Nell’ambito degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 il legislatore nazionale, anche su impulso delle istituzioni UE, sta dedicando oramai da qualche tempo risorse significative alla condivisione e autoconsumo di energia pulita con particolare attenzione alle Comunità Energetiche Rinnovabili (“CER”).
Nello specifico, i vari attori coinvolti in tali configurazioni possono beneficiare:
di incentivi sotto forma di tariffa incentivante sulla quota di energia condivisa per un contingente di potenza massimo pari a 5 GW;
a determinate condizioni (in particolare nel caso di CER sviluppati in Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti), di contributi a fondo perduto a valere sul PNRR (benché nei limiti del 40% dei costi di investimento) con risorse stanziate pari a 2,2 miliardi di euro con un target di 1,73 GW di potenza installata.
Se si guarda al contributo PNRR alla data del 19 maggio u.s. sono state presentate richieste per una potenza complessiva di appena 420 MW (con una media di 90 kW a CER), di cui risultano ammesse meno della metà (43%).
A circa cinque mesi dal termine ultimo per l’accesso alla misura (30 novembre 2025) siamo, dunque, ancora molto lontani dall’obiettivo di 1,73 GW ipotizzato alla fine del 2023 (nel segno mancano ancora all’appello circa 1.3 GW).
Purtroppo, la situazione non appare più rosea se dal fronte del PNRR ci si sposta sul versante delle tariffe incentivanti.
Per quest’ultime sono state infatti presentate domande per una potenza complessiva di circa 130 MW (con una media 120 kW a CER); per tale meccanismo i termini di scadenza sono più dilatati (è possibile accedere fino al 31 dicembre 2027) ma in ogni caso il contingente stimato appare difficilmente passibile di erosione, scontando odiernamente un divario di circa 4.9 GW.
Lo scenario dipinto appare derivare, da un lato, da obiettivi politici con tutta evidenza eccessivamente ambiziosi e, dall’altro, dalle oramai risapute complessità dei passaggi burocratici e attuativi che caratterizzano la costituzione e gestione delle CER e che ne hanno considerevolmente ostacolato la diffusione.
In tale contesto, nel dare seguito alle dichiarazioni pubbliche recentemente rilasciate dal Ministro Pichetto Fratin, nelle ultime settimane il legislatore ed il MASE hanno provato a dare una nuova spinta alle comunità energetiche, innovando con modifiche di rilievo non marginale il quadro normativo di settore.
Il riferimento è, segnatamente, ai seguenti due fronti di intervento:
estensione dei soggetti ammessi a partecipare alle comunità - introdotta con il Decreto Legge 29 marzo 2025, n. 19, convertito nella Legge 24 aprile 2025, n. 60 (anche noto come “Decreto Bollette”); e
aggiornamento delle modalità di accesso ai contributi a fondo perduto PNRR, disciplinata tramite un nuovo decreto ministeriale attualmente soggetto al controllo della Corte dei Conti.
Le novità del Decreto Bollette
In prima battuta, al fine di incrementare i canali di accesso alle CER, il DL Bollette ha agito sul perimetro soggettivo di applicazione della norma, ampliando in modo non indifferente la platea dei soggetti che possono costituire o aderire a una Comunità Energetica Rinnovabile.
Nello specifico, in aggiunta ai soggetti già previsti – ovvero persone fisiche, PMI, enti territoriali, enti religiosi e del terzo settore – sono stati espressamente inseriti come “nuovi soggetti ammessi”: (i) le aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP); (ii) i consorzi di bonifica; (iii) gli enti e le aziende territoriali per l’edilizia residenziale pubblica; e (iv) le associazioni ambientaliste riconosciute.
Ancora, il legislatore sembrerebbe recepire i chiarimenti forniti dal GSE in merito alla c.d. CER nazionale.
Il riferimento è, nello specifico, all’eliminazione dall’art. 31, co. 1, lett. b) del D.Lgs 199/2021 dell’inciso “situati nel territorio degli stessi Comuni in cui sono ubicati gli impianti” in virtù del quale sembrerebbe che i soci o membri della CER possano ora essere situati anche in Comuni diversi da quelli in cui sono presenti gli impianti.
Quanto sopra, con l’eccezione dei soggetti titolari dei c.d. poteri di controllo (i.e., come chiarito dal GSE, quei poteri attribuiti al fine di indirizzare la CER e garantire il conseguimento dello scopo statutario) che, diversamente, devono essere situati nel “territorio in cui sono ubicati gli impianti”.
L’intervento sembra quindi diretto a recepire alcune tendenze del settore, ormai indirizzato verso il modello “multi – configurazione”, con, da un lato, una maggior flessibilità nell’individuazione dei soggetti membri, non più necessariamente ancorata ai confini comunali e, dall’altro, sotto il profilo della governance, la costituzione di comitati di configurazione che, tramite l’esercizio dei poteri di controllo (da interpretarsi come sopra), siano nelle condizioni di assicurare, per ciascuna iniziativa, l’effettivo perseguimento dei relativi interessi territoriali.
In merito, appare tuttavia prematuro assumere una posizione definitiva; saranno infatti da attendere chiarimenti da parte delle autorità competenti (ARERA, MASE, GSE), nonché osservare i relativi risvolti applicativi dell’innovazione normativa in questione.
Il Decreto del MASE: le nuove regole per accedere al contributo PNRR
Sempre nell’ottica di recuperare terreno e tentare di avvicinarsi ai contingenti fissati alla fine del 2023, il 16 maggio il MASE ha emesso un decreto che innova ulteriormente le modalità di accesso agli incentivi e contributi dedicati allo sviluppo di comunità energetiche rinnovabili.
In primo luogo, nell’accogliere le istanze avanzate da diversi mesi da parte delle associazioni di categoria, l’accesso ai contributi PNRR è stato esteso alle CER sviluppate nei Comuni fino a 50.000 abitanti (in precedenza la misura era riservata ai Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti).
La modifica ha una portata non indifferente in quanto allarga notevolmente il perimetro oggettivo di applicazione del meccanismo di sostegno.
Basti infatti pensare che i Comuni Italiani sotto i 50.000 abitanti sono circa 7.750 mentre, mentre il conteggio si ferma a circa 5.500 se si considerano esclusivamente quelli con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.
Di particolare rilievo risultano, inoltre, le modifiche relative all’anticipo del contributo, al cumulo dello stesso con le tariffe incentivanti e alla possibilità di andare oltre alla scadenza del 30 giugno 2026 per la connessione dell’impianto.
Segnatamente:
è stata prevista la possibilità di richiedere, a titolo di anticipazione, fino al 30% del valore del contributo PNRR (in precedenza tale anticipazione poteva essere al massimo pari al 10%);
in caso di cumulo tra contributi in conto capitale ed incentivi è stata esclusa l’applicabilità del fattore di riduzione delle tariffe incentivanti anche per le persone fisiche facenti parte della relativa CER (diversamente, per tale categoria, in caso di cumulo, era previsto un dimezzamento della tariffa in caso di accesso a contributi nella misura del 40% dei costi di investimento);
è stata introdotta una maggiore flessibilità nei tempi di entrata in esercizio dei progetti, prevedendo che, ai fini dell’accesso al contributo PNRR solo per i lavori di realizzazione dell’impianto sia necessario osservare la scadenza del 30 giugno 2026 mentre, l’effettiva entrata in esercizio può avvenire entro il 31 dicembre 2027 così da mitigare eventuali penalizzazioni legati ai tempi preordinati alla realizzazione delle opere di rete e alla connessione dell’impianto.
Si tratta con tutta evidenza di innovazioni di portata non marginale per la predisposizione dei business plan da parte sia dei membri delle configurazioni sia degli eventuali produttori terzi nonché, ove necessaria, ai fini della bancabilità dei relativi progetti.
Ed infatti, in buona sostanza, è concessa la possibilità ai soggetti interessati di ottenere l’anticipazione di maggiori risorse finanziarie prima dell’avvio dei lavori, di beneficiare di maggiori profitti dalle tariffe incentivanti in caso di cumulo con il contributo e di affrontare con maggior tranquillità le scadenze correlate all’erogazione della quota a saldo del contributo PNRR.
Per la pubblicazione in Gazzetta e l’effettiva entrata in vigore si resta ora in attesa del vaglio della Corte dei Conti.
Le modifiche introdotte offrono indubbiamente nuove opportunità di sviluppo e di investimento, ciò nondimeno, permangono ancora plurime perplessità.
Resta, in particolare, una criticità di fondo: le richieste per l’accesso ai contributi PNRR possono essere presentate fino al 30 novembre 2025 e a tale data i relativi progetti devono essere già dotati di preventivi di connessione ottenuti ed accettati nonché dei relativi titoli autorizzativi.
Tali adempimenti, come noto, anche a valle delle recenti semplificazioni introdotte per effetto del TU Rinnovabili, sono contrassegnati da tempi incerti e mal si conciliano con le scadenze stringenti correlate al contributo PNRR.
Se si assume che il decreto entri in vigore all’inizio di giugno i player di mercato avranno, infatti, appena 6 mesi di tempo per svolgere i relativi studi di fattibilità, verificare la sostenibilità economico-finanziaria degli investimenti e completare tutti i necessari passaggi burocratici dinanzi al gestore di rete e alle relative pubbliche amministrazioni (senza contare i profili societari connessi alla costituzione della CER ed eventualmente contrattuali laddove siano coinvolti anche produttori terzi).
In disparte le CER di prossima costituzione, il decreto appare dare origine a specifiche questioni operative e giuridiche anche con riguardo a quelle già costituite.
In particolare, occorrerà verificare se l’ingresso di nuove categorie di soggetti – in particolare enti pubblici e istituzioni non originariamente contemplate – comporti l’obbligo di modificare lo statuto delle CER già costituite, ad esempio per adeguarne le finalità, i requisiti di partecipazione o le modalità decisionali. pur dovendo conservare la relazione con il territorio che la normativa europea (ed anche quella nazionale) da sempre mirano a tutelare.
Tale scenario rende sempre più impellente un effettivo e sostanziale cambio di paradigma nell’ambito della definizione del quadro legislativo in materia di CER che non può più permettersi di essere visto come una barriera agli investimenti ma, anzi, dovrebbe essere di impulso agli stessi così da consentire anche ai piccoli produttori e consumatori di svolgere la propria parte nella corsa alla decarbonizzazione.
In definitiva, anche se i recenti segnali sono positivi e appaiono andare nella giusta direzione, da una visione complessiva del contesto normativo e regolatorio di riferimento, la valorizzazione e il consolidamento dell’autoconsumo diffuso nel panorama energetico nazionale appare, purtroppo, viaggiare ancora decisamente a rilento.