculiarità del mercato preso in considerazione, finiscono con l’agevolare o comunque favorire la composizione della lite.
Sulla scia dei potenziali vantaggi, varie sono le esperienze di composizione alternative delle liti che negli ultimi anni si sono affermate nel mondo.
Sono stati istituiti, anche in seno ad organizzazioni internazionali come l’UNESCO e la World Intellectual Property Organisation (WIPO), appositi strumenti di ADR destinati ad un pubblico internazionale o a specifiche dispute. In particolare, si segnalano le esperienze internazionali dell’UNESCO Intergovernmental Committee for Promoting the Return of Cultural Property [4], con sede a Parigi e finalizzata, come si può evincere già dalla denominazione, alla promozione della restituzione del patrimonio culturale illecitamente sottratto ai Paesi d’origine; il WIPO Alternative Dispute Resolution for Art And Cultural Heritage [5], istituito assieme all’International Council of Museums, che tra Ginevra e Singapore promuove la mediazione, l’arbitrato e la expert determination; e l’International Dispute Resolution Centre di Londra [6], che insieme all’Art Law Centre di Ginevra propone servizi di mediazione e conciliazione. A livello nazionale, invece, si possono segnalare le esperienze oltreoceano della Arbitration e Mediation Services di Sacramento [7], California, promosso dal California Lawyers for Arts; in Italia, le Camere Arbitrali di Milano [8] e Roma [9] hanno da tempo attivato al loro interno servizi di mediazione dedicati al mondo dell’arte.
Con particolare riferimento all’arbitrato, le Camere da tenere in considerazione sono la Court of Arbitration for Art – attivata nel 2018 a L’Aia [10] – e la neo istituita sezione specializzata in materia di Art Law della Camera Arbitrale di Venezia, alla quale è dedicato il prossimo paragrafo 3 con una disamina più articolata anche del regolamento in materia d’arte.
Se da un lato la mediazione, così come disciplinata dal D.lgs. 28/2010, provvede a gestire stragiudizialmente le potenziali controversie ricorrendo ad un mediatore che tenterà il raggiungimento di un accordo tra le parti, l’arbitrato si costituisce come un vero e proprio sostituto del processo civile ordinario, i cui effetti possono avere efficacia vincolante [11]. Esso, infatti, prevede la devoluzione della controversia a un soggetto terzo, che assume la veste di arbitro, nelle formalità previste dalla legge, ed in particolare al titolo VIII del libro quarto del Codice di procedura civile.
I vantaggi dell’arbitrato per il mondo dell’arte risiedono già nelle sue caratteristiche più rilevanti. Come sottolineato da Theodore K. Cheng, arbitro ed esperto di proprietà intellettuale, uno dei primissimi vantaggi delle ADR, e in particolare dell’arbitrato, consiste nel fatto che, a differenza dei procedimenti di fronte ai tribunali, sono concepite con lo scopo di essere liberamente accessibili ai fini di risolvere la controversia [12]. Per questo, le parti, qualora siano già concordi nel voler usufruire di tale servizio, possono già prevedere nei propri accordi commerciali una specifica clausola compromissoria, in Italia disciplinata all’art. 808 del c.p.c., grazie alla quale è possibile demandare le controversie nascenti dal contratto ad arbitri. Si ricorda, sinteticamente, che le controversie arbitrabili per mezzo di legge italiana possono avere ad oggetto solo i diritti disponibili, come indicato all’art. 806 del c.p.c. [13].
L’arbitrato si caratterizza anche per la libertà delle parti di scelta dell’arbitro: così è possibile l’individuazione di un esperto che sia in grado di risolvere la controversia con la sensibilità necessaria a coglierne le sfumature interdisciplinari e la complessità della questione da trattare. Ciò ad esempio, può essere particolarmente utile nel caso in cui la controversia abbia ad oggetto questioni i cui aspetti giuridici non siano sufficienti per cogliere appieno la natura del caso. Si pensi, ad esempio, alle dispute in materia di autenticità delle opere d’arte: l’arbitro esperto non rimuove completamente le incertezze che l’autenticazione delle opere d’arte comporta, ma garantisce uno specifico grado di scientificità e professionalità imprescindibile anche per la scelta dei consulenti tecnici che lo affianchino [14].
La libertà di scelta dell’arbitro ben si concilia anche con la celerità di risoluzione della controversia e di emissione del lodo; infatti, l’arbitrato italiano per legge deve concludersi entro i termini individuati dalle parti oppure, in mancanza di riferimenti, entro e non oltre duecentoquaranta giorni dalla nomina degli arbitri [15].
Le libertà delle parti non si limitano alla sola scelta dell’arbitro, ma riguardano anche la scelta della legge applicabile, della sede del procedimento e della lingua che intendono utilizzare. Le controversie pertanto possono godere di un meccanismo di risoluzione che, nella sostanza, si modella sulla questione specifica, potendosi adattare ad essa sia sul piano formale, sia sul piano sostanziale, il quale si può già estrinsecare in una articolata e completa clausola compromissoria all’interno dei propri accordi commerciali.
Un ulteriore vantaggio dell’arbitrato consiste anche nella riservatezza garantita sin dal momento in cui le parti decidono di includerlo all’interno dei propri rapporti contrattuali. Il lodo arbitrale costituisce un documento accessibile alle sole parti coinvolte, la cui pubblicazione si rende necessaria solamente nel caso in cui s’intenda ricorrere al tribunale per attribuirgli efficacia esecutiva. Negli altri casi, avendo previsto reciproci obblighi di riservatezza e avendo affrontato la controversia in ambito arbitrale, nulla di quanto accaduto e disciplinato all’interno del procedimento arbitrale potrà essere utilizzato in sede giudiziale.
La riservatezza gioca un ruolo indubbiamente di rilevo nell’abito delle relazioni degli operatori e protagonisti del mercato dell’arte, dove la reputazione e la discrezione costituiscono gli improrogabili standard a cui aderire per poter emergere e affermarsi nel settore come professionisti e collezionisti. Tuttavia, la possibilità di rendere pubbliche quanto meno le basi giuridiche a fondamento del lodo arbitrale in materia d’arte è diventata nel corso degli ultimi anni oggetto di critiche. La Court of Arbitration for Art, in particolare, ha riflettuto su tale possibilità [16], annunciando in un primo momento che avrebbe pubblicato in forma anonimizzata i lodi, così da realizzare una – seppur embrionale – base di regole comuni per un mercato notoriamente deregolamentato [17]. I casi più delicati, infine, possono essere disciplinati con arbitrato irrituale, il cui provvedimento finale, in virtù dell’accordo arbitrale tra le parti, vincola le parti su base negoziale. Il rispetto della decisione è comunque garantito dalla possibilità di impugnazione per inadempimento contrattuale. Competenze specifiche, celerità e riservatezza: così possono essere riassunti i significativi vantaggi dell’arbitrato per l’Arte.
Lo scorso 13 luglio è stato pubblicato il nuovo regolamento degli Arbitrati in materia di Arte della Camera Arbitrale di Venezia [18] (il “Regolamento”), volto a istituire nella città lagunare una speciale sezione, di carattere internazionale, esclusivamente dedicata alla risoluzione delle controversie relative al mondo e al mercato dell’arte. Un Comitato di esperti, dalla comprovata esperienza in materia di arbitrato e di mercato dell’arte, ha lavorato al progetto assieme alla Presidente della Camera veneziana, l’avvocato Patrizia Chiampan: in esso compaiono i professori avvocati Giorgio De Nova, Alessandra Donati, Elena Zucconi Galli Fonseca e gli avvocati Giuseppe Calabi, Fabio Moretti, Lavinia Savini e Massimo Sterpi.
Principio ispiratore della camera arbitrale è l’idea di potenziare gli aspetti di interesse dell’arbitrato per l’arte, garantendo i vantaggi procedurali e la massimizzazione delle garanzie di riservatezza, efficacia, rapidità e flessibilità della procedura, al fine di formulare uno strumento internazionale che affianchi il mercato nella soluzione di vicende conflittuali.
Il testo del Regolamento, infatti, è stato progettato per accogliere in chiave omnicomprensiva tutte le peculiarità del mercato dell’arte, includendo nella – possibilmente più ampia – definizione di opere d’arte [19] anche gli oggetti d’antiquariato e da collezione: “Il presente Regolamento […] disciplina i procedimenti di arbitrato aventi ad oggetto controversie in materia di arte – intesa nel suo significato più ampio, comprendente ogni attività umana creativa, svolta singolarmente o collettivamente od imprenditorialmente, qualunque sia la forma di espressione quali, a titolo esemplificativo, arti visive, musica, teatro, design, oggetti di antiquariato e da collezione".
L’iniziativa, prima in Italia nel suo genere, prosegue nella promozione dell’arbitrato quale strumento internazionale per la risoluzione delle controversie legali del mondo dell’arte con la massima garanzia di efficienza, efficacia e riservatezza per le parti che decidono di aderirvi. In Europa, solo la menzionata Court of Arbitration for Art dell’Aia disponeva di un proprio specifico regolamento per la risoluzione delle controversie d’arte: la Camera Venezia si presenta per potenziare, in Italia e all’estero, gli aspetti vantaggiosi di questa opzione alternativa.
Pare interessante ripercorrere alcune specifiche disposizioni del regolamento. Già l’ampia definizione fornita dal menzionato articolo 1 garantisce al Regolamento di poter comprendere nel proprio ambito di applicazione le molteplici e articolate questioni che l’arte oggi pone al mercato e ai suoi protagonisti, a partire dalla definizione stessa di opera d’arte. Nessun riferimento, infatti, è dato a specifiche definizioni od enumerazioni di medium, dando così la più ampia libertà interpretativa, a superamento delle varie definizioni fornite dalle legislazioni nazionali in materia, ad esempio, di diritto d’autore [20]. Grazie a questo accorgimento possono beneficiare del Regolamento non solo le arti visive, ma anche le arti performative, il disegno industriale, la musica e il cinema, rispecchiando così la vocazione di Venezia quale città delle arti e stimolando una maggiore sensibilità verso gli strumenti giuridici a cui le istituzioni culturali, pubbliche e private, nazionali e internazionali, possono far riferimento.
La scelta della Camera arbitrale veneziana mira ad espandere le potenzialità dell’arbitrato sin dalla definizione dell’oggetto della controversia, includendo anche la contemporaneità, spesso costituita da istruzioni per opere da (ri)attivare o da opere realizzate con materiali che degradano col tempo, la cui documentazione costituisce lo scrigno ultimo dell’autenticità dell’opera e del suo valore, nonché testimonianza della effettiva titolarità dell’opera e delle modalità migliori per il suo restauro. Soffermandoci sul contemporaneo, si possono ancora menzionare le questioni relative al sistema di autenticazione delle opere d’arte concettuali, delle installazioni, delle opere effimere, delle performance, delle fotografie e della video arte. Ad esse sono da affiancare la varietà di prassi che richiedono competenze specifiche in materia, quali quelle per la verifica della autenticità delle opere d’arte (in relazione anche alle singole expertise), per l’archivio, il museo, la fondazione, la casa d’asta o la galleria con cui interfacciarsi.
Le expertise sono state ulteriormente valorizzate dalla decisione di prevedere la possibilità di nominare consulenti tecnici d’ufficio, i quali andranno ad affiancare gli arbitri in questioni tecniche che il diritto non è in grado di risolvere in autonomia; previsione altresì potenziata e valorizzata dalla possibilità di nominare anche un comitato scientifico ad hoc per la disamina degli aspetti più controversi [21]. Gli arbitri possono pronunciare provvedimenti cautelari urgenti e provvisori, anche di contenuto anticipatorio, nelle modalità e nei limiti indicati dal Regolamento [22]. La celerità del procedimento è infine garantita anche dalla previsione del termine massimo per il deposito del lodo di centottanta giorni dalla costituzione dell’arbitrato [23]; termine prorogabile solo in casi specificamente individuati dal Regolamento e comunque sempre attinenti alla complessità della controversia da risolvere [24].
La Camera Arbitrale di Venezia ha già messo a disposizione un proprio modello di clausola compromissoria per le parti che intendono ricorrervi, attualmente disponibile nella copia digitale del Regolamento (e, nel caso di accordo, vi si può aderire anche per convenzione successiva). La clausola compromissoria garantisce l’accesso ad una soluzione alternativa alla giustizia ordinaria sensibile e competente, capace di andare oltre le difficoltà del diritto nel riconoscere la complessità dello statuto giuridico delle arti contemporanee. Vantaggi già efficacemente sintetizzati dal grande giurista René David, il quale riconosceva che l’arbitrato “non deriva i suoi poteri dallo Stato e non governa per conto dello Stato. L'arbitro, dovendo tener conto di ciò che le parti si aspettano da lui, deve cercare la giustizia piuttosto che attaccarsi ciecamente a un diritto dello Stato” [25].
Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto. Per ulteriori informazioni si prega di contattare Alessandra Donati e Edoardo Mombelli.
[1] Republic of Austria v. Altmann, 541 U.S. 677 (2004).
[2] L’intricato susseguirsi di scandali e cause giudiziarie è stato sin dagli inizi ampiamente monitorato dalla stampa. Cfr., inter alia, per una panoramica generale, The Bouvier Affair: The Art of Deception?, su ArtCritique, 26 novembre 2019, https://www.art-critique.com/en/2019/11/the-bouvier-affair-the-art-of-deception/ (consultato il 29 agosto 2020); Sam Knight, The Bouvier Affair, su The New Yorker, 1 febbraio 2016 www.newyorker.com/magazine/2016/02/08/the-bouvier-affair (consultato il 29 agosto 2020).
[3] Giuditta Giardini e Lorenzo Sordi, ADR e Arte: caso Indiana, il giudice dice sì all’arbitrato, su Il Sole 24 Ore, 24 ottobre 2018, https://www.ilsole24ore.com/art/adr-e-arte-caso-indiana-giudice-dice-si-all-arbitrato-AEaGFOUG?refresh_ce=1 (consultato il 29 agosto 2020). Si noti che quest’ultimo caso e il citato Republic of Austria v. Altmann sono stati oggetto di arbitrato.
[4] https://en.unesco.org/fighttrafficking/icprcp
[5] https://www.wipo.int/amc/en/center/specific-sectors/art/
[6] https://www.idrgroup.org/art-law/
[7] https://www.calawyersforthearts.org/arts-arbitration-mediation-services.html
[8] https://www.camera-arbitrale.it/it/mediazione/adr-arte.php?id=526
[9] http://www.arbitracamera.it/pagina177_progetto-adr-per-la-cultura.html
[10] Cfr. https://www.cafa.world/arbitration/
[11] Cfr. Crisanto Mandrioli, Antonio Caratta, Diritto Processuale Civile, volume III, I Procedimenti speciali, l’arbitrato, la mediazione e la negoziazione assistita, Giappichelli, 2017, p. 403.
[12] “One way to minimize or eliminate the drawbacks of relying upon traditional court litigation to address art and cultural heritage disputes is to consider arbitration as a mechanism to resolve them”. Theodore K. Cheng, Arbitration of Art and Cultural Heritage Disputes, in Entertainment, Arts and Sports Law Journal, 2017, vol. 28, n. 3, p. 31.
[13] In virtù di tale limite, le controversie in materia di diritti morali, ad esempio, non potranno essere demandate all’arbitro.
[14] Come riportato da Quentin Bryne-Sutton, Norman Palmer affermò, in occasione del Simposio del 1997 organizzato dall’Art Law Centre di Ginevra: “The authenticity of a work of art, for example, rarely arises in a rawly factual ('yes or no') form. The context of the question (the meaning of the critical words) is likely to be or arise from a legal document or principle. That source is bound to affect the question itself, making it more subtle and ambiguous ... In mis context the skills which make for a good attributor do not necessarily make for a good adjudicator. On the other hand, empirical experience as to the practices of me trade (rather than say, high academic expertise within a particular technical field) may offer a valuable background for the adjudicatory role, provided concerns about 'trade bias' can be overcome” (cfr. Quentin Bryne-Sutton, Arbitration and Mediation in Art-Related Disputes, in Arbitration International, Volume 14, n. 4, pp. 452-453).
[15] Art. 819 bis c.p.c.
[16] Un cambio di rotta che così è descritto su The Art Newspaper:“CAfA’s proceedings will be confidential, but a press release announcing the court last May stated that publishing its decisions was “essential to ensure market understanding and acceptance of the results”, a point reiterated to The Art Newspaper last May and in an ArtTactic podcast soon after. William Charron, the art lawyer who conceived of CAfA, now elaborates that if the parties themselves do not want a decision published, it will not be”. Laura Gilbert, The Hague’s art arbitration court to open in April, su The Art Newspaper, 21 marzo 2019, https://www.theartnewspaper.com/news/the-hagues-art-arbitration-court-to-open-in-april (consultato il 31 agosto 2020).
[17] Sul tema si segnala, da ultimo, il report pubblicato dalla Permanent Subcommittee on Investigation del Senato degli Stati Uniti d’America intitolato “The Art Industry And U.S. Policies That Undermine Sanctions” (disponibile al link https://www.hsgac.senate.gov/imo/media/doc/2020-07-29%20PSI%20Staff%20Report%20-%20The%20Art%20Industry%20and%20U.S.%20Policies%20that%20Undermine%20Sanctions.pdf), il quale rileva, a p. 2, che il mercato dell’arte, in particolare quello americano, è largamente deregolamentato: “The art industry is considered the largest, legal unregulated industry in the United States. Unlike financial institutions, the art industry is not subject to Bank Secrecy Act’s (“BSA”) requirements, which mandate detailed procedures to prevent money laundering and to verify a customer’s identity. While the BSA does not apply to art transactions by art dealers and auction houses, sanctions do. No U.S. person or entity is allowed to do business with a sanctioned individual or entity”.
[18] Il Regolamento è disponibile per il download all’indirizzo http://www.camera-arbitrale-venezia.com/?IdPagina=568.
[19] Come sottolineato dalla presentazione sul sito ufficiale della Camera Arbitrale di Venezia (http://www.camera-arbitrale-venezia.com/?IdPagina=568).
[20] Si pensi alla definizione fornita all’articolo 2 della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche del 1886, così come alle sue derivazioni nazionali quali gli articoli 1 e 2 della l. 633/1941 per l’Italia, gli articoli Article L112-1 e L112-2 del Code de la propriété intellectuelle francese o le Section da 3 a 8 del Copyright, Designs and Patents Act del Regno Unito.
[21] Art. 27 del Regolamento.
[22] Art. 22 del Regolamento.
[23] Art. 31 del Regolamento.
[24] Art. 33 del Regolamento: “Se le parti non hanno disposto diversamente, il termine di cui all’art. 31 punto 1 è prorogato fino a 180 giorni nei seguenti casi: a) se debbono essere assunti mezzi di prova; b) se è disposta consulenza tecnica d’ufficio; c) se è pronunciato un lodo non definitivo o un lodo parziale; d) se è modificata la composizione del Collegio Arbitrale o è sostituito l’Arbitro unico.
[25] René David, L'arbitrage dans le commerce international, Paris, 1982, p. 15, come riportato da Quentin Bryne-Sutton, op. cit., p. 454. Già Aristotele, nella Retorica, elogiava la risoluzione della controversia al di fuori degli ordinari sistemi di giustizia, ritenendo preferibile “un arbitrato piuttosto che una lite in tribunale”, poiché “l’arbitro bada all’equità, il giudice alla legge; e l’arbitro è stato inventato proprio per questo, per dar forza all’equità” (cfr. Aristotele, Retorica, 1.13.13, come citato da Francesco Zappalà, Memoria storica dell’arbitrato, Memorias XV Congreso Iberoamericano de Derecho e Informática, Buenos Aires, Argentina, 2011, disponibile all’indirizzo http://www.eldial.com/nuevo/congreso_iberoamericano/MEMORIA%20STORICA%20DELL%20ARBITRATO.pdf).