Mai come in questo periodo si assiste ad un fiorire di nuovi importanti progetti per la realizzazione di nuovi terminal, ovvero per il rinnovo o la proroga di importanti compendi terminalistici in alcuni porti chiave della Penisola.
Uno dei rilievi che sorge spontaneo riguarda la tempistica di tali procedimenti: è un fatto, invero, che la nuova riforma portuale (dovrebbe) essere ormai in vista di arrivo.
Molto presto, quindi, l’organizzazione della governance portuale potrebbe subire una radicale tra- sformazione. Il che potrà a breve imporre agli addetti ai lavori di confrontarsi con nuove regole, ma anche, si ritiene, con un più attento esame della bancabilità di tali progetti.
In un contesto in cui l’orientamento dello Stato pare essere sempre più improntato a lasciare che siano i privati a farsi carico dei costi per la realizzazione delle opere di infrastrutturazione che nel passato erano invece sostenuti dalla parte pubblica (Stato, Regione, Autorità Portuale), è infatti evidente che laddove i terminalisti decidano di rivolgersi a soggetti interessati a fornire le risorse finanziare necessarie (siano essi fondi di investimento o istituti finanziari attivi nel mercato del credito), il ruolo di tali soggetti finanziatori sarà sempre più centrale per la riuscita del progetto.
Tale ultimo rilievo impone quindi alcune ulteriori considerazioni: gli attuali modelli di concessioni demaniali sono all’altezza di questa nuova sfida? In altri termini, gli attuali modelli di concessioni demaniali contengono anche la disciplina di quegli aspetti necessari ai soggetti finanziatori per po- ter positivamente deliberare la cd. «bancabilità» del progetto ?
Un primo aspetto di ordine generale è legato al fatto, ad esempio, che molte concessioni non con- tengono norme previste per progetti analoghi in materia di concessioni di costruzione e gestione di particolare rilevanza e di interesse per i soggetti finanziatori (ad es. equilibrio economico finan- ziario, meccanismi e presupposti di revisione del piano economico-finanziario, diritti di subentro delle banche).
Di non minor momento il fatto che anche in materia di penali ed extra costi il testo adottato nella prassi da molte Autorità Portuali non disciplini le conseguenze connesse a: (i) ritardi nella presen- tazione della progettazione o realizzazione delle opere (penali); (ii) eventi non imputabili al con- cessionario (eventi di forza maggiore, modifiche normative); (iii) costi da interferenze e/o eventua- li extra-costi conseguenti a tali eventi.
Anche l’assenza di una più soddisfacente disciplina sul termination value in caso di decadenza per fatto imputabile al Concessionario costituisce un aspetto di particolare rilevanza per i soggetti fi- nanziatori.
In materia di permessi ed autorizzazioni, spesso le concessioni si limitano poi a prevedere una clausola di stile secondo cui è onere del concessionario terminalista di provvedere a dotarsi di tut- te le autorizzazioni necessarie per la realizzazione del progetto: tuttavia, in un’ottica di bancabilità è verosimile che i soggetti interessati ad erogare le risorse finanziare necessarie richiedano il chia- rimento di eventuali impatti sui progetto (ritardi ed eventuali extra-costi) derivanti da prescrizioni imposte dagli enti, a vario titolo competenti, nel processo approvativo.
Non ultimo, anche il tema della manutenzione dell’opera è elemento essenziale: al di là, degli ef- fetti distorsivi che talvolta il tema pone in virtù della diversa disciplina che le Autorità Portuali adottano (alcuni terminalisti hanno sia l’onere di una manutenzione ordinaria e straordinaria, altri solo una e non l’altra e cosi via, ecc.) e che spesso sfugge alle censura degli addetti ai lavori in ra- gione dell’asimmetria informativa esistente, ciò che invece i soggetti finanziatori potrebbero vole- re in un’ottica di bancabilità, è la definizione di standard di performance cui parametrare la «mancata o deficiente manutenzione» onde circoscrivere la discrezionalità valutativa dell’Autorità Portuale.
Ulteriori aspetti da meglio circoscrivere potrebbero poi rinvenirsi nei profili ipotecari connessi alla realizzazione delle opere da costruire da parte del concessionario col capitale privato finanziato, nonché in tema di obblighi assicurativi; aspetti, anche quest’ultimi spesso consegnati alla disciplina di clausole di stile invalse nella prassi, ma che appaiono essere ormai proprie di un retaggio lonta- no.
In buona sostanza, se lo Stato intende delegare sempre un maggior ruolo ai privati per alleggerire le finanze pubbliche, dovrà nondimeno prendere atto che la riuscita della volontà programmatoria potrebbe rischiare di rimanere solo sulla carta se gli attuali modelli di concessione non accoglie- ranno le istanze del mercato finanziario cui l’importanza economica di molti progetti pare destina- re sempre di più ad ruolo comprimario nello sviluppo della competitività dei porti italiani.