Nell’aera di Suzhou è forte la presenza di aziende tricolore che stanno accelerando il ripensamento del proprio modello industriale anche grazie a forti incentivi
Da quasi due mesi Shanghai, e in parte le aree industriali limitrofe dello Jiangsu, sono soggette a misure di lockdown, anche più diffuse di quelle adottate a febbraio 2020, allo scoppio della pandemia. Shanghai è uno dei più importanti hub della logistica e finanziario del mondo, ed è prossimo al più importante polo manifatturiero italiano all’estero, quello dell’area di Suzhou, nello Jiangsu, dove si contano oltre un centinaio di aziende italiane. Non ultimo, Shanghai ha rappresentato in questi ultimi vent’anni un centro di attrazione per giovani talenti e manager.
"Un recente sondaggio della Camera di Commercio Italiana ha fotografato la situazione - racconta Paolo Bazzoni, presidente della Camera di Commercio italiana in Cina - complicata, con un impatto molto pesante su tutte le nostre aziende, non soltanto quelle industriali. Il 2022 sarà un anno molto difficile".
Rimanendo nel settore manifatturiero, c’è anche chi, però, tra i gruppi industriali più strutturati, vede nella situazione attuale un fattore che accelera il ripensamento del proprio modello industriale nella prospettiva di consolidare il proprio ecosistema produttivo secondo due direttrici: una maggiore integrazione, e accorciamento, della catena della fornitura, ed il digitale, come piattaforma di collaborazione ed integrazione con i propri clienti e fornitori. «La capacità di rivedere gli obiettivi primari e strategici e agilità nell’esecuzione degli stessi in questi “scenari dinamici” diventano fattori di successo determinanti - dice Tiziano Sandonini, dirigente del gruppo meccanotessile Santoni Shanghai - il nostro gruppo ritiene che per accrescere questi vantaggi competitivi sia importante contribuire alla costruzione di un ecosistema che consenta alle aziende di muoversi sinergicamente mitigando le incertezze e raccogliendo le nuove opportunità». Per aziende meno strutturate le sfide sono importanti, soprattutto in settori già affetti da profonde trasformazioni, come quello dell’automobile, dove si assiste all’auto elettrica e all’affermarsi di “campioni nazionali” del settore.
Spostandosi verso la provincia limitrofa dello Jiangsu, già dopo poche decine di chilometri si incontrano gli insediamenti del polo manifatturiero italiano dell’area di Suzhou. Tra gli imprenditori c’è attesa, mentre si cerca di mantenere un’operatività produttiva seppure limitata. "Il blocco - racconta Giacomo Bove, direttore generale della Ponzini, società che produce spazzole per il settore della cosmetica - ha creato diversi colli di bottiglia logistici e nell’area sono stati, ormai oltre un mese fa, messi in lockdown i distretti di Kunshan e Taicang, tra Shanghai e Suzhou. Nonostante nella maggior parte dell’area di Suzhou si sia mantenuta una mobilità in stato di semi- lockdown, le fabbriche hanno mantenuto un’operatività rilevante, ridotta soltanto dalle conseguenze dei vari blocchi logistici e dalla mancanza di personale in lockdown. Al momento i vari permessi di viaggio e di trasporto sembrano funzionare e se si eccettuano i costi crescenti del cibo (arrivato a tre volte il normale) e dei trasporti. il governo locale mantiene un moderato ottimismo".
Tornando a Shanghai, quasi due mesi di lockdown hanno colpito duramente l’industria del retail, ed in particolare quella dell’alimentare (dall’importazione alla distribuzione) e la ristorazione. Sempre secondo la survey della Camera di Commercio, il 61% delle aziende intervistate si trova nell’incertezza di quando sarà in grado di riprendere le proprie attività a pieno regime, ed il 31% di quelle della ristorazione segnalava, a fine aprile, una riduzione dei ricavi superiore al 25%.
"Le difficoltà degli spostamenti tra l’Italia e la Cina impediscono anche ai tecnici dall’Italia di raggiungere le proprie controllate in Cina - osserva ancora Paolo Bazzoni - portando il proprio contributo di know-how specializzato ed esperienza. Questo può determinare una crisi di competitività, anche se al momento è soltanto un rischio".
Il Governo cinese ha introdotto varie misure dirette a contenere l’impatto della pandemia sull’economia, in termini di riduzione del costo del lavoro (riduzione dei contributi previdenziali e posticipi nei pagamenti), sgravi fiscali e anche strumenti relativamente nuovi come il finanziamento bancario garantito con pegno su marchi e brevetti. "Si tratta di uno strumento di finanziamento accessibile anche per le aziende italiane, purché titolari di marchi e brevetti registrati in Cina - osserva Carlo Geremia, senior counsel di Advant Nctm - È interessante perché spinge le aziende a registrare la propria proprietà intellettuale in Cina, in capo alla società cinese e non alla casa madre, e consente di valorizzare in modo concreto il proprio patrimonio di proprietà intellettuale in Cina, anche in vista di eventuali licenze o cessioni. Incoraggia inoltre le aziende italiane a pensare a nuove modalità di gestione e di tutela dei propri marchi e brevetti in questo Paese".
Tratto da Repubblica