Tribunale di Milano
- Sezione SECONDA civile -
Il Giudice, dott. Vincenza Agnese ,
letti gli atti del procedimento R.G. 15225/2022,
a scioglimento della riserva sul ricorso ex art. 22 D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 per la concessione della autorizzazione a trasferire a titolo oneroso i rami aziendali delle Società del Gruppo Grancasa,
osserva quanto segue.
Con istanza depositata in data 20.7.2023
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rappresentate e difese dagli avv.ti prof. Massimo Fabiani, Ernesto Apuzzo e Alessandra Dima hanno chiesto di autorizzare:
**** a cedere ai sensi dell'art. 2556 c.c. *** la proprietà dei seguenti rami aziendali con esonero dalla responsabilità dei debiti ex art. 2560 c.c. (eccetto i debiti di cui all'art. 2112 c.c.)
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*** a cedere ai sensi dell’art. 2556 c.c. a ***la proprietà del seguente ramo aziendale con esonero dalla responsabilità dei debiti ex art. 2560 c.c. (eccetto i debiti di cui all’art. 2112 c.c.)
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Al prezzo complessivo di Euro 10.000.000 (diecimilioni/00), di cui
Euro 8.925.897,00 a ***
Euro 1,0 a ***
Euro 1.074.102,00 a ***
*** a cedere ai sensi dell’art. 2556 c.c. a *** la proprietà del seguente ramo aziendale con esonero dalla responsabilità dei debiti ex art. 2560 c.c. (eccetto i debiti di cui all’art. 2112 c.c.) al prezzo di Euro 100.000,00 (centomila/00)
***
Nonchè *** a vendere a *** (società del gruppo ***) l'immobile sito in *** - sul quale insiste il ramo aziendale di cui al precedente alinea - al prezzo di Euro 1.000.000,00 (unmilione/00)";
A fondamento del ricorso le ricorrenti hanno rappresentato, in sintesi, che:
Instaurato il contraddittorio all’udienza dell’8.8.2023 sono comparsi le ricorrenti e i propri advisors, l’esperto, la società che ha formulato l’offerta in atti, i creditori finanziari interessati dalla composizione negoziata, le organizzazioni sindacali, la società *** nonché altri creditori come specificato nel verbale in atti. Nessuna delle parti si è opposta alla operazione di cessione dei rami aziendali.
L’esperto ha depositato il proprio parere con il quale si è espresso positivamente in ordine alla operazione oggetto della istanza di autorizzazione, ribadendo il giudizio positivo in udienza. Il parere dell’esperto e l’audizione delle parti interessate consentono di considerare il quadro informativo sufficientemente completo ai fini delle valutazioni di legge.
Va in proposito rammentato che l’esperto deve essere munito per legge del requisito dell’indipendenza (art. 17, comma 4, CCII) di cui all’art. 16 comma 1 CCII ed è terzo rispetto a tutte le parti oltre a dover operare in modo imparziale come imposto dall’art. 16, comma 2, CCII.
Il parere dell’esperto è pertanto emesso da un professionista individuato dalla legge in possesso dei requisiti di indipendenza, terzietà e imparzialità.
Il parere appare in ogni caso congruamente motivato e scevro da vizi evidenti; allo stesso modo l’integrazione depositata consente di acquisire gli elementi necessari fondanti le valutazioni di legge.
Consegue che la nomina di un ausiliario ex art. 68 c.p.c. non si rende necessaria, tenuto conto altresì della urgenza segnalata dalle ricorrenti e dall’esperto.
Come sopra rappresentato, le ricorrenti hanno chiesto l’autorizzazione alla cessione dei rami aziendali come individuati nel ricorso e in atti.
Facendo applicazione del dato normativo in materia, va preliminarmente rilevato che l’autorizzazione non è necessaria per la validità e piena efficacia del contratto traslativo dell’azienda o dei suoi rami ma è necessaria per far conseguire all’acquirente il beneficio della esenzione dalla responsabilità solidale per i debiti inerenti all’esercizio della azienda ceduta, anteriori al trasferimento, che risultino dai libri contabili obbligatori. L’autorizzazione serve cioè a rimuovere gli effetti di cui all’art. 2560, comma 2, c.c. secondo cui “nel trasferimento di una azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda se essi risultano dai libri contabili obbligatori”.
L’effetto rimane consolidato anche in caso di eventuale successiva apertura di procedura concorsuale stante il disposto dell’art. 24 comma 1 CCII.
La previsione si mostra armonica rispetto al contesto in cui essa è chiamata ad operare, costituito dal “luogo giuridico” della composizione negoziata all’interno del quale l’imprenditore non subisce alcuna forma di spossessamento –nemmeno attenuato- salvi gli obblighi informativi nei confronti dell’esperto che –in ogni caso- non può impedire il compimento dell’atto, essendo l’iscrizione del dissenso rilevante solo ai fini della stabilità del medesimo in un contesto alieno dalla composizione negoziata.
I presupposti cui la legge subordina l’autorizzazione sono individuati nel comma 1 dell’art. 22 CCII e sono costituiti dalla funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori. Tali elementi devono operare congiuntamente e si pongono –nella valutazione che deve essere eseguita dal Tribunale- in un rapporto paritetico come palesato dalla presenza della congiunzione “e”.
La funzionalità dell’atto rispetto alla continuità aziendale mira ad evitare la disgregazione dei valori aziendali, finalità generalmente perseguita con riguardo a ciascun strumento di regolazione della crisi e della insolvenza, anche nel contesto della liquidazione giudiziale. Sotto connesso profilo si osserva che tale requisito risponde alla finalità della stessa composizione negoziata costituita dal perseguimento del risanamento da ricercarsi mediante le trattative con i creditori, con la conseguenza che l’atto deve iscriversi in un contesto di coerenza rispetto alle soluzioni individuate ai sensi dell’art. 23, comma 1 e 2, lettera b) del Codice della Crisi.
La tutela degli interessi dei creditori consiste nella garanzia della migliore soddisfazione possibile. Ai fini della salvaguardia di tale interesse, la valutazione del Tribunale dovrà essere diretta a verificare che i creditori non siano pregiudicati dalla vendita dell’azienda nel contesto della composizione negoziata.
Tale verifica va compiuta esaminando comparativamente la posizione del ceto creditorio nelle alternative concretamente praticabili. L’incapacità della società di produrre risorse al servizio del debito potrebbe infatti determinare un arresto della prosecuzione dell’attività di impresa e dare luogo a scenari alternativi con riguardo ai quali vanno valutate le prospettive di soddisfacimento dei creditori.
Sotto connesso profilo, si osserva che le valutazioni devono essere eseguite tenendo del valore effettivo degli assets aziendali oggetto di cessione, valore che va determinato non già in una ottica disgregativa ma di prosecuzione effettiva dell’attività di impresa (tenendo pertanto conto, ad esempio, della prosecuzione dei rapporti di lavoro).
La congruità del prezzo di cessione va poi verificata attraverso le reazioni del mercato che va sondato. La norma a tale riguardo non impone forme specifiche ma impone di valutare il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente.
La libertà delle forme consente di parametrarle alla specificità del caso concreto e allo specifico settore di riferimento cui inerisce il compendio aziendale; sotto tale profilo possono acquisire specifica significatività ai fini della verifica dell’effettività della sollecitazione del mercato anche pubblicità “mirate” allo specifico settore in cui opera l’azienda attraverso il contatto diretto dei principali competitors nel settore.
L’assenza di tipicità delle forme è compendiata dalla norma nel richiamo alla disposizione da parte del giudice delle misure ritenute più opportune; nozione di opportunità che logicamente non può consentire l’individuazione di regole astratte da applicare asetticamente ad ogni singolo caso. Le misure più opportune possono declinarsi ad ampio spettro non solo con riguardo alle prescrizioni specifiche volte a consentire la più obiettiva scelta del contraente ma anche con prescrizioni che concernono la fase successiva alla vendita (ad esempio, in ordine alle modalità di “conservazione” del corrispettivo). Il legislatore prescrive sul punto che nella definizione delle misure occorre tenere conto delle istanze delle parti interessate ai fine di tutelare gli interessi coinvolti.
A tale ultimo riguardo il comma 2 dell’art. 22 CCII prevede che le parti interessate vadano sentite. L’individuazione di queste ultime deve tenere necessariamente in considerazione il percorso di risanamento individuato dall’imprenditore all’interno del quale la cessione si colloca. Sono pertanto interessati dalla richiesta di autorizzazione i creditori con cui l’impresa sta trattando e sulla ricerca dell’accordo con i quali è fondato il piano di risanamento (è appena il caso di precisare che non tutti i creditori devono essere necessariamente coinvolti nella composizione negoziata).
Vanno altresì coinvolte le organizzazioni sindacali in quanto il trasferimento di una azienda in esercizio impinge nello “statuto sostanziale” dei singoli dipendenti, pur restando fermo l’art. 2112 del codice civile. Ciò in conformità al considerando n. 23 della direttiva UE n. 1023/2019 che prevede la necessità di assicurare che i rappresentanti dei lavoratori possano accedere a informazioni pertinenti e aggiornate sulla disponibilità di strumenti di “allerta precoce” e dovrebbe essere possibile per essi prestare sostegno ai lavoratori nella valutazione della situazione economica del debitore.
Sulla base delle informazioni e del corredo documentale già presente in atti vanno coinvolte le parti potenzialmente pregiudicate dalla vendita dell’azienda, come coloro che attraverso la stessa perderebbero la garanzia generica ex art. 2740 c.c. (circostanza che invero impatterebbe sulle valutazioni del Tribunale anche ai fini della stessa concessione dell’autorizzazione). Infine vanno coinvolti i contraenti abituali della impresa, che, di solito, coincidono con i fornitori, che pur appartenendo generalmente (tranne le imprese aventi le caratteristiche dell’art. 2751 bis n. 5 c.c.) alla categoria dei chirografari (e presumibilmente non soddisfatti in uno scenario alternativo) potrebbero essere interessati dalla cessione in quanto la alienazione dell’azienda potrebbe astrattamente incidere sulla prosecuzione dei rapporti contrattuali (soprattutto quando consolidati nel tempo e fondati sull’esclusività o sull’abitualità).
Tutti gli elementi sopra indicati ricorrono nella presente fattispecie e depongono nel senso dell’accoglimento della istanza.
In via preliminare va rilevata la corretta instaurazione del contraddittorio nei confronti delle parti interessate.
Sono stati difatti coinvolti i principali protagonisti della composizione negoziata costituiti dai creditori finanziari ipotecari. L’accordo con tali creditori costituisce il pilastro su cui si regge il percorso di risanamento prescelto dall’imprenditore; ciò fin dalla prima versione del piano ove era previsto che i flussi liberi al servizio del debito sarebbero derivati principalmente dalla vendita di una parte degli immobili, “sul presupposto – e, ciò, in virtù delle trattative già in corso – che le Banche diano il proprio assenso (rinunciando alla prelazione derivante dalle ipoteche iscritte sugli immobili de quibus e prestando quindi l’assenso alla loro cancellazione, nonché ad avvalersi dei patti marciani pure relativi ai predetti immobili) alla vendita immediata di alcuni immobili, così da ritrarre i mezzi finanziari necessari per il pagamento di tutto lo scaduto commerciale e fiscale”(cfr. primo parere dell’esperto).
Il dato rimane confermato anche nell’ultima versione del piano di risanamento come esposto nel ricorso ove si legge che il piano di risanamento è stato condiviso con gli istituti finanziari definiti come i “creditori più direttamente interessati da una soluzione non traumatica della vicenda in quanto le risorse destinate ai creditori non bancari possono derivare quanto meno in larga parte solo dalle dismissioni immobiliari con rinuncia dei creditori ipotecati ad incassare il prezzo”.
L’esperto nel proprio parere ha confermato tale dato, rilevando che i creditori finanziari hanno altresì acconsentito alla liberazione delle risorse finanziarie derivanti dalla vendita degli immobili oggetto dell’offerta di acquisto da parte della società al fine di consentire alle ricorrenti di ritrarre le disponibilità finanziarie necessarie alla prosecuzione diretta dell’attività di impresa sino al momento di cessione dei rami aziendali.
Il contraddittorio è stato altresì instaurato con i principali creditori delle società del gruppo interessate dalla cessione, rappresentato dai primi dieci creditori più significativi per ammontare, tra cui Agenzia delle Entrate.
Sono stati altresì coinvolti i fornitori più significativi per le motivazioni sopra esposte. Infine il ricorso è stato notificato alle organizzazioni sindacali indicate in atti. Passando alla verifica dei presupposti sostanziali, si osserva quanto segue.
La cessione dell’azienda è (ora) parte integrante del progetto di piano di risanamento, come modificato nel corso della composizione negoziata.
Va rammentato che l’originario progetto di risanamento prevedeva azioni a breve termine fondate, oltre che su una prudente gestione della cassa e la chiusura di cinque punti vendita, sulla dismissione del patrimonio immobiliare per un corrispettivo di circa € 43.000.000 già oggetto di contratti preliminari e ulteriori introiti per € 13.500.000.
Oltre a tali obiettivi, il percorso di risanamento prevedeva una bipartizione delle aree del business, una rivolta alla dismissione del patrimonio immobiliare e l’altra, purgata dell’indebitamento, alla gestione operativa caratteristica con previsione della locazione degli immobili funzionali alla gestione la cui proprietà sarebbe rimasta in capo alla prima unità. In particolare, sull’unità operativa non sarebbe gravato il debito scaduto ma solo debiti correnti generati dalla gestione operativa; mentre dall’unità immobiliare sarebbero derivate, attraverso il ricavato proveniente dalle dismissioni, le risorse destinate al pagamento dei creditori e la conseguente sostenibilità del debito anche per effetto di un possibile stralcio dei crediti degli istituti finanziari (il tutto come indicato a pag. 35 del ricorso di conferma delle misure protettive).
Sulla base di tali elementi veniva emesso provvedimento di conferma delle misure protettive. La proroga veniva autorizzata sulla base della rappresentazione –confermata dall’esperto-della progressione della pianificazione delle attività tese alla separazione del comparto immobiliare da perseguirsi mediante la fusione di tutte le società del gruppo in e la scissione della azienda operativa in favore di , con la conseguenza del mantenimento della titolarità degli immobili in capo a , parte dei quali destinati alla liquidazione per far fronte al ripianamento dell’indebitamento (veniva peraltro predisposta dalla società “simulazione” degli effetti delle indicate operazioni straordinarie con stima dell’evoluzione economico-patrimoniale e finanziaria dei flussi di cassa di e su base mensile fino a dicembre 2023, nonché per gli anni 2024-2025 e per il successivo periodo 2026-2027). In tale scenario veniva altresì confermata dalle parti e dall’esperto la progressione delle trattative con gli istituti di credito tese alla liberazione delle risorse necessarie al pagamento dei creditori “estranei” al ceto bancario e al rimborso dello stesso debito finanziario (derivante dai proventi di parte degli immobili di destinati alla liquidazione).
Il piano di risanamento, originariamente fondato sulla separazione del comparto operativo da quello immobiliare presupponeva la continuazione della attività di impresa nei termini sopra indicati attraverso la costituzione di una newco (ancora) riconducibile al . Tuttavia le previsioni del piano –come ipotizzato- si sono rilevate difficilmente realizzabili a causa della registrazione di rilevanti perdite gestionali come analiticamente indicate alla pag. 5 della istanza.
Il piano di risanamento è stato pertanto modificato attraverso la previsione della prosecuzione dell’attività di impresa in capo ad un soggetto terzo sulla base dell’offerta ricevuta, pur mantenendo la previsione della vendita ordinata degli immobili in capo a sulla base degli accordi con i creditori finanziari ipotecari.
In estrema sintesi, il modificato piano di risanamento prevede il trasferimento del comparto commerciale ad un terzo con destinazione delle relative risorse ai creditori non finanziari, la prosecuzione dell’attività in capo al per il solo comparto immobiliare da cui deriveranno risorse dalla riscossione dei canoni e dal progressivo processo di dismissione degli assets.
La modifica del piano attraverso la cessione di tutti i rami di azienda (con eccezione di quelli chiusi o privi di valore), consentirà come rappresentato dall’esperto nel proprio parere:
Le nuove assunzioni sono state pertanto recepite nella modifica del piano di risanamento prodotto in atti; si riportano di seguito i dati di cui alla tabella a pag. 62:
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I creditori finanziari coinvolti nelle trattative hanno preso atto della modifica del piano e hanno manifestato la disponibilità alla prosecuzione delle trattative secondo il mutato progetto di piano di risanamento (cfr. docc. 12 e 13 in atti).
La volontà dei creditori finanziari interessati alla prosecuzione delle trattative è rimasta confermata nel corso dell’udienza ove gli stessi hanno confermato l’impegno a consentire la liberazione delle risorse derivanti dalle dismissioni degli “immobili al fine di consentire alle ricorrenti di avere risorse da destinarsi alla continuità aziendale fino al momento della cessione dell’azienda.
Gli istituti di credito hanno altresì manifestato la volontà di proseguire nelle trattative finalizzate alla definizione della soluzione della crisi attraverso lo strumento individuato dall’art. 23, comma 1, lett. c) CCII quale sbocco della composizione negoziata (pur naturalmente precisando la necessità di completamento dell’istruttoria e del rilascio delle autorizzazioni da parte degli organi deliberanti).
Dalle assunzioni delle ricorrenti e da quanto dedotto dall’esperto si evince infatti che la prosecuzione dell’attività di impresa non possa essere ulteriormente garantita se non attraverso la cessione dei rami commerciali.
Le società del gruppo versano in una grave crisi che potrebbe assumere caratteri di insolvenza irreversibile generando l’apertura di procedure concorsuali. Le dimensioni del gruppo depongono nel senso del possibile accesso ad una procedura di amministrazione straordinaria; procedura nella quale i complessi aziendali sarebbero valutati tenendo conto della redditività negativa dell’azienda incidente pertanto sul prezzo della cessione, insieme alle ulteriori variabili contemplate dalla legge per cui il corrispettivo di cessione difficilmente sarebbe corrispondente al puro valore dei complessi, tenuto altresì conto che ai sensi dell’art. 63 d.lgs. n. 270/1999 la scelta dell’acquirente non considera solo l’ammontare del prezzo offerto e che ai sensi dell’art. 9, comma 2 bis d.l. n. 136/2013 l’art. 63 “si interpreta nel senso che, fermi restando gli obblighi di cui al comma 2 e le valutazioni discrezionali di cui al comma 3, il valore determinato ai sensi del comma 1 non costituisce un limite inderogabile ai fini della legittimità della vendita”.
In uno scenario –del tutto ipotetico- di liquidazione giudiziale la vendita sconterebbe la necessità di procedere, in assenza di offerte di affitto, ad un preventivo esercizio provvisorio dell’azienda, di cui apparirebbe almeno dubbia la ricorrenza dei relativi requisiti di legge in uno scenario in cui la prosecuzione parrebbe arrecare –sulla base dei limitati elementi di valutazione disponibili per il giudice in tale “incidente di giurisdizione”- un serio pregiudizio per i creditori (art. 211 comma 2 CCII).
Si osserva altresì che la società ha prodotto in atti una “relazione di stima circa il più probabile valore corrente attribuibile ai rami d’azienda commerciali oggetto di possibile cessione” che ha valutato gli assets oggetto di cessione in uno scenario di liquidazione giudiziale, pervenendo alla definizione di un valore decisamente inferiore rispetto a quello oggetto dell’offerta, motivando gli assunti fondanti le conclusioni. I dati di cui alla menzionata relazione sono “validati” dall’advisor finanziario dr. Riccardo Ranalli. L’esperto ha esaminato i documenti sopra menzionati rappresentando che: “Il valore degli stessi assets nell’ipotesi liquidatoria viene attestato dai menzionati consulenti, applicando i correttivi del caso, nel minor importo di circa 1,2 milioni di euro; cosicché il prezzo offerto da (€ 10.000.000,00) – confrontato con le valutazioni sopra riportate – è ampiamente superiore sia al valore di mercato che al valore di liquidazione”.
Emerge pertanto che –per quanto rappresentato dalla società e dai suoi advisor nonché dall’esperto- la vendita immediata dei rami aziendali costituisce l’unico strumento pausibile di prosecuzione dell’attività di impresa, rimanendo diversamente compromessa ogni prospettiva di risanamento (circostanza che, si rammenta, deve comportare l’immediato arresto della composizione negoziata da parte dell’esperto come previsto dalla legge).
L’idoneità dell’offerta ricevuta a garantire la prosecuzione dell’attività di impresa è confermata dalla solidità finanziaria della società offerente che –come riferito in atti dagli advisor- presenta una posizione finanziaria netta consolidata pari a circa 37 milioni di euro alla data del 31.12.2021, idonea a sostenere oltre che il fabbisogno finanziario derivante dall’acquisto (come di seguito a proposito del miglior soddisfacimento dei creditori) il risanamento industriale dei rami aziendali. La funzionalità della cessione alla prosecuzione dell’attività di impresa appare confermata dalla operatività dell’offerente nel medesimo settore di riferimento delle ricorrenti con 149 punti vendita e con circa 700 dipendenti.
La vendita appare dunque funzionale alla prosecuzione dell’attività di impresa; la cessione deve tuttavia collocarsi nell’ambito del (nuovo) percorso di risanamento prospettato dalla società mediante la composizione negoziata, rimanendo agganciata ad una delle soluzioni di cui all’art. 23, comma 1 e comma 2 lett. b) CCII.
In tal senso, del tutto plausibile e finanche necessaria appare la condizione posta nell’offerta costituita dall’accordo sottoscritto dall’esperto ai sensi dell’art. 23 comma 1 lett. c) del codice della crisi, ossia un piano di risanamento sottoscritto anche dall’esperto che deve dare atto della sua coerenza con la regolazione della crisi e della insolvenza.
La vendita della azienda e pertanto la prosecuzione della attività di impresa in capo ad un soggetto terzo deve ritenersi elemento essenziale del progetto di risanamento da perseguirsi mediante le trattative con i creditori (finanziari). Tali fini risultano confermati anche dalla clausola del term sheet prodotto in atti che prevede specifiche rinunce ai propri crediti da parte dei creditori finanziari.
La vendita dei rami aziendali deve ritenersi pertanto elemento del piano di risanamento da perseguirsi mediante le trattative con i creditori in conformità alla ratio della composizione negoziata.
Sotto connesso profilo si osserva infatti che la autorizzazione alla esenzione del trasferimento dei debiti ex art. 2560 c.c. non è avulsa dall’esito positivo della composizione negoziata mediante una delle soluzioni tratteggiate dal dato normativo ed anzi presuppone il successo della composizione negoziata, cui la presente autorizzazione resta naturalmente subordinata. Tali condizioni appaiono prognosticamente realizzabili posto che i creditori finanziari coinvolti nelle trattative hanno comunicato la disponibilità alla prosecuzione delle trattative e alla liberazione attraverso la vendita di immobili ipotecati di risorse sufficienti alla temporanea prosecuzione dell’attività di impresa in forma diretta al fine di “traghettare” le ricorrenti alla cessione dei rami aziendali.
In particolare nella comunicazione prodotta sub doc. 6 dall’esperto unitamente al proprio parere , oltre a manifestare la disponibilità alla liberazione delle ipoteche sugli immobili oggetto della proposta di acquisto da parte di *** del 19.5.023 hanno manifestato la disponibilità a mettere a disposizione del *** parte dei proventi derivanti dalla dismissione immobiliare secondo il baudget di tesoreria riportato nel cash plan revisionato fino al 30.9.2023 pari a circa 5,3 milioni di euro.
Essendo l’autorizzazione legata indissolubilmente all’esito positivo della composizione negoziata cui peraltro è condizionata l’offerta, non emergono, sotto questo profilo, elementi ostativi alla sua concessione che rimane subordinata al raggiungimento di un accordo definitivo con i creditori finanziari compendiato in una delle soluzioni previste dall’art. 23 comma 1 CCII.
Passando all’esame del congiunto requisito della migliore soddisfazione dei creditori, si osserva che gli elementi sopra indicati concorrono anche in ordine alle valutazioni che attengono alla posizione dei creditori.
Le alternative concretamente praticabili come sopra indicate rilevano nella prospettiva della valutazione del trattamento riservato ai creditori in detti scenari. Con riguardo alla amministrazione straordinaria, va, al tal fine, soggiunto – rispetto alle considerazioni sopra svolte con riguardo alla funzionalità della operazione alla continuità aziendale- che l’interesse tutelato in via prioritaria dalla amministrazione straordinaria va individuato nella conservazione del patrimonio produttivo, cioè dei complessi aziendali in funzionamento e non già del patrimonio del debitore in sé considerato. La tutela dei complessi produttivi in quanto tali unitamente al mantenimento dei livelli occupazionali -costituenti il fulcro della disciplina della amministrazione straordinaria- rendono l’interesse al miglior soddisfacimento dei creditori recessivo, come peraltro testualmente evincibile dall’esame dell’art. 55 del l.dgs. n. 270/1999 ove si evidenzia che con riguardo all’esigenza di salvaguardia dei complessi aziendali nella loro unità operativa che dell’interesse dei creditori bisogna solamente “tenerne conto” sancendone la sua ineludibile recessività rispetto ai preminenti interessi tenuti in considerazione dal dato normativo.
Pertanto, la cessione dei rami aziendali come oggetto dell’istanza in atti appare al Tribunale – sia pur sulla base dei limitati elementi di valutazione disponibili nel presente “incidente di giurisdizione”- la migliore soluzione prospettabile in concreto al fine di offrire il miglior soddisfacimento al ceto creditorio globalmente inteso e non solo a limitate categorie di esso. Concorre alla valutazione del presupposto costituito dalla migliore soddisfazione dei creditori la valutazione della congruità del prezzo di vendita.
Sotto tale profilo, va rilevato che le ricorrenti hanno prodotto in atti una valutazione di stima del ramo commerciale, del “ramo sede”, dei marchi e delle rimanenze del gruppo che stima secondo il metodo ivi indicato e nella cornice di precisazioni ivi contenute i valori come segue:
a) ramo commerciale, al netto del valore del ***, in Euro 6,8 milioni,
b) marchi in Euro 542,000,
c) rimanenze in un valore pari al 40% del loro valore contabile lordo alla relativa data di riferimento;
con la precisazione che il valore determinato per il ramo commerciale, al netto del valore del ramo sede, non considera il debito nei confronti del personale dipendente ricompreso in detto ramo, del valore nominale complessivo di € 5,5 milioni “i quali, alla stregua di un indebitamento finanziario netto gravante sui rami stessi, sono da sottrarsi al valore del ramo così individuato” (cfr. pag. 37 dell’elaborato peritale).
La congruità dell’offerta di acquisto è confermata dall’advisor finanziario dr. Ranalli il quale ha rappresentato l’assenza di valore dei rami aziendali, caratterizzati da perdite gestionali oscillanti tra 1,5 milioni e 1,8 milioni mensili.
Lo stesso ha messo in evidenza nel documento depositato in atti la vantaggiosità della vendita dei rami aziendali, ivi compreso il ramo sede al quale non è autonomamente attribuibile alcun valore “non essendo ad esso associati ricavi specifici verso economie esterne”.
La vendita dell’azienda nell’ambito della composizione negoziata consente di garantire il miglior soddisfacimento dei creditori, tenuto conto che il corrispettivo derivante dalla vendita, come indicato nel parere integrativo dell’esperto in atti (pag. 3), sarà destinato:
In uno scenario alternativo alcun soddisfacimento sarebbe verosimilmente prevedibile per tali creditori, posto che verosimilmente tutto l’attivo sarebbe destinato al pagamento dei creditori finanziari, in quanto titolari di garanzie sulla componente immobiliare e muniti del beneficio della prededuzione sulla componente mobiliare, in forza di finanziamento prededucibile per 21 milioni di euro concesso da . su autorizzazione del Tribunale resa in una altra procedura (docc. 7 e 8 allegati all’integrazione del parere dell’esperto).
Per tale motivo, l’esperto non ha ritenuto necessario procedere ad una valutazione del riparto del prezzo unitariamente offerto per ciascuna società del gruppo riferendo che “il risultato dell’operazione oggetto di autorizzazione –stante il consenso espresso da è indifferente sia qualora si facesse ricorso alla vendita atomistica (…) sia a quella complessiva”.
Pertanto, come evidenziato dall’esperto in atti, gli unici creditori potenzialmente lesi nella propria garanzia patrimoniale sarebbero i creditori finanziari che non hanno manifestato alcun dissenso rispetto al compimento dell’operazione e che sono parti della composizione negoziata.
Tali dati sono sintetizzati nel parere integrativo dell’esperto come segue: “In sintesi, in forza del Piano oggetto di trattativa e che dovrà essere formalizzato nel previsto Accordo ex art. 23, comma 1 lett. c), CCII, dipendenti, Erario, fornitori e creditori chirografari in genere verranno integralmente pagati (fornitori e chirografari anche a saldo e stralcio, ma solo in forza di specifici ed autonomi accordi) con il ricavato delle cessioni dei rami d’azienda de quibus; mentre i creditori ipotecari (i.e. gli Istituti di Credito), verranno soddisfatti, in tutto e/o in parte (vedi clausola finale di infallibilità), esclusivamente mediante il ricavato della vendita ordinata del patrimonio immobiliare del Gruppo, secondo quanto appunto previsto dal Piano”.
La vantaggiosità della vendita per i creditori deriva altresì dal trasferimento delle posizioni dei dipendenti, con conseguente riduzione del fabbisogno finanziario del risanamento a vantaggio dei creditori stimato in atti in complessivi 5,1 milioni di euro di cui circa 2,4 milioni di euro per incentivi all’esodo, preavviso e ticket Naspi e circa 2,7 milioni di euro per il pagamento del TFR e dei ratei dei dipendenti.
Va precisato a tale riguardo che la vendita prevede il trasferimento di almeno 330 dipendenti, con piena salvaguardia del perimetro delle risorse umane, come messo in evidenza in udienza da alcune delle organizzazioni sindacali intervenute che si sono espresse molto positivamente in ordine alla operazione in esame.
La capacità finanziaria dell’offerente al pagamento del prezzo di vendita –destinato al soddisfacimento dei creditori sopra indicati- è confermata dalla presenza di un fatturato consolidato pari 600 milioni di euro, un EBITDA positivo di circa 66 milioni di euro, come rilevato in atti dall’advisor finanziario.
In particolare dall’esame del bilancio al 31.12.2021 emerge che la società offerente *** presenta:
a) un patrimonio netto positivo pari a € 25.981.931;
b) una differenza positiva tra valore e costi della produzione pari ad € 14.714.549;
c) un utile di esercizio pari ad € 10.007.232;
tutti indici che depongono univocamente per la sostenibilità finanziaria dell’operazione da parte della offerente a beneficio dei creditori.
Infine, va rilevato che la congruità del prezzo è confermata dal mancato riscontro del mercato nonostante la pubblicazione di un avviso di vendita su Il Sole 24Ore e la sollecitazione diretta dei principali competitors sul mercato di riferimento; pubblicità che come previsto nel parere dell’esperto e confermato nel corso dell’udienza è stata eseguita specularmente rispetto all’offerta ricevuta, anche mediante la ripubblicazione dell’avviso rispetto a quello originariamente pubblicato al fine di renderlo omogeneo rispetto alle esatte previsioni dell’offerta come definitivamente formulata. L’esperto ha dato atto nel parere della pubblicità eseguita in conformità alle indicazioni dallo stesso trasmesse alle ricorrenti.
Gli elementi da ultimo indicati depongono nel senso di ritenere integrato il requisito della “modalità competitiva” richiesta dalla legge (stante l’assenza di formalità come sopra indicato) e, in ogni caso, risulta osservato il più ampio principio di trasparenza, anche in forza del pieno coinvolgimento dei creditori e delle parti interessate.
Unitamente all’azienda, può essere autorizzata anche la vendita dell’immobile sito a in quanto, come emerge dall’offerta in atti, viene anche rilevato il punto vendita in esso esercitato così che essa può ricondursi nel perimetro dell’azienda (ancorché la cessione avvenga a favore di altra società del ); la ricomprensione dell’immobile nel perimetro aziendale è confermata dall’esperto nel parere integrativo.
In ogni caso, l’esperto nel proprio parere ha confermato che in relazione al detto immobile –anche a non considerarlo incluso nel perimetro aziendale- non vi sarebbero ragioni per iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese, nella ricorrenza del consenso dei creditori ipotecari, che, invero, nulla hanno obiettato in proposito.
Come emerso nel corso della udienza, la destinazione del corrispettivo della vendita a beneficio dei creditori sarà oggetto di specifica pattuizione nell’ambito dell’accordo ex art. 23 comma 1 lett. c) CCII; prevedendo tale definizione la partecipazione diretta dell’esperto, che è tenuto a sottoscriverlo, quest’ultimo dovrà assicurare che l’accordo contenga una specifica clausola con oggetto la chiara e analitica indicazione della destinazione delle somme costituenti il corrispettivo della vendita dell’azienda ai creditori come indicato nel parere dell’esperto, anche attraverso la previsione della costituzione di un conto dedicato.
Qualora l’incasso del prezzo di vendita dovesse intervenire prima della conclusione della composizione negoziata, lo stesso dovrà confluire su un conto bancario vincolato all’ “ordine dell’esperto” (fino al termine dell’incarico).
Conclusivamente può essere resa l’autorizzazione richiesta che rimane naturalmente subordinata alla definizione della soluzione della crisi ai sensi dell’art. 23 comma 1 CCII.
p.q.m.
visto l’art. 22 CCII,
autorizza ai fini degli effetti di legge, come in motivazione:
*** a cedere ai sensi dell’art. 2556 c.c. a *** la proprietà dei seguenti rami aziendali con esonero dalla responsabilità dei debiti ex art. 2560 c.c. (eccetto i debiti di cui all’art. 2112 c.c.)
***
***
***
*** a cedere ai sensi dell'art. 2556 c.c. a *** la proprietà del seguente ramo aziendale con esonero dalla responsabilità dei debiti ex art. 2560 c.c. (eccetto i debiti di cui all’art. 2112 c.c.)
***
*** a cedere ai sensi dell’art. 2556 c.c. a *** la proprietà del seguente ramo aziendale con esonero dalla responsabilità dei debiti ex art. 2560 c.c. (eccetto i debiti di cui all’art. 2112 c.c.)
*****
Al prezzo complessivo di Euro 10.000.000 (diecimilioni/00), di cui
Euro 8.925.897,00 a ***
Euro 1,0 a ***
Euro 1.074.102,00 a ***
*** a cedere ai sensi dell’art. 2556 c.c. a *** la proprietà del seguente ramo aziendale con esonero dalla responsabilità dei debiti ex art. 2560 c.c. (eccetto i debiti di cui all’art. 2112 c.c.) al prezzo di Euro 100.000,00 (centomila/00)
Cairo Montenotte
Nonché *** a vendere a *** (società del gruppo *** ) l’immobile sito in *** – sul quale insiste il ramo aziendale di cui al precedente alinea – al prezzo di Euro 1.000.000,00 (unmilione/00).
Manda la Cancelleria per le comunicazioni e per gli adempimenti di competenza.
Milano. 12 agosto 2023
Il Giudice
Vincenza Agnese