Il d.lgs. n. 14/2019 è suddiviso in quattro parti, di cui la più rilevante è la prima che contiene il nuovo CCI di 390 articoli: la seconda parte riguarda invece le modifiche al codice civile, la terza le modifiche alla l. n. 122/05 (immobili da costruire) e la quarta riguarda infine la disciplina transitoria e l’entrata in vigore.
L’entrata in vigore del CCI è prevista decorsi 18 mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (quindi al 14 agosto 2020), salvo che per alcune limitate disposizioni. Si tratta di una vacatio legis molto ampia, che presumibilmente consentirà l’attuazione di ulteriori interventi correttivi, peraltro non autorizzati dalla LD e che quindi sarebbero subordinati ad un apposito intervento legislativo.
Di seguito tracciamo una breve panoramica di sintesi delle principali innovazioni, per un primo inquadramento, mentre approfondiremo in successive occasioni i singoli temi in maggiore dettaglio.
Di notevole rilevanza l’inserimento di un secondo comma all’art. 2086 c.c., il quale prevede che le imprese societarie hanno il dovere
Importante anche l’introduzione di un terzo comma all’art. 2486 c.c. che, in tema di violazione dei doveri di conservazione del patrimonio da parte degli amministratori, stabilisce una presunzione secondo cui il danno è pari alla differenza dei netti patrimoniali tra il verificarsi della causa di scioglimento e l’apertura della liquidazione giudiziale e, in caso non sia possibile determinarla per mancanza delle scritture contabili o per altra causa, alla differenza tra attivo e passivo.
Il CCI conserva la tipologia e la struttura delle procedure di insolvenza esistenti e in buona parte ricalca anche il testo normativo previgente, al quale sono state apportate modifiche di maggiore o minore dettaglio, in linea con i criteri della legge delega. Le aree in cui la disciplina è totalmente nuova sono quelle (i) delle definizioni e dei principi generali (artt. 1-11), (ii) delle procedure di allerta e composizione assistita della crisi (artt. 12-25), (iii) del procedimento uniforme di accesso alle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza (artt. 40-53), (iv) delle procedure di gruppo (artt. 284-292), (vi) del coordinamento tra la liquidazione giudiziale e le misure cautelari penali (artt. 317-321).
Il CCI prevede, da un lato, la nuova procedura stragiudiziale di «composizione assistita della crisi» di cui al successivo punto b) (artt. 12-25) e, dall’altro, le procedure già note, oggi definite di «regolazione della crisi e dell’insolvenza»: (i) i piani di risanamento attestati (art. 56), (ii) gli accordi di ristrutturazione dei debiti (artt. 57-64), (iii) il concordato preventivo (artt. 84-120), (iv) la «liquidazione giudiziale» (artt. 121-267) che sostituisce il fallimento, (v) la liquidazione coatta amministrativa (artt. 293-316).
La soppressione dei termini «fallimento» e «fallito» nel CCI dà attuazione ad uno dei principi della legge delega, di carattere peraltro principalmente terminologico, posto che la «liquidazione giudiziale» conserva i caratteri già noti dell’attuale procedura fallimentare.
Le procedure riservate al debitore civile ed agli imprenditori non fallibili, attualmente previste dalla l. n. 3/2012, vengono oggi disciplinate dal CCI con le denominazioni di «ristrutturazione dei debiti del consumatore» (artt. 67-73) e «concordato minore» (artt. 74-83), nonché di «liquidazione controllata del sovraindebitato» (artt. 268-277).
Il CCI prevede misure finalizzate alla prevenzione dell’insolvenza, attraverso strumenti di allerta che prevedono obblighi di segnalazione «interni» degli organi di controllo societari ed «esterni» a carico di creditori pubblici qualificati (enti previdenziali, agenzia delle entrate ed agenti della riscossione), in presenza di determinati indicatori della crisi.
La segnalazione è rivolta all’organismo di composizione della crisi d’impresa (“OCRI”), di carattere non giurisdizionale e dotato di adeguata professionalità, ed è finalizzata ad attivare una procedura assistita (da parte di un collegio di esperti designato ad hoc) nella definizione di un percorso di superamento della crisi, attraverso accordi con i creditori ovvero accesso ad una procedura di composizione della crisi o dell’insolvenza. In mancanza (ed in presenza dello stato di insolvenza) l’OCRI invia una segnalazione al PM per l’apertura della liquidazione giudiziale.
Sono disposti opportuni incentivi al debitore (tra cui riduzioni di sanzioni tributarie ed interessi, aumento dei termini per il deposito di accordi di ristrutturazione e concordato, limitate esimenti da reati e attenuazioni di pena) per l’attivazione volontaria e tempestiva della procedura.
Il CCI prevede una nuova disciplina delle misure protettive in pendenza di una procedura di regolazione della crisi.
La sospensione automatica delle azioni esecutive e cautelari individuali dei creditori per effetto della pubblicazione della domanda di accesso al concordato preventivo o di omologazione di accordi di ristrutturazione si verifica solo se il debitore lo richiede, ma la durata deve essere stabilita dal Tribunale caso per caso (art. 54).
Le misure protettive potranno essere concesse dal Tribunale (art. 20) anche nell’ambito del procedimento di composizione assistita della crisi.
La durata complessiva delle misure protettive concesse nelle diverse situazioni, compresi rinnovi e proroghe, non potrà comunque superare i dodici mesi (art. 8).
La legge delega intendeva assicurare la trattazione delle procedure concorsuali da parte di magistrati maggiormente specializzati, istituendo tra l’altro il tribunale concorsuale che avrebbe previsto la concentrazione della competenza presso gli uffici di maggiori dimensioni.
Il CCI ha attuato la delega limitatamente all’attribuzione della competenza per le procedure di amministrazione straordinaria e dei gruppi di imprese di rilevante dimensione ai tribunali sede di sezioni specializzate in materia di impresa.
Il CCI disciplina un unico giudizio in cui sono destinate a confluire e ad essere trattate tutte le domande di accesso, anche contrapposte, alle diverse procedure di liquidazione ovvero di regolazione della crisi e dell’insolvenza dello stesso imprenditore, consumatore o debitore civile. È espressamente previsto (art. 7) che devono essere trattate e definite prioritariamente le domande dirette a regolare la crisi in via alternativa alla liquidazione giudiziale, purché sia indicata la convenienza per i creditori.
Va segnalata l’estensione della legittimazione per la richiesta di apertura della liquidazione giudiziale agli organi di controllo societari e l’ampliamento di quella del PM ad ogni caso in cui venga a conoscenza dello stato di insolvenza. Resta invece riservata al debitore l’iniziativa per l’accesso alle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza.
Una novità significativa riguarda l’immediata efficacia della sentenza di revoca della liquidazione giudiziale, non più condizionata come oggi al passaggio in giudicato: l’art. 53 detta una disciplina – applicabile anche alla revoca dell’omologazione di concordati ed accordi di ristrutturazione – che mira a contemperare le diverse esigenze ed interessi in gioco.
Rispetto alla disciplina vigente, si prevede che debbano essere contenute indicazioni in merito (i) ai milestones per la verifica dell’attuazione del piano e (ii) alle azioni da intraprendere in caso di scostamento.
È prevista la riduzione alla metà della soglia del 60% dei creditori aderenti, se non è richiesta la moratoria di pagamento dei creditori estranei o misure protettive temporanee (accordi agevolati, art. 60). La possibilità di estendere gli effetti dell’accordo anche in assenza di accettazione non è più limitata ai creditori finanziari, ma solo se è garantita la continuità aziendale (accordi ad efficacia estesa, art. 61).
Viene introdotta una disciplina espressa in tema di rinnovazione dell’attestazione, in caso di modifiche sostanziali del piano o degli accordi, anche dopo l’omologazione, con facoltà di opposizione da parte dei creditori (art. 58).
Il CCI mantiene l’attuale impianto del concordato. Per quanto riguarda il piano si precisa che le tipologie previste sono quelle della liquidazione del patrimonio e della continuità aziendale:
(i) Il ricorso alla procedura con finalità meramente liquidatorie sarà condizionato all’offerta di apporti esterni in grado di incrementare di almeno il 10% la soddisfazione dei creditori chirografari, che deve essere pari ad almeno il 20% come già oggi previsto;
(ii) per quanto riguarda la continuità aziendale, è espressamente ammessa anche la forma c.d. «indiretta» attraverso la cessione a terzi, ma solo in presenza di impegno a conservare almeno la metà dei posti di lavoro per un anno dall’omologazione;
(iii) in presenza di prosecuzione dell’attività e contemporaneamente di liquidazione di beni non funzionali (c.d. concordato «misto»), è invece necessario che i creditori siano soddisfatti in misura prevalente dal ricavato della continuità aziendale, diretta o indiretta (in quest’ultimo caso, compresa anche la cessione del magazzino), requisito che si considera comunque rispettato se viene conservato almeno la metà dei posti di lavoro per i successivi due anni;
(iv) in caso di continuità aziendale «diretta» non vi sono vincoli di conservazione di posti di lavoro, né di percentuali minime di soddisfacimento dei creditori.
La proposta potrà ancora prevedere qualsiasi modalità di soddisfacimento dei creditori, e si prevedono alcuni casi in cui la formazione delle classi sarà obbligatoria, tra cui creditori non integralmente soddisfatti, titolari di garanzie di terzi, proponenti o parti agli stessi correlate (art. 85).
Resterà la possibilità di depositare la domanda di concordato con riserva della presentazione della proposta e del piano, ma con maggiori limitazioni: il termine massimo è ridotto a 60 giorni, prorogabile di ulteriori 60 giorni solo se non sono pendenti domande di apertura della liquidazione giudiziale.
Al Tribunale viene affidata la verifica della fattibilità anche economica (e non solo giuridica) del piano concordatario (art. 47).
Il CCI (art. 115) prevede che le azioni di responsabilità nei confronti degli organi amministrativi e di controllo nelle società devono essere esercitate dal liquidatore giudiziale, solo se si tratta di concordato con cessione dei beni.
Come già segnalato, muta la denominazione ma non la disciplina della procedura di liquidazione giudiziale, rispetto al fallimento. Piuttosto limitata è l’incidenza delle innovazioni, segnalando tra le principali: (i) l’estensione del divieto di compensazione in ogni caso di acquisto di crediti nell’anno anteriore o dopo l’apertura della liquidazione (art. 155), (ii) l’anticipazione del decorso del periodo sospetto delle revocatorie alla presentazione della domanda di apertura della liquidazione giudiziale (artt. 163-166), (iii) la previsione di una specifica disciplina dei contratti di lavoro in corso, che restano sospesi con facoltà di recesso del curatore, ovvero subentro entro quattro mesi salvo che vi siano prospettive di cessione dell’azienda (art. 189) con la previsione di speciali ammortizzatori sociali (art. 190), (iv) la previsione dell’onere di insinuazione al passivo (art. 201) anche per i titolari di diritti di pegno o ipoteca per debiti altrui (ma non di crediti da opporre in compensazione, non attuando così un principio di delega), (v) la riduzione a sei mesi del termine per le domande tardive (art. 208), (vi) la limitazione al concordato per il debitore salvo che offra apporti esterni (coerentemente con quanto previsto per il concordato preventivo) che incrementino l’attivo di almeno il 10% (art. 240).
Il CCI introduce una disciplina (finora mancante nel nostro sistema, ritenuta ammissibile dalla giurisprudenza di merito prima del revirement in senso contrario di Cass. 20559/2015) per la gestione dell’insolvenza dei gruppi di imprese.
Anche attraverso apposite regole di competenza, sarà possibile l’instaurazione di una procedura unitaria per le diverse società del gruppo, sulla base di un unico piano per le procedure di risanamento, tenendo fermo il principio di separazione delle masse attive e passive. Qualora le procedure si svolgano presso tribunali diversi, sono previsti obblighi di reciproca cooperazione tra gli organi delle procedure per facilitare la gestione efficace delle stesse.
La definizione di gruppo di imprese è modellata sulla nozione di direzione e coordinamento.
Il CCI disciplina le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, attualmente disciplinate dalla l. n. 3/2012 e destinate agli imprenditori non fallibili (inclusi gli imprenditori agricoli), ai consumatori ed ai debitori civili.
Fermo l’impianto di fondo pur con alcune modifiche nella denominazione delle procedure, già sopra richiamate, le innovazioni principali riguardano (i) l’allentamento dei requisiti di meritevolezza richiesti per l’accesso alle procedure, (ii) la semplificazione delle procedure, (iii) la previsione di norme specifiche per la trattazione congiunta delle crisi delle famiglie sovraindebitate, (iv) la possibilità, per il debitore meritevole del beneficio, di ottenere l’esdebitazione a seguito della liquidazione controllata anche in assenza di soddisfacimento dei creditori.
La liquidazione coatta resta la procedura esclusiva per le imprese bancarie, di intermediazione finanziaria, fiduciarie ed assicurative, mentre per le altre imprese soggette a vigilanza amministrativa, sarà applicabile solo nel caso in cui la liquidazione non è determinata dall’insolvenza, ma da situazioni di irregolarità. Sono quindi assoggettate esclusivamente alla liquidazione giudiziale (e sottratte alla liquidazione coatta) le società cooperative (salvo quelle che svolgano attività bancaria etc.) e gli enti mutualistici.
Il CCI disciplina la materia tenendo conto anche di disposizioni speciali successive alla legge delega. In estrema sintesi, si prevede la prevalenza sulla liquidazione giudiziale dei sequestri penali finalizzati alla confisca, mentre prevale la liquidazione giudiziale sui sequestri c.d. «impeditivi» che hanno funzione cautelare volta ad impedire ulteriori conseguenze di reato.
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